Si sentono soli e dimenticati i commercianti del centro storico dell’Aquila.
Costretti a fronteggiare, ogni giorno, ogni sorta di problemi e disagi – dalla presenza ingombrante dei cantieri alla cronica mancanza di parcheggi, per non parlare dello scarso afflusso di clienti – chiedono a un’amministrazione comunale schizofrenica, che un giorno dice di voler riportare vita in centro e il giorno dopo approva delibere di giunta che autorizzano la costruzione di nuovi centri commerciali in periferia, di fare chiarezza sulle proprie intenzioni.
Riceviamo e pubblichiamo, a tal proposito, lo sfogo di una commerciante che ha riaperto la propria attività in centro da un paio d’anni.
Tutto è iniziato il 1° luglio 2017.
Quel dì ho preso in affitto un locale, ero la seconda persona della via ad essersi fatta coraggio, e già per trovare un affitto ragionevole avevo girato in lungo e in largo.
Alcuni proprietari avevano chiesto fino a 1300 euro per un locale di 24 metri quadri e al mio tentativo di contrattazione avevano risposto: “Ne ho tanti di locali, piuttosto che scendere di prezzo preferisco non affittarlo proprio”.
La maggior parte degli altri proprietari offriva “agevolazioni”, come affitti più bassi il primo anno e poi a crescere dal secondo anno in poi. Il che significa che non appena la tua attività inizia a ingranare, ciò che guadagni in più devi versarlo al padrone di casa. Davvero un bell’aiuto.
Una volta trovato il locale, è stata la volta della Gran Sasso Acqua: per una bega con il Comune e la Soprintendenza su competenze e tombini, ci sono voluti 6 mesi di azioni collettive e proteste per ottenere un allaccio provvisorio, con minaccia di distacco in caso il contenzioso fosse rimasto irrisolto.
Una volta entrati nel locale, c’è stato il problema dei permessi auto: altro scontro sulle competenze, questa volta tra Comune e vigili urbani, una piccola guerra fredda che ha portato esercenti e residenti a pagarne le conseguenze tra multe e permessi di transito revocati.
Nel frattempo, le magagne sulla ricostruzione sono uscite fuori, e così c’è chi ha dovuto intonacare nuovamente perché il muro veniva via a pezzi, chi ha rinunciato dopo mesi a combattere infiltrazioni e muffa, chi lamentava allacci non completati, porte difettose, scarichi non funzionanti, vernici scadenti, e così via.
Mettere un’insegna è stato un altro parto gemellare: al Suap ti davano un’informazione sbagliata dietro l’altra, ancora una volta c’erano attriti tra vigili e Soprintendenza, e chissà che altro.
E tutto sommato a me è andata bene: adesso sembra che per poterne mettere una sia necessario fare le stesse pratiche che si fanno per costruire un nuovo edificio. Per una piccola, stupidissima insegna.
In questo bel clima, non potevano mancare le ditte che si stanno occupando della ricostruzione, completamente abbandonate a se stesse e all’autorganizzazione.
Ed ecco dunque che la sensazione è quella dell’Aquila come Hogwarts, dove “alle strade piace cambiare”: un giorno puoi passare dal Corso, un altro il Corso è chiuso e puoi passare dalla Fontana Luminosa, ma alla Fontana c’è il camion che scarica e blocca l’accesso, sulla via secondaria una gru impedisce il passaggio, e nel vicolo l’operaio noncurante ha parcheggiato il camion ed è andato a pranzo.
Zero controlli, zero coordinamento, zero organizzazione, e ti chiedi a cosa serva l’esistenza di un ufficio comunale chiamato appunto “Coordinamento cantieri” se poi ognuno fa come gli pare, compreso il piazzare blocchi stradali non autorizzati in ogni dove.
Ti dici che tutto migliorerà, che presto le cose cambieranno, e che aver partecipato a Fare Centro ti porterà un po’ di respiro.
Poi un giorno, in una riunione ufficiosa di cui hai saputo solo tramite passaparola, ti dicono che anche se sei risultato idoneo e sei in graduatoria, al di sotto dei 15 punti il contributo non ti verrà erogato (ovvero, 200 attività – le più piccole – tagliate fuori).
Motivazione? Invece di stanziare nuovi fondi per evadere tutta la graduatoria, si è preferito spostarli su un nuovo bando Fare Centro 2.0, e ti dicono “se vuole può partecipare di nuovo”.
Quando obietti che la partecipazione ti è già costata oltre mille euro, e che avresti lo stesso punteggio anche la seconda volta, dunque cerchi garanzie di non “rimanerci fregato” di nuovo, ti rispondono a spallucce perché “ambasciator non porta pena”.
Ma tu resisti, perché ormai hai investito tutti i tuoi risparmi, hai dato vita a qualcosa, e comunque non hai altre prospettive lavorative in questo deserto occupazionale, quindi vai avanti.
Finché leggi sul giornale che la giunta comunale avrebbe approvato la costruzione di un nuovo, ennesimo centro commerciale a Centi Colella.
Sorvolando su argomenti quali traffico congestionato, problema sempre più concreto soprattutto in zona ovest e soprattutto su quella specifica strada, viene spontaneo chiedersi: quale coerenza c’è con l’intenzione più volte sbandierata di aiutare e favorire la rinascita del centro storico? Per non parlare del fatto che dei centri commerciali già esistenti, più di metà è semivuota e non frequentata, anche a causa degli affitti esorbitanti.
Tra proclami di rinascita e aiuti alle aziende, tra meccanismi da bloccare con fantomatici granelli, tra un’amministrazione e l’altra la sensazione è sempre quella di essere carne da macello per interessi superiori e ingranaggi che nessuno di costoro è in grado di fermare.
Il nostro centro era vivo, vissuto, il punto di ritrovo per abitanti “entr’alle mura” e “fore le mura”, luogo di aggregazione, struscio, lavoro, scuola: un centro che tutti ci invidiavano.
Adesso si va sempre di più verso un centro vetrina, che ricorda molto le scenografie di Cinecittà: facciate bellissime, ma dietro puntelli sul nulla.
E lo vedi sui volti di chi ha deciso di tornarci in questo centro, sperando di contribuire, nel suo piccolo, a quel ripopolamento tanto voluto, ma che ogni giorno vive la frustrazione e la difficoltà di essere abbandonato a se stesso, e si tormenta chiedendosi se non abbia commesso un grandissimo errore.
Intanto paghiamo la fibra come se fosse reale, ma va lentissima; paghiamo le bollette con le maggiorazioni per le aziende (Gsa fino a 6 volte in più del consumo reale); paghiamo paghiamo paghiamo.
Fino a che non ci avrete spremuti completamente, finché non ce ne saremo andati per non voltarci mai più indietro.