Lunedì, 15 Aprile 2019 10:38

Ricostruzione, gli abitanti delle Case Ater di Porta Leone: "Abbandonati dal Comune"

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera firmata da Giacomo Pio, rappresentante del 'Comitato Porta Leone' che riunisce gli abitanti dei 46 appartamenti che l'Ater possiede su via Panfilo Tedeschi, all'Aquila, vicino la chiesa di S. Bernardino.

Com'è noto, su quell'area c'è un progetto di riqualificazione urbana del Comune, che vorrebbe abbattere le palazzine e realizzare un parcheggio multipiano con un belvedere affacciato sulle mura medievali.

L'Ater non ha nulla in contrario, tanto che a suo tempo (c'era ancora la giunta Cialente) sottoscrisse l'intesa con il Comune. Ciò su cui non si è riusciti ancora a trovare una quadra, tanto che Pappalepore è arrivato quasi allo scontro istituzionale con il sindaco dell'Aquila Biondi, è invece la ricollocazione degli inquilini. Il Comune vorrebbe sistemarli a titolo definitivo negli alloggi del Progetto Case, dove peraltro sono già, mentre l'Ater chiede che vengano trasferiti nelle abitazioni equivalenti.

La lettera del Comitato Porta Leone

A 10 anni dal terremoto che ci ha buttato fuori da casa nostra ci saremmo aspettati risposte certe, ma mai un trattamento così poco dignitoso da parte di chi amministra la cosa pubblica.

Invece dopo 10 anni in cui il comune e l'Ater si sono rimbalzati la responsabilità della ricostruzione delle case in via Panfilo Tedeschi (porta Leone), siamo dovuti venir a conoscenza tramite i giornali online, della completa noncuranza del Comune riguardo il futuro di chi prima abitava in centro, e ora è disperso tra i progetti CASE.

In questi lunghi anni si sono succedute una quantità esagerata di ipotesi sulla ricostruzione delle case, dapprima con un progetto di ristrutturazione redatto dall'Università di Firenze, poi strutture adibite ad uffici, poi parcheggi, poi un parco verde, poi ancora parcheggi. Quando negli anni abbiamo provato a chiedere informazioni, anche sul perché non è mai stata svolta nemmeno un'opera di messa in sicurezza, abbiamo ricevuto le risposte più fantasiose. L'ultima fu che non potevano essere ricostruite poiché si trovavano a ridosso delle mura storiche. Ora leggiamo che l'intenzione è di costruirci un parcheggio multipiano, sempre a ridosso delle mura storiche.

La realtà è un'altra, e da abitanti di quella zona la conosciamo bene, già da prima che il terremoto ci obbligasse ad uscire di casa: è una zona centrale, di proprietà pubblica, perciò più che appetibile per chi ne voglia trarre vantaggi economici.

A difenderci dalle mire di profitto di scapestrati speculatori ci saremmo tuttavia aspettati l'intervento delle forze politiche, di qualsiasi tipo, di qualsiasi fazione. Invece no, abbiamo sempre ricevuto qualche strizzata d'occhio dalle parti che temporaneamente si trovavano in minoranza, per poi puntualmente vederci ignorati nel momento in cui questi da minoranza diventavano maggioranza.

Ci siamo fidati, non sollevando polemiche; ci siamo lasciati tranquillizzare prima dalle promesse di un'abitazione equivalente sempre nello stesso quartiere, ma abbiamo iniziato a storcere il naso quando si paventava l'ipotesi di essere "spediti" a Pettino; fino ad ora, che circolano voci sul fare del progetto CASE la nostra abitazione definitiva, e puntualmente ancora ignorati dalle amministrazioni, decidiamo di rompere il silenzio.

Questo silenzio, in cui da 10 anni è stata avvolta tutta la vicenda, rende chiara la portata della speculazione edilizia che è in atto e che insiste su quella che, prima che il terremoto ce ne privasse, noi tutti chiamavamo casa.

La rende evidente il rifiuto dell'Ater alla richiesta di acquisto di quelle case da parte di alcuni inquilini, già prima del terremoto.

La rende evidente l'insolita pratica di murare alcuni appartamenti sfitti, invece che riassegnarli a chi ne aveva diritto, già prima del terremoto.

La rende evidente il modo farsesco e indifferente in cui l'Ater e il Comune si son seduti al tavolo per gestire uno scambio di cubature, facendosi beffe delle persone che hanno vissuto in quelle case, in quel quartiere; arrogandosi con ignobile strafottenza il diritto di decidere oltre la vita delle persone, costringendoli a vivere ancora da sfollati a 10 anni dal terremoto.

Noi, che siamo ancora residenti in via Panfilo Tedeschi 4, non siamo mai stati interpellati sulle nostre sorti nonostante i nostri solleciti.

Quello che chiediamo, dopo 10 anni, è che ci venga riconosciuto lo stesso diritto di tutti i nostri concittadini: tornare a casa, nel nostro quartiere, nella nostra città.

Siamo abitanti del centro storico.
Il terremoto ci ha distrutto le case.
L'Ater e il Comune ci hanno cacciato fuori.

Ultima modifica il Lunedì, 15 Aprile 2019 12:56

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