Oggi in più di cento città italiane il movimento femminista Non Una di Meno e i Centri Antiviolenza della rete D.i.Re. (Donne in rete contro la violenza) scendono in piazza per dire no al disegno di legge 753, meglio noto con il nome di ddl Pillon, presentato lo scorso 18 agosto da Simone Pillon, senatore leghista, fondatore del gruppo parlamentare Vita Famiglia e Libertà e tra i promotori del Family Day.
Il disegno di legge, attualmente all'esame della commissione giustizia del senato, intende introdurre modifiche in materia diritto di famiglia, e, in particolare, riformare le leggi su separazione, divorzio e affido condiviso dei minori. A contestare il progetto, oltre alle organizzazioni femministe e ai centri antiviolenza che hanno definito il ddl una "proposta intrisa di violenza", anche psicologi, avvocati e operatori che si occupano di famiglia e minori.
Anche l'Onu si è dichiarato contrario al disegno di legge. Lo scorso 22 ottobre le relatrici speciali delle Nazioni Unite, Dubravka Šimonović e Ivana Radačić, hanno inviato una lettera al governo per esprimere "profonda preoccupazione" sulla proposta di legge che "potrebbe comportare una grave regressione che alimenterebbe la disuguaglianza di genere".
Anche il Centro Antiviolenza dell'Aquila Donatella Tellini, legato alla rete D.i.Re. , ha aderito all'iniziativa di protesta.
"Questa disegno di legge esprime la volontà di esercitare un pervicace controllo dentro le relazioni familiari e genitoriali. Se questa proposta diventerà legge, rischiamo di tornare indietro di quaranta anni, quando, prima della riforma del diritto di famiglia del 1975, i minori erano considerati esclusivamente oggetto nelle mani dei genitori", ha commentato la presidente Simona Giannangeli che oggi ha tenuto una conferenza stampa nella sede del Centro Antiviolenza dell'Aquila Donatella Tellini.
Per l'avvocata Giannageli, sono cinque i punti principali del controverso disegno di legge.
In primo luogo, la proposta di legge prevede la mediazione familiare obbligatoria in tutti i processi di separazione e divorzio di coppie con figli minori. Anche le donne vittime di violenza domestica saranno obbligate a seguire un percorso di mediazione familiare prima che il caso arrivi in Tribunale.
"La mediazione è uno strumento efficace solo quando viene lasciato alla libera autodeterminazione dell'uomo e della donna -ha spiegato Giannangeli- Rendendola obbligatoria non si tiene conto di tutti quei processi di separazione e divorzio conseguenti ad episodi di violenza maschile nei confronti della donna". Questo, ha sottolineato Giannangeli, viola l'articolo 48 della Convenzione di Istanbul, sottoscritta dall'Italia, che impedisce di ricorre alla mediazione familiare nei casi in cui la separazione tragga origine da casi di violenza.
E' previsto, inoltre, che le sedute siano tutte a pagamento, con il conseguente aumento delle spese per chi intenda divorziare o separarsi. " La mediazione obbligatoria e a pagamento rappresenta per la donna, in particolare per chi subisce violenza dal proprio partner, un motivo in più per rinunciare al divorzio".
Altro aspetto è quello relativo alle modifiche in tema di affido condiviso. Per l'avvocata le previsioni in materia costringeranno "i figli minori a vivere una vita parallela e a non essere considerati più soggetti ma oggetti di diritto". Il ddl prevede infatti che i minori trascorrano con ognuno dei genitori tempi paritari, con la conseguente doppia dimiciliazione o doppia residenza. A ciò si aggiunge un'altra modifica in tema di affido "estremamente dannosa per il minore": la previsione del piano genitoriale che impedisce al figlio di decidere come e con quale genitore trascorrere il tempo. "Si tratta dell'obbligo, per i genitori, di stilare un vero e proprio piano formativo per evitare il sorgere di problemi nela gestione ordinaria dei propri figli e prevedere la gestione di casi straordinari".
