"Solo il 22,3% degli abruzzesi ritiene la mafia un fenomeno preoccupante e socialmente pericoloso. Tra le attività principali della mafia in Abruzzo vi è innanzitutto il traffico di stupefacenti(62,7%) e poi, a seguire, appalti truccati(38,8%) e il controllo del lavoro irregolare (31,3%)".
E' uno dei passaggi dell'indagine sulla percezione delle mafie in Abruzzo condotta da Libera, la rete di associazioni fondata da don Luigi Ciotti.
Il report è già stato presentato all'Aquila, Chieti e Pescara e domani sarà illustrato anche a Lanciano.
Ecco una breve sintesi.
Una regione dove la politica viene vista come di una sfera "altra" rispetto al proprio vissuto quotidiano, un tema sul quale ci si informa ma senza partecipazione diretta. Si riduce anche la tendenza all'associazionismo: infatti un rispondente su due non aderisce ad alcuna associazione, mentre la maggior parte di chi si attiva su questo fronte dedica il suo tempo soltanto a una realtà associativa.
Una regione dove la mafia viene percepita come fenomeno marginale o preoccupante ma non pericoloso. Una regione dove la corruzione è abbastanza diffusa nella percezione e nelle esperienze dei cittadini. Con una sfiducia soprattutto nei confronti di membri del governo e del Parlamento e e dei partiti. E dove chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze o ritengono la corruzione un fatto normale.
La fotografia sulla percezione e presenza delle mafie e della corruzione in Abruzzo è stata scattata da Libera nel rapporto LiberaIdee, una ricerca sociale quantitativa e qualitativa su 202 questionari.
L'autocollocazione politica dei rispondenti in Abruzzo mostra una prevalenza di coloro che non si riconoscono nello schema destra-sinistra (51,5%) e di coloro che dichiarano di appartenere al centro-sinistra (36,2%).
Emerge con forza una concezione della politica come di una sfera "altra" rispetto al proprio vissuto quotidiano, un tema sul quale ci si informa ma senza partecipazione diretta: soltanto il 10,9% dei rispondenti si ritiene politicamente impegnato, mentre ben il 63,4% dice di tenersi informato ma senza partecipare. Il 16,3% dichiarano che la politica non gli interessa o che genera disgusto.
Un rispondenti su due non aderisce ad alcuna associazione, mentre la maggior parte degli associati dedica il suo tempo a uno specifico gruppo. Tra questi, prevalgono quelli culturali (36,8,0%). di volontariato sociale (29,5%) e di rappresentanza studentesca (20%).La maggior parte dei rispondenti (64,4,%) dichiara di partecipare episodicamente ad attività di varia natura su mafia e antimafia, solo il 12,9 % partecipa con continuità.
In Abruzzo la mafia è percepita come fenomeno marginale. Per oltre quattro rispondenti abruzzesi su dieci la presenza della mafia nella propria zona è un fenomeno marginale.
Solo il 22,3% ritiene la mafia un fenomeno preoccupante e la sua presenza è socialmente pericolosa. Secondo i rispondenti, tra le attività principali della mafia in Abruzzo vi sono innanzitutto il traffico di stupefacenti(62,7%) e poi, a seguire, appalti truccati(38,8%) e il controllo del lavoro irregolare (31,3%). Altre attività indicate come tipiche delle mafie sul territorio sono la corruzione dipendenti pubblici(26,9%) e lo sfruttamento della prostituzione(17,9%) e lo smaltimento illecito di rifiuti(16,4%).
Tra i fattori sociali considerati rilevanti per l'adesione a gruppi mafiosi, spicca in Abruzzo, l'assenza di istituzioni e di una cultura diffusa della legalità (38,6%). In seconda battuta, sono indicate le difficoltà economiche e in ambito lavorativo(27,7%) e il ruolo della famiglia e del contesto di riferimento (26,7%). La percezione della diffusione della corruzione in Abruzzo risulta abbastanza diffusa per il 60,9% del campione mentre il 15,3% la ritiene molto diffusa.
