Giovedì, 13 Marzo 2014 02:08

Usi civici, via a ricognizione. Rischio speculazioni, il caso della Jenca

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Archiviata, con il contestato voto in consiglio comunale della scorsa settimana, la complessa vicenda delle aree bianche, il Comune rischia di trovarsi tra le mani un'altra patata bollente per ciò che concerne la programmazione del territorio: gli usi civici.

La materia, già in sé molto complessa - anche perché regolata da una legge risalente, nientemeno, al 1927, alla quale hanno fatto seguito, negli anni, varie disposizioni normative che sostanzialmente hanno trasferito alle Regioni e ai Comuni le funzioni amministrative – rischia di diventare ingovernabile per via della peculiare situazione delineatasi dopo il terremoto. Gli stravolgimenti e il riassetto urbanistico determinati dal sisma stanno infatti costringendo l'amministrazione comunale a sciogliere alcuni nodi rimasti irrisolti per decenni.

Ieri la commissione consiliare Gestione del territorio ha affrontato la questione su sollecitazione del consigliere di minoranza Daniele Ferella (Tutti per L'Aquila), che ha proposto un ordine del giorno in verità piuttosto generico (“Usi civici e relative problematiche”) per conoscere lo stato dell'arte complessivo.

L'odg ha lasciato interdetti alcuni consiglieri (“Le commissioni  si pronunciano su atti specifici” ha detto Angelo Mancini) e ha spiazzato l'assessore competente, Lelio De Santis. Presentatosi in ritardo (“Sono stato avvisato all'ultimo momento”), visibilmente impreparato (“Ho ricevuto la delega solo qualche giorno fa”), De Santis non ha potuto far altro che annunciare che domani, alle 15:30, ci sarà il primo di una serie di incontri tra il Comune e i presidenti delle varie amministrazioni separate.

E' stata l'avvocato Paola Giuliani, dirigente del settore Ambiente, a relazionare alla commissione consiliare.

Il Comune, ha detto la dirigente, dopo anni di colpevole negligenza, ha deciso di fare ordine, anche perché si è visto recapitare centinaia di richieste di indennizzo inoltrate da cittadini che sostengono di dover essere risarciti per essere stati privati, per via degli espropri seguiti al terremoto, di alcuni terreni gravati da usi civici precedentemente riscattati.

La situazione, in realtà, è molto più ingarbugliata. “Abbiamo in corso tre tipi diversi di procedimenti” ha detto la Giuliani a NewsTown “Ci sono, anzitutto, le domande di sclassificazione fatte dallo stesso Comune; in secondo luogo,  abbiamo le domande di mutamento, cioè di cambio di destinazione d'uso, avanzate dai cittadini, relative sempre a terreni di uso civico sui quali loro stessi hanno realizzato manufatti edilizi; e infine abbiamo pratiche di legittimazione relative a terreni di uso civico a destinazione agricola”.

Le terre di uso civico non sono commerciabili; la legge prevede, tuttavia, la possibilità, per gli occupatori abusivi, di legittimare la loro posizione tramite una complessa procedura amministrativa di sanatoria.

La legittimazione può essere chiesta, però, solo a determinate condizioni: “che l'“occupatore” vi abbia apportato sostanziali e permanenti migliorie”; “che la zona occupata non interrompa la continuità dei terreni”; “che l’occupazione duri almeno da dieci anni”. Semplificando: se è in possesso di questi requisiti, dopo aver versato un canone o, in alternativa, una cifra forfettaria chiamata “affranco”, il privato può chiedere la legittimazione d'uso, cioè può diventare proprietario del terreno.

Il problema, ha affermato la Giuliani, è che “in passato sono state fatte tante legittimazioni a fronte delle quali, però, non sono mai stati pagati né il canone né gli affranchi. Attualmente stiamo procedendo a fare gli affranchi di tutte quelle pratiche rimaste dimenticate nel corso degli anni. Quest'ultima procedura è quella che più ci interessa perché, con il consumo di territorio che c'è stato dopo il terremoto, tra espropri e quant'altro, i cittadini che in passato hanno avuto le legittimazioni, si sono resi conto che non potranno percepire le indennità se non procedono prima a pagare quello che tanti anni fa hanno in qualche maniera “acquistato”. Ci sono piovute addosso tantissime richieste”. Per evadere le quali, però, ci sono solo tre persone: la stessa Giuliani più altri due giovani tecnici appena subentrati.

Le sclassificazioni e il rischio di speculazioni: il caso di S. Pietro della Jenca

Le terre gravate da uso civico possono, naturalmente, perdere, col tempo, la loro conformazione fisica o la loro destinazione funzionale; in tal caso, possono essere “sclassificate” dal regime demaniale civico per entrare nel regime del patrimonio disponibile del Comune. E' proprio quello che sta accadendo con S. Pietro della Jenca, il piccolo borgo del Gran Sasso dove si trova il santuario di Giovanni Paolo II.

Come ha scritto qualche giorno fa Giorgio Alessandri sul Tempo, i terreni di uso civico della Jenca sono stati sclassificati e “la sdemanializzazione potrebbe essere il viatico per la realizzazione di un albergo”. Un'associazione di imprese, infatti, ha presentato un project financing per realizzare una struttura ricettiva da 3 milioni di euro nei terreni adiacenti alla piccola chiesa di pietra intitolata a papa Wojtyla.

A tutto ciò bisogna aggiungere che due anni fa, con una delibera di giunta, il Comune affidò a un'associazione, “Amici di S. Pietro della Jenca”, il compito di valorizzare il piccolo borgo e di renderlo attrattivo da un punto di vista turistico.

Per ora, ha ammesso Lelio De Santis, si tratta solo di un'ipotesi progettuale, della quale la giunta si è limitata a prendere atto. Tuttavia, come ha affermato Daniele Ferella nel corso della seduta della commissione, negli ultimi mesi sarebbero accaduti alcuni fatti che lascerebbero pensare come, sulla Jenca, si stiano già scatenando appetiti e interessi speculativi.

Secondo Ferella, alcuni cittadini sarebbero stati sottoposti a delle pressioni per presentare, senza avere peraltro i requisiti previsti dalla legge, richieste di legittimazione al fine di entrare in possesso di alcuni terreni ad uso civico a destinazione agro-pastorale situati nei dintorni della chiesa di S. Pietro della Jenca e rivenderli in un secondo momento come terreni edificabili. O, meglio, si è raccontato agli occupatori che potevano riacquistare i terreni pagandoli poco per poi rivenderli come edificabili o comunque a prezzi notevolmente più alti.

Un'operazione verosimile anche non scontata, perché, per andare in porto, richiederebbe prima l'accettazione della proposta di project financing, quindi una variante urbanistica votata dal consiglio comunale e, in aggiunta, anche il via libera del Parco Nazionale del Gran Sasso.

 

Ultima modifica il Venerdì, 14 Marzo 2014 03:14

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