Razzisti si nasce o si diventa?
Diversi studi di varie discipline hanno dimostrato che sentimenti come odio, paura e diffidenza per chi è diverso e straniero non li abbiamo dentro da sempre ma maturano in noi nel corso della vita.
A questo punto, allora, la vera domanda diventa: come si diventa razzisti?
Hannah Arendt, nella Banalità del male, che uscì nel 1963, scrisse che i criminali nazisti non erano persone particolarmente malvagie o perverse, ma banali cittadini che obbedivano inconsapevolmente all'autorità costituita.
In quegli stessi anni uscì un libro di uno psicologo statunitense, Stanley Milgram, intitolato Obbedienza all'autorità, nel quale lo studioso riportò i risultati di alcuni esperimenti che aveva effettuato su vari volontari. Milgram si accorse e dimostrò che erano quasi tutti disposti a infliggere sofferenze anche gravi a persone sconosciute, purché qualcuno dicesse loro di farlo.
Nel 1971 Philip Zimbardo ottenne risultati analoghi, raccontati nel libro L'effetto Lucifero: cattivi si diventa? Questa volta, bastava dividere i soggetti in "guardie" e "detenuti", per far sì che si comportassero effettivamente secondo i loro ruoli.
Tutti questi lavori, usciti nell’ambito della psicologia e delle scienze sociali, ci dicono in sostanza che nazisti e razzisti possiamo diventare tutti, comportandoci in maniera conformista rispetto a un potere totalitario.
Ora, però, a spiegarci che ci vuole poco a trasformarsi in persone intolleranti e inumane c’è anche a matematica.
Lucio Biggiero (foto sotto) è professore di organizzazione aziendale all’Università dell’Aquila. Esperto di modelli computazionali, in un’intervista pubblicata dal quotidiano La Repubblica il 1° agosto, ha spiegato come ci siano solidi studi matematici nel campo della simulazione sociale e modelli sulla segregazione razziale che dimostrano come “per generare una società segregazionista non è necessario essere né intenzionalmente né totalmente razzisti” ma basta anche un’intolleranza a bassa intensità.
“La scienza della simulazione sociale” afferma Biggiero nell’intervista “ha studiato a fondo il problema delle segregazione residenziale, che è l’emblema e il fulcro di quella razziale. I modelli di segregazione residenziale cercano soluzioni numeriche e per prevedere l’evoluzione di un fenomeno tentano di ‘riprodurlo’ nel mondo virtuale attraverso modelli comuptazionali. Thomas Schelling, economista americano Premio Nobel 2005, cercò le condizioni che generano la segregazione razziale da una situazione di non-segregazione, per capire se e in che modo si verificano esiti non desiderati da comportamenti non intenzionali, esattamente come avviene per la segregazione da ‘razzismo a basse dosi’. Studi successivi, più complessi, hanno dato risultati in linea con quelli di Schelling nell’indicare che la segregazione si genera anche con bassi livelli di intolleranza e che il rafforzamento di sentimenti identitari conduce a un inasprimento della dinamica segregazionista. Ciò non sorprende ma è notevole poterlo dimostrare come un teorema matematico. Non si può più dire che è una questione di opinioni. Non più di quanto lo si possa dire del teorema di Pitagora”.
“In tutti i dibattiti” continua Biggiero “si presenta il problema del razzismo in una luce sbagliata, dicotomica: per niente razzista, cioè zero per cento o totalmente razzista, cioè 100%. In questo modo quelli che chiamerei ‘proto-razzisti’, cioè coloro che lo sono solo un po’, hanno buon gioco a negare che ci si trovi di fronte a un pericolo di razzismo. Troppo pochi sono coloro che si dichiarerebbero come tali. La questione non va posta come un’alternativa secca ma va rovesciata: dobbiamo chiederci se siamo sufficientemente tolleranti e anti-razzisti per evitare che si arrivi a una società segregazionista”.
Secondo Biggiero, dinanzi alle crescenti manifestazioni, anche violente, di razzismo di questi giorni “bisogna tenere molto alta la guardia, perché le dimostrazioni dei modelli di simulazione purtroppo sono state anticipate e confermate dalla storia del secolo scorso. La possibilità di generare una società totalmente razzista a partire da comportamenti individuali debolmente razzisti ricorda molto i meccanismi che hanno portato all’organizzazione dello sterminio di massa degli ebrei e degli altri gruppi sociali ad essi equiparati. Tanta letteratura scientifica li ha analizzati in profondità ed è sempre emerso che, in fondo, i fanatici, razzisti al 100%, erano relativamente pochi. La stragrande maggioranza assentiva a si assoggettava alle regole”.
“La mia impressione” conclude Biggiero “è che in Italia si stia creando un clima favorevole al razzismo. Forse si tratta solo di segnali deboli ma ricordiamoci che i sistemi sociali sono complessi, seguono andamenti non lineari, caratterizzati da cambiamenti bruschi di direzione che avvegono dopo periodi, anche lunghi, di piccolissimi cambiamenti. Appunto, i segnali deboli. Il problema è che quando i segnali diventano forti in genere è troppo tardi per bloccare o invertire quella dinamica”.