Giovedì, 04 Ottobre 2018 12:22

Biondi, la fuga in avanti è finita in un vicolo cieco: ora, c'è da rimettere insieme i pezzi

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E dunque, con un post pubblicato su Facebook alle 5:30 del mattino, Pierluigi Biondi ha annunciato che non si dimetterà dalla carica di primo cittadino: "ringrazio ma vado avanti" ha spiegato. Un post apparso all'alba per provare a 'bruciare' l'intervista che Giorgia Meloni, qualche ora prima, aveva rilasciato al Messaggero e pubblicata sul quotidiano in edicola stamane, con l'annuncio che per il sindaco del capoluogo non c'erano possibilità di una candidatura a presidente: "L'Aquila ha bisogno di lui", le parole di circostanza della leader di Fratelli d'Italia. 

In realtà, stando a fonti ben informate, Meloni non avrebbe preso affatto bene la 'fuga in avanti' di Biondi che, nei giorni scorsi, aveva ribadito che se fosse arrivata una chiamata dal partito avrebbe risposto "obbedisco"; tant'è vero che, sebbene abbia dichiarato che nell'incontro di Roma di martedì scorso "si è fatto il punto sui tanti straordinari risultati raggiunti in questo primo di governo dell'Aquila", l'ex ministro avrebbe, in realtà, liquidato Biondi in pochi minuti, lasciandolo a colloquio con Fabio Rampelli e Marco Marsilio

D'altra parte, scegliere il sindaco dell'Aquila sarebbe stato un mezzo suicidio politico: da una parte, si sarebbero incrinati gli equilibri in seno al partito regionale, con i coordinatori Giandonato Morra ed Etel Sigismondi che si erano messi di traverso ad una possibile candidatura di Biondi; dall'altra, Fratelli d'Italia avrebbe dovuto rinunciare al capoluogo, proprio ora che il movimento, pur debolissimo nei sondaggi, rischia di assumere una straordinaria rilevanza in Abruzzo, dovesse prendersi anche la Regione. 

Ecco il motivo per cui si sarebbe tentata un'ultima forzatura: Biondi avrebbe cercato una quadra col centrodestra cittadino, provando a strappare l'accordo su una candidatura a sindaco espressione di Fratelli d'Italia, si fosse tornati al voto per le amministrative; così si spiegherebbe la presenza all'incontro romano di Guido Quintino Liris - smentita dal vice sindaco informalmente, mai pubblicamente - che avrebbe dovuto fare da 'garante' all'operazione, col profilo di Carla Mannetti già sul tavolo per una possibile successione. Che poi, c'è anche chi maligna che, in realtà, Liris volesse tenere una porta aperta per una sua candidatura a sindaco, considerata la difficile volata per conquistarsi uno scranno all'Emiciclo.

Sta di fatto che il viaggio a Roma non è servito a nulla. Dalla segreteria nazionale di FdI è arrivato un secco no, giustificato, anche, dai mugugni a livello regionale, con Forza Italia (pubblicamente) e la Lega (nelle segrete stanze) che non avevano mancato di manifestare i loro mal di pancia per una scelta nient'affatto condivisa, nel metodo e nel merito. 

La verità è che Pierluigi Biondi ha provato a forzare la mano, a strappare l'investitura fino all'ultimo, tentando l'all in come fosse al tavolo verde: se 15 mesi fa, all'epoca della campagna elettorale per le amministrative, il colpo era riuscito, stavolta il bluff è stato svelato, assi in mano non ne aveva, ed ora il sindaco dell'Aquila si è ficcato in un vicolo cieco, in una posizione di assoluta debolezza politica, con una maggioranza già in subbuglio da mesi che esce scossa dagli ultimi accadimenti,  l'incombere del pronunciamento del Consiglio di Stato sull'anatra zoppa e il manifestarsi quotidiano di problemi da affrontare e dimenticati in un cassetto in questo primo scorcio di legislatura. Aggiungete che importanti esponenti della Giunta e del Consiglio comunale saranno impegnati, loro sì, a garantirsi un seggio all'Emiciclo, e capirete che i prossimi mesi saranno davvero tempestosi.

