Un nuovo esposto è stato depositato la scorsa settimana presso la Procura di Teramo sulla questione della sicurezza del "sistema" Gran Sasso, dai laboratori alle captazioni passando per i tunnel. Si tratta dell'ennesima corposa segnalazione alle autorità inquirenti sulla vicenda, a partire da quella depositata nell'aprile 2017 che ha portato all'apertura di una prima inchiesta da parte della Procura di Teramo.
Questa volta, in 15 pagine sono state affrontate numerose tematiche sulla base della grande mole di documentazione - migliaia di pagine - visionata presso una decina di enti in un enorme lavoro di accesso agli atti.
Tra le "novità", viene segnalato come nei laboratori vi sia una faglia attiva addirittura passante, "di un sistema di faglie che in pochi millenni è stato responsabile di diversi terremoti di Magnitudo 7-7,5 e dislocazioni del terreno di diversi metri. Gli apparati e le strutture sono progettate tenendo però conto del solo scuotimento e non della dislocazione; non risulta neanche svolta la microzonazione sismica di terzo livello con apposizione di fasce di rispetto", sottolinea il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua.
Non solo. Per diversi esperimenti, "non risultano titoli edilizi, permessi dell'ente parco e valutazioni di incidenza ambientali, obbligatorie per legge".
E ancora, nei Laboratori si vorrebbe realizzare un bunker con pareti di cemento armato di 80 cm che serve per schermare le radiazioni del nuovo acceleratore di particelle Luna MV: "È una macchina radiogena la cui installazione cozza con l'attuale normativa in materia di acque potabili, come evidenziato anche da una nota dell'Istituto Superiore di Sanità del 2013", l'affondo del foro H20.
Oltre a queste novità, nell'esposto sono entrate alcune questioni emerse e divulgate dalla Mobilitazione negli ultimi mesi che non erano state trattate nei precedenti esposti.
In particolare su:
- irregolarità dello stoccaggio e mancato allontanamento di sostanze pericolose: si tratta di 1.000 tonnellate di acqua ragia per l'esperimento LVD e 1.292 tonnellate di trimetilbenzene di Borexino, il cui divieto di stoccaggio e obbligo di allontanamento sono previsti dalle norme a partire dal D.P.R.236/1988, del D.lgs.152/1999 e del D.lgs.152/2006;
- gravissime omissioni ed inadempienze sulla Direttiva Seveso per la prevenzione e gestione degli incidenti rilevanti: per quanto riguarda Rapporto di Sicurezza, mai approvato in 12 anni tra il 2006 e il gennaio 2018, Piano di Emergenza Esterno, approvato come provvisorio nel 2008 e scaduto nel 2011, e Piano di Emergenza Interno, trovato scaduto in un'ispezione di fine 2017;
- mancata perimetrazione delle aree di salvaguardia da parte della Regione Abruzzo nonostante gli obblighi di legge derivanti dal D.lgs.152/2006 e mancata approvazione dello studio ormai disponibile da ottobre 2017 che allarga di molto le fasce di incompatibilità, anche sulla base dello "studio Marrone" che nel 2003 con la fluoresceina dimostrò il collegamento tra eventuali sversamenti nei laboratori e rischi di contaminazione degli acquedotti di Teramo, L'Aquila e addirittura delle sorgenti in versante;
- mancata chiusura della captazione: la ASL di Teramo aveva disposto la temporanea chiusura della captazione nei laboratori ad aprile 2017; sarebbe stata invece attuata solo a dicembre 2017;
- incidenti avvenuti negli anni nei Laboratori, compreso l'incendio dell'1 giugno 2016 addirittura non segnalato ai Vigili del Fuoco.
La Mobilitazione per l'Acqua del Gran Sasso ha organizzato per sabato 23 giugno alle ore 10:30 davanti agli uffici della Regione Abruzzo in viale Bovio un sit-in di protesta "per chiedere l'immediata approvazione della perimetrazione delle aree di salvaguardia per l'acqua potabile e l'allontanamento delle sostanze pericolose dall'acquifero del Gran Sasso".
Intanto, venerdì 22 giugno, alle 18, presso al sala consiliare della Provincia di Teramo, l’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso ha invitato tutti i parlamentari eletti in Abruzzo il 4 marzo scorso a partecipare ad un confronto pubblico sulla situazione dell’acquifero del Gran Sasso. “La politica nazionale, attraverso i deputati e i senatori eletti in Abruzzo, è stata una delle grandi assenti della vicenda dopo l’incidente dell’8/9 maggio 2017. I parlamentari eletti nella passata legislatura non hanno assunto nessun reale ruolo sulla vicenda e sono mancate anche le più semplici iniziative, se si esclude una interrogazione parlamentare presentata dall’allora deputato Sottanelli". Con il rinnovo pressoché totale della compagine parlamentare eletta in Abruzzo, l’Osservatorio auspica una maggiore attenzione che possa tradursi in un confronto aperto sui territori e in una puntuale attività nel Parlamento e nel Governo.
Con l’attuale suddivisione dei collegi per la Camera e ancora di più per il Senato, "tutti i parlamentari eletti in Abruzzo hanno nel loro collegio almeno una parte di territorio che attinge acqua dall’acquifero del Gran Sasso. Vedremo se e quali dei nuovi parlamentari vorrà accettare il nostro invito a confrontarsi”.
Il tema della tutela dell’acquifero e di conseguenza il tema della difesa dell’ambiente e della salute umana dovrebbero interessare tutti, indipendente dagli schieramenti politici: "Speriamo vivamente che i rappresentanti dell’Abruzzo in Parlamento vogliano cogliere questa occasione di confronto. Nel frattempo, registriamo la scadenza dell’ultimatum dato dal vicepresidente della Giunta regionale Giovanni Lolli all’INFN e alla Strada dei Parchi SpA per presentare un progetto di messa in sicurezza dell’acquifero, come richiesto dal febbraio 2018, in vista della riunione del 25 giugno prossimo della Commissione tecnica per la gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso”.
A quanto si è appreso, in realtà i Laboratori avrebbe già fatto pervenire la loro relazione per la messa in sicurezza: in giornata, è atteso anche lo studio commissionato da Strada dei Parchi.