L'antenna installata a Pagliare di Sassa nei mesi scorsi, davanti la chiesa medievale di San Paolo Apostolo, non verrà spostata, a meno che l'amministrazione attiva non decida di accollarsi i costi di un eventuale trasferimento, più o meno 200mila euro, dopo aver individuato un'altra area idonea.
A scrivere, di fatto, la parola fine sulla vicenda è stato il vice sindaco Raffaele Daniele che, audito dalla Commissione 'Garanzia e controllo', ha spiegato come la Giunta sia impossibilitata a dare seguito alla mozione approvata in marzo dal Consiglio comunale, con i voti dei consiglieri di maggioranza e di opposizione, e che impegnava sindaco e assessori a dare ascolto alla petizione firmata da quasi 1.500 cittadini della frazione del capoluogo che chiedeva, appunto, lo spostamento del dispositivo a servizio degli operatori Tim, Vodafone, Wind e H3G.
Alta 35 metri, l'antenna ha preso il posto del ripetitore temporaneo piazzato dopo il terremoto dalla Protezione civile (che però era molto più basso e misurava "solo" una decina di metri): gli abitanti di Pagliare di Sassa hanno contestato duramente l'installazione, temendo che le radiazioni e i campi elettromagnetici possano essere nocivi per la salute. Dunque, hanno lanciato la petizione costringendo il Consiglio comunale a prendere una posizione che, tuttavia, si è rilevata infruttuosa.
D'altra parte, la vicenda era stata già trattata a novembre del 2018 in commissione Territorio; in quella sede, il dirigente comunale Domenico de Nardis aveva chiarito come i pareri emessi dalla Soprintendenza - per quanto riguarda il vincolo paesaggistico - e da Asl e Arta per quanto attiene invece alla potenziale pericolosità dell'antenna fossero favorevoli (secondo l’Arta il livello di elettromagnetismo sarebbe molto al di sotto dei limiti fissati dalla legge). Il dirigente comunale aveva ribadito, altresì, la legittimità dell’iter procedurale seguito dall’amministrazione, alla luce sia della normativa nazionale sia del nuovo regolamento comunale per la localizzazione e la gestione degli impianti di telefonia mobile. Tuttavia, si era deciso di impegnare comunque la Giunta comunale ad individuare con i gestori un sito d'installazione alternativo.
Tre mesi dopo, l'approvazione della mozione in Consiglio comunale; l'indomani, tuttavia, in Commissione era emerso come il dirigente comunale avesse rimesso un ulteriore parere, ribadendo, di fatto, che i richiedenti l'installazione dell'antenna avevano ottenuto "i necessari atti di assenso (anche ambientali, paesaggisti e igienico-sanitari)" e che si era operato "nell'ambito dell'installazione di rete telefonica di dimensione nazionale".
Insommma, la procedura seguita era stata legittima ai sensi della normativa nazionale e, così, del regolamento comunale. Dunque, l'eventuale spostamento dell'antenna si sarebbe dovuto negoziare con le società di telefonia che, forti anche del pronunciamento del TAR che ha riconosciuto la legittimità dei provvedimenti assunti, si sono messe però di traverso, 'invitanto' l'amministrazione, davvero volesse dar seguito all'idea di trasferire altrove l'antenna, ad accollarsi i costi, oltre ad eventuali richieste di risarcimento danni. D'altra parte, le società hanno ottenuti i pareri necessari, la concessione edilizia e sottoscritto un contratto di fitto col Comune dell'Aquila.
Si sarebbe dovuto intervenire prima, evidentemente; si sarebbe dovuto informare prima la popolazione, in modo corretto, se è vero che i cittadini di Sassa si sono ritrovati all'improvviso col cantiere aperto e le fondazioni belle e fatte, alla fine di luglio del 2018, senza che la determina dirigenziale e le delibere di giunta del settembre 2017 che autorizzavano l'installazione fossero rese note. Magari si sarebbe potuto individuare una soluzione diversa. Ora, è davvero troppo tardi.