Il gup del tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, ha rinviato a giudizio, con l'accusa di falso ideologico in concorso, l'ex presidente della giunta regionale abruzzese Luciano D'Alfonso, oggi senatore del Pd, gli ex assessori regionali Donato Di Matteo, Silvio Paolucci, Dino Pepe e Marinella Sclocco, il capo gabinetto e il segretario della presidenza dell'epoca, Fabrizio Bernardini e Claudio Ruffini.
Stando all'accusa gli imputati, nel corso della seduta della giunta regionale del 3 giugno 2016, avrebbero approvato la delibera di indirizzo per la riqualificazione e realizzazione del parco pubblico Villa delle Rose di Lanciano (Chieti), certificando la presenza del presidente, che invece si trovava altrove; il tutto alla luce di un "accordo telefonico intercorso tra D'Alfonso e Ruffini - è scritto nel capo d'imputazione - la cui azione era consapevolmente diretta al medesimo fine della falsa attestazione".
Il gup, scrive l'Ansa, prima di decidere sulle richieste di rinvio a giudizio avanzate dal pm Andrea Di Giovanni, aveva accolto un'eccezione presentata dalla difesa dell'ex governatore, decretando l'inutilizzabilità dell'intercettazione telefonica riguardante la conversazione nella quale D'Alfonso e Ruffini prendevano accordi, compiuta dalla procura dell'Aquila nel corso di un'altra inchiesta. Contestualmente aveva rigettato un'altra eccezione, presentata sempre dalla difesa di D'Alfonso, per chiedere l'inutilizzabilità delle indagini difensive compiute dal pm.
I sette imputati dovranno comparire davanti al tribunale monocratico il prossimo 8 giugno.
Il filone sul parco pubblico di Lanciano è uno stralcio della maxi inchiesta avviata nel 2015 alla Procura della Repubblica dell'Aquila su alcuni appalti gestiti dalla Regione Abruzzo; il fascicolo è stato trasferito per competenza territoriale alla fine dello scorso anno alla procura di Pescara, che ha svolto ulteriori approfondimenti chiudendo poi le indagini.