La Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato la sentenza di primo grado con cui il giudice del lavoro aveva giudicato illegittimo il demansionamento deciso dall’Asm, l’azienda multiservizi del Comune dell’Aquila che si occupa, tra le altre cose, della raccolta dei rifiuti, ai danni di una propria dipendente.
A darne notizia, in una nota, è il segretario regionale della Uil Trasporti Primo Cipriani.
La nota della Uil Trasporti
Dopo quasi due anni dalla sentenza di primo grado, nonostante l’immediata esecutività, la lavoratrice L.F. è stata costretta a subire l’arbitraria e illegittima decisione dell’azienda di non essere ricollocata nelle sue precedenti mansioni nonostante con sentenza n. 75/2018 il giudice del lavoro del tribunale dell’aquila avesse condannato Asm, nella persona del legale rappresentante pro-tempore, alla ricollocazione della dipendente nelle precedenti mansioni specificando quali esse fossero senza sorta di dubbio e non ritenendo vere, anche perché non provate dall’azienda, le paventate ragioni di riorganizzazione dei settori.
La Corte d’Appello, con sentenza n. 527/2019 del 12/09/2019, ha confermato in pieno la sentenza di primo grado, ribadendo che la lavoratrice, come chiesto specificatamente nel proprio ricorso, ritornasse alle mansioni precedenti e evidenziando l’esattezza della quantificazione del risarcimento danni a fronte del grave demansionamento.
La dipendente, nel 2015, veniva, senza ragione alcuna, destinata a mansioni di ben due livelli inferiori, ovvero da contabile IV liv a addetto allo spazzamento strade e piazze II livello, con ogni ricaduta in termini di danno alla dignità e professionalità.
Ma oltre al grave demansionamento, L.F. è stata costretta a subire l’arroganza dell’azienda che, non eseguendo il pronunciamento giudiziale, la destinava a altre mansioni, che nulla avevano e hanno a che vedere con quelle inerenti la contabilità e il livello di appartenenza; per cui, ad oggi, alla luce della sentenza d’appello, la lavoratrice non esclude di rivendicare ulteriori danni in sede civile e di rivolgersi alla Procura della Repubblica.
Si auspica che il nuovo amministratore di Asm non agisca come i suoi predecessori e renda finalmente giustizia alla lavoratrice, eseguendo la sentenza di primo grado, confermata in appello, e chiudendo finalmente la vicenda, peraltro, particolarmente onerosa per l’azienda, che, ricordiamo, è a partecipazione pubblica, e oltre ad aver dovuto corrispondere il cospicuo risarcimento danni, ha sborsato non pochi soldi per pagare le parcelle ai propri legali esterni e per rimborsare il legale della dipendente.