Si è scritta finalmente la parola fine su una pagina vergognosa per la nostra Regione, per giorni ‘sotto’ ricatto di Strada dei Parchi, società del gruppo Toto, concessionaria delle autostrade A24 e A25, che ha minacciato la chiusura del traforo del Gran Sasso, in entrambe le direzioni. Per l’ennesima volta, però, la politica ha dovuto abbassare la testa innanzi alle pretese della concessionaria che, in sostanza, pur avendo minacciato un gesto eclatante che non avrebbe potuto compiere davvero, ha ottenuto le migliori condizioni possibili per l’esercizio della sua concessione.
Stante il reato d’inquinamento ambientale contestato dalla Procura della Repubblica di Teramo, per fatti specifici relativi ad alcune precauzioni che gli imputati avrebbero dovuto assumere per la tutela dell’acquifero del Gran Sasso - è questo l’orientamento del pm da dimostrare in sede dibattimentale - la concessionaria ha ottenuto che venga nominato un commissario; intanto, la pianificazione dell’emergenza verrà demandata alla Protezione civile, con Strada dei Parchi che, di concerto col Mit, ha deciso di operare alcune limitazioni della circolazione sulla tratta autostradale. Ampie rassicurazioni sono arrivate dalla Procura: non c’è rischio di reiterazione del reato nel tenere aperto il traforo e, d’altra parte, se l’orientamento fosse stato questo si sarebbe proceduto col sequestro dell’infrastruttura.
Qui sta il punto.
Oltre ad aver demandato ad altri qualsiasi responsabilità in ordine al pericolo d’inquinamento ambientale, limitando la circolazione sotto il traforo, sulla vicenda Strada dei Parchi ha giocato una partita ben più ampia, che attiene, certo, al braccio di ferro con il Ministero delle Infrastrutture per sbloccare rapidamente i fondi stanziati per la messa in sicurezza di alcuni cavalcavia - lavori per 102 milioni di euro, non si sa che fine abbiano fatto i restanti 80 stante il decreto Genova che assicurava 182 milioni, che verranno eseguiti da società del gruppo Toto - ma anche e soprattutto alla discussione, in corso, sul nuovo Piano economico finanziario da 3 miliardi di euro, di cui 2 assicurati dallo Stato, con la richiesta di proroga della concessione per altri 15 anni, e con scadenza, dunque, che slitterebbe dal 2029 al 2044.
D’altra parte, non è la prima volta che Strada dei Parchi sfrutta la sua posizione dominante per tentare di strappare condizioni di gestione ancor più favorevoli.
Se il Piano economico finanziario non è stato ancora sottoscritto è per il tentativo della concessionaria di convincere il Ministero delle Infrastrutture a dare il via libera al faraonico progetto di modifica del tracciato attuale, col taglio di 30km di autostrada attraverso la realizzazione di 7 nuove gallerie. Non è un mistero che il gruppo Toto tenga ferma, al momento, la talpa più grande d’Europa, una fresa costata 65 milioni di euro. Ecco il motivo per cui, qualche mese fa, ragionando al tavolo regionale voluto dall’allora vicepresidente Giovanni Lolli per la messa in sicurezza del ‘sistema Gran Sasso’, la società ha tirato fuori dai cassetti la proposta di realizzare, almeno, un terzo tunnel di servizio. Proposta rispedita al mittente da Lolli. All’epoca, non si era parlato di chiusura del traforo né di modifica della circolazione.
La forzatura, l’ultima, sta dentro questo quadro.
“Il nostro territorio non può più essere sotto ricatto per esigenze che appartengono a interessi e rapporti molto chiari tra Mit e Strada dei Parchi”, l’affondo dei sindaci di L’Aquila e Teramo, Pierluigi Biondi e Gianguido D’Alberto. Hanno ragione.
Le recenti vicende che hanno causato un danno d’immagine non indifferente alla Regione dovrebbero convincere la politica a rivedere, finalmente, il rapporto concessorio con Strada dei Parchi, fino a valutare la revoca della concessione stessa stante la considerazione che le autostrade abruzzesi - in questi giorni è stato giustamente ribadito - sono infrastrutture strategiche, un bene comune che, come tale, non dovrebbe essere gestito col fine ultimo di fare profitto, e ancora profitto.
Se la società ha potuto fare il bello e il cattivo tempo, in questi giorni, è proprio per la concessione capestro che è stata sottoscritta, e poi rinnovata, per la gestione di A24 e A25. Lo ha ribadito il segretario generale di Apindustria, Massimiliano Mari Fiamma, in occasione del Consiglio comunale straordinario di giovedì scorso: il gruppo Toto ha preso in gestione le autostrade abruzzesi pagando a rate la concessione con i pedaggi autostradali. Altro che rischio d’impresa. Anzi, è previsto un utile fisso per il concessionario del 10%. Stante la necessità di manutenere l’infrastruttura, con i lavori che vengono eseguiti dal gruppo Toto, e di coprire le rate all’Anas mantenendo il 10% di utili, ecco che si spiegano i continui aumenti dei pedaggi.
Evidentemente, la politica dovrebbe avere il coraggio di rivedere i termini della concessione, sottraendosi al giogo della concessionaria. Se non ora quando, verrebbe da chiedersi. D’altra parte, stando ai fatti, stiamo parlando di una infrastruttura che, a fronte di pedaggi tra i più alti d’Italia, necessita di urgenti lavori di messa in sicurezza su alcuni viadotti, non adeguati sismicamente, ha alcuni svincoli chiusi per urgenti lavori di manutenzione, presenta limitazioni di circolazione, e non solo sotto il traforo del Gran Sasso.
Sia chiaro, la colpa non è solo della concessionaria Strada dei Parchi: le responsabilità sono diffuse, dei governi nazionali innanzitutto che hanno sottovalutato il tema della messa in sicurezza del ‘sistema Gran Sasso’ e, quando l’hanno affrontato, col commissariamento dei primi anni Duemila, non hanno risolto i problemi; dei governi regionali poi, che hanno ‘dimenticato’ il problema, almeno fino ai recenti incidenti che hanno riacceso i riflettori sulla vicenda. E ancora, dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso e, dunque, di Strada dei Parchi che, per questo, non può sottrarsi alle sue responsabilità, limitandosi a scaricare su altri le incombenze che pure spettano alla concessionaria dell’autostrada.
Non serve ricordare cosa è accaduto in questi anni: ecco il motivo per cui la politica, stavolta, a tutti i livelli, dovrebbe mostrare ben altro atteggiamento.