Circa un rispondente abruzzese su tre dichiara di conoscere personalmente o di aver conosciuto in passato qualcuno coinvolto in pratiche corruttive (aver ricevuto o aver offerto tangenti e/o favori indebiti). Ma un marcato smarrimento (o una comprensibile preoccupazione) nel valutare la propria capacità di identificare la natura illecita o irregolare delle altrui richieste affiora anche dalla percentuale non bassa – pari al 17,8 %– di intervistati che "non sanno" se hanno ricevuto o meno simili richieste.
E' la sfera politica il principale bersaglio selettivo della sfiducia: il coinvolgimento nella corruzione viene considerato significativo nei confronti di membri del governo e del Parlamento (57,4%) e dei partiti(49,5%). A seguire quindi i funzionari pubblici che assegnano appalti (39,6%) e poi gli imprenditori(26,2%). Infine, si segnala che in Abruzzo è più elevata del dato nazionale la quota di coloro che indicano tra le figure coinvolte in pratiche corruttive alcuni esponenti del clero (17,8%).
In Abruzzo i motivi principali per cui gli episodi di corruzione non vengono denunciati per timore e sfiducia nelle istituzioni. In particolare: chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze – il 75,7 % delle risposte. In seconda battuta paura che l'intero sistema sia corrotto, compresi funzionari che dovrebbero raccogliere la segnalazione(39,6%).Preoccupa che il 23,3% degli intervistati in Abruzzo afferma che non presentano denuncia di fronte a fenomeni corruttivi perchè ritengono la corruzione un fatto normale.
Colpisce che le azioni ritenute più efficaci da intraprendere per combattere la corruzione si risolvano in atti individuali: denunciare (56,9%). Il dato che vede solo un 17% dichiarare che per contrastare la corruzione sia utile votare i politici onesti è un segnale di sfiducia verso le istituzioni molto preoccupante. Quasi un intervistato su due ritiene che in Abruzzo vi sia la presenza di organizzazioni criminali di origine straniera con caratteristiche similari alle mafie tradizionali italiane.
Consistente è anche la percentuale di coloro che non sono in grado di prendere posizione sul tema (oltre quattro su dieci). La quota di incerti cresce leggermente a fronte di una domanda più precisa circa il tipo di criminalità straniera presente nella regione: oltre la metà del campione – afferma infatti di non essere in grado di identificare esattamente l'origine dei gruppi mafiosi stranieri più diffusi nel territorio regionale. Tra coloro che rispondono in modo puntuale alla domanda, invece, prevale l'indicazione della mafia albanese (17,3%) e a seguire quella balcanica (12,2%).In relazione al rapporto tra migrazioni irregolari e mafie, per la metà dei rispondenti un ruolo prevalente è svolto dai gruppi mafiosi tradizionali italiani, mentre per un intervistato su quattro vi è un coinvolgimento maggiore delle mafie straniere
Due rispondenti su tre in Abruzzo sanno che i beni che sono stati confiscati vengono poi dati in uso per fini istituzionali o sociali. Ciò nonostante, la conoscenza dell'esistenza di uno o più beni confiscati in Abruzzo è poco diffusa: meno della metà dei rispondenti ha informazioni al riguardo, un dato decisamente inferiore alla media nazionale. Nella grande maggioranza dei casi – circa otto su dieci – i beni confiscati sono percepiti come una risorsa per il territorio, capace di portare benefici all'intera comunità locale.
Per quel che concerne le opinioni relative a quale debba essere l'utilizzo dei beni confiscati, secondo i rispondenti, dovrebbero essere destinati in misura prioritaria a cooperative orientate all'inserimento lavorativo dei giovani(34,2%) e in seconda battuta, alla realizzazione di luoghi pubblici di aggregazione e di educazione alla cittadinanza(25,7%).