Conseguenza del tempo paritetico che i figli sono obbligati a trascorrere con i propri genitori, è l'eliminazione dell'assegno di mantenimento con l'obbligo, per ciascun genitore, di provvedere al sostentamento dei minori. "Ciò danneggia non solo i figli, ma soprattutto le donne che in questo paese hanno una debolezza economica evidente derivante dalla mancanza di un posto di lavoro o da un salario inferiore rispetto a quello del padre - ha precisato Giannangeli- Il rischio è che si decida, in ultimo, per un affido esclusivo a favore del genitore più abbiente in grado di dare maggiori garanzie".
Gli articoli 17 e 18 del disegno di legge "Pillon" prevedono, infine, che se un bambino rifiuta di vedere un genitore l'altro può essere accusato di aver manipolato il minore. E' questo uno dei punti che mettono più a rischio la tutela della donne e del minore nei casi di violenza domestica. per alineare il figlio al padre. Si tratta di rendere obbligatorio il ricorso al concetto di "alienazione parentale" che già trova applicazione nei tribunali italiani. Durante le cause di separazione conflittuale e di affidamento dei figli, questo principio viene preso in considerazione come una vera e propria "sindrome", nonostante la mancanza di prove scientifiche a supporto.
Come già denunciato dall'Associazione nazionale D.i.Re., nelle situazioni di maltrattamento l’alienazione genitoriale viene spesso utilizzata in maniera strumentale "dai padri maltrattanti per screditare le donne che in sede di separazione richiedono protezione a favore dei figli che si rifiutano di incontrare il padre perché traumatizzati dai suoi comportamenti violenti. In sostanza si finisce spesso per non riconoscere il trauma dei bambini e delle bambine e per colpevolizzare invece la madre (già vittima di violenza) ritenendola responsabile di comportamenti che vengono definiti come atti di alienazione parentale".
"Ancora una volta il figlio che ha assitito ad aggressioni del padre nei confronti della madre non è considerato portatore di un disagio reale perchè ha subìto violenza assistita -ha commentato Giannangeli- ma un oggetto manovrato dalla madre. Il rischio reale è che da un lato nessun minore si esprimerà più nei casi di violenza domestica, dall'altro la madre, per tutelarsi, costrigerà il figlio al silenzio".
Per l'avvocata, il senatore Pillon non ha fatto altro che "portare alle estreme conseguenze delle storture già esistenti. Questo disegno di legge crea una cornice organica e rafforza il controllo pubblico sui rapporti familiari, una materia più delicata e strettamente privata rispetto alla quale lo Stato dovrebbe assumere un ruolo di regolatore minimale".
"Questa proposta -ha concluso Giannageli- rappresenta un freno pericolossissimo per tutte quelle donne sul punto di chiudere una relazione con un uomo violento. L'auspicio di questa giornata di protesta è che si possa impedire che diventi legge".
Manifestazionale nazionale contro la violenza maschile sulle donne
La Casa delle Donne dell'Aquila aderisce alla manifestazione manifestazione nazionale contro la violenza di genere e le politiche patriarcali e razziste del governo in programma il 24 novembre 2018 a Roma (Partenza ore 14 Piazza della Repubblica).
"Come ogni anno siamo costrette ad aderire a questa iniziativa -ha affermato Giannangeli- vista la guerra che il governo sta muovendo sui nostri corpi. Ma non dobbiamo scordarci che il problema della violenza maschile contro le donne è sistematico che non si può contrastare a colpi di disegni di legge".
La Casa delle Donne mette a disposizione un pullman che partirà dal Piazzale della Meridiana dell'Aquila sabato 24 novembre alle ore 11. Le prenotazioni si chiuderanno il prossimo 22 novembre. E' possibile effettuare la prenotazione (costo 20 euro) il lunedì dalle 17.30 alle 19.30 presso la Biblioteca Donatella Tellini; il martedì dalle 18.30 alle 20, e il venerd'ì dalle 17 alle 18 presso la sede del Centro Antiviolenza dell'Aquila Donatella Tellini (Via Angelo Colagrande, 2A/B).