Dunque, il post pubblicato all'alba di stamane, in un contesto del genere, pare proprio il tentativo di raddrizzare una nave che oramai prende acqua; un messaggio che, come d'abitudine, prova a toccare corde profonde con abbondante utilizzo della retorica - "io che la poltrona più bella del mondo ce l'ho già e che non ho chiesto manco il telefono di servizio o un centesimo di rimborso spese", e ancora "il numero di cellulare che è lo stesso dal 1997, perché non ho avuto bisogno di cambiarlo", per finire spiegando che "l'avrei fatto per l'unico motivo che mi spinge a fare politica: l'amore per la mia terra" - una stoccata forte, identitaria - "io sono pronto, noi siamo pronti" - ed una spruzzata di veleno agli avversarsi, a chi "meschinamente ha tirato fuori questioni di poltrone e soldi"

Comprensibile, sia chiaro, sebbene non sia affatto accettabile, invece, il richiamo "alle manifestazioni per il decennale del terremoto": almeno il ricordo e il dolore dovrebbero essere lasciati fuori dalle vicende politiche. 

Ma il bluff è svelato, stavolta, manifesto: lasciare L'Aquila in un momento così delicato, in una fase cruciale per la città, avrebbe significato consegnare ad un lungo commissariamento scelte che i cittadini elettori avevano affidato al sindaco eletto non più tardi di un anno fa; un commissariamento che, soltanto qualche mese fa, il centrodestra evocava come il 'male assoluto', attaccando le "irresponsabili" opposizioni che si erano rivolte al Tar per chiedere il riconteggio dei voti in 11 seggi sperando, così, in un ribaltone in Consiglio comunale. Piuttosto, il sindaco dell'Aquila avrebbe dovuto mettersi 'pancia a terra' - da primo cittadino e dirigente del partito che avrà l'onere di scegliere il candidato presidente di una coalizione, quella di centrodesta, data in netto vantaggio dai sondaggi - affinché la scelta cadesse su una personalità capace di portare con sé le istanze delle aree interne e del capoluogo di Regione, così da costruire un asse tra Comune e Regione che avrebbe potuto davvero riequilibrare i rapporti di forza con la costa adriatica. Fare squadra, ciò che altrove riesce così bene e che a L'Aquila, invece, pare proprio impossibile.

E' andata diversamente, ed ora il sindaco si ritrova ancor più isolato, e con lui la città.

Ci sono da rimettere insieme i pezzi, a questo punto, e va fatto in fretta. Scrivevamo il 22 settembre, giorno in cui Biondi confidò, ai nostri microfoni, che se fosse arrivata una chiamata avrebbe risposto presente: "a quasi dieci anni dal terremoto, L'Aquila è ancora in emergenza: sono tante le criticità da risolvere - dalla sicurezza delle scuole al destino del progetto Case, dalla sfilacciamento del tessuto economico al rilancio del centro storico - con la ricostruzione pubblica al palo e la ricostruzione privata che sta subendo una preoccupante battuta d'arresto; fino ad ora, il Governo così detto del 'cambiamento' si è mostrato poco attento alle esigenze della città: non è stato ancora nominato un commissario, non è stato indicato un sottosegretario con delega specifica, a maggio ha lasciato il titolare dell'Usrc e non è stato ancora scelto il successore, a giorni va in scadenza pure il titolare dell'Usra così come la Struttura tecnica di missione, e non è chiaro se verrà rinnovata oppure no, la vicenda della richiesta restituzione delle tasse non è stata affatto risolta e, come non bastasse, già si può dire che, in gennaio, gli uffici della ricostruzione subiranno un pesante ridimensionamento, considerato che non è stato ancora avviato l'iter per il rinnovo del contratto dei precari. La città avrebbe bisogno di una amministrazione forte, di una Giunta impegnata in prima linea: ed invece, l'assessore all'Urbanistica è stato eletto deputato e, da allora, lavora a mezzo servizio, alcuni assessori - e tra loro il vicesindaco - sono da tempo in campagna elettorale per le regionali, e si evince anche dagli atti assunti in queste settimane, altri sperano in una candidatura dell'ultimo minuto e così alcuni consiglieri, con screzi sempre più evidenti in seno alla maggioranza ed un'attività amministrativa che risente, pesantemente, delle tensioni. Pensare che anche il sindaco sia finito nel bailamme elettorale non lascia affatto tranquilli e, ci venga consentito, è una mancanza di rispetto verso la città. Dunque, si faccia in fretta: è chiaro che la maggioranza è in difficoltà, le spaccature sono all'ordine del giorno, incombe il pronunciamento sull'anatra zoppa ai primi di dicembre e una candidatura in Regione, per tanti motivi, è comprensibile possa 'stuzzicare' le velleità dei principali esponenti del centrodestra cittadino. Ma la città ha bisogno di essere governata, ora più che mai".

Inutile ripetersi, valeva quindici giorni fa e vale ancora, oggi più che allora. 

Ultima modifica il Giovedì, 04 Ottobre 2018 17:12

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