“La casa di cura 'P.O. Villa Letizia' dell’Aquila, struttura accreditata al servizio sanitario nazionale, ha chiesto alle nostre segreterie l’intervento del fondo di solidarietà, dovuto al necessario contenimento dell'emergenza epidemiologica in atto. L’amministrazione della casa di cura ritiene che per il futuro non ci sia da prevedere alcun miglioramento a breve e medio termine e quindi si rende necessaria la stipula di un accordo di solidarietà”.
Lo scrivono in una nota Maurizio Testone della segretaria provinciale di Uil Fpl e il segretario generale provinciale Fials Simone Tempesta che spiegano come “la situazione non appare limitata alla sola clinica Villa Letizia, ma generalizzata a tutte le strutture del territorio provinciale. Se ciò dovesse accadere, la situazione arriverebbe in brevissimo tempo al collasso totale e, mentre il personale già formato a livello sanitario sarà costretto a restare a casa, altro personale, verrebbe assunto senza la preventiva formazione del caso con esborsi esorbitanti per la sanità regionale, a detrimento di beni e servizi che servono immediatamente”.
Sono interessati dalla sospensione ben 93 dipendenti che si occupano di cura e servizi e 9 impiegati amministrativi. La richiesta di attivazione della Fis è per un totale di 9 settimane. “Al fine di dare una risposta concreta all'emergenza covid-19 – aggiungono - chiediamo che la Regione Abruzzo e l’azienda sanitaria locale 1, Avezzano-Sulmona-L’Aquila valutino la possibilità di utilizzare i posti letto delle cliniche accreditate al servizio sanitario nazionale in totale e pieno rispetto delle disposizioni dell'ordinanza del Presidente della Giunta Regionale n. 7 del 13 marzo 2020, che permetterebbero da un lato una riduzione di ricoveri non urgenti per i presidi ospedalieri pubblici e dall’altro l’utilizzo di risorse umane professionali, che potrebbero occuparsi in maniera più efficace dell'emergenza, mantenendo il contenimento della spesa pubblica con conseguente riduzione degli sperperi dovuti all’attivazione degli ammortizzatori sociali”.
“Ciò permetterebbe altresì di evitare la migrazione di professionalità verso aziende di altre regioni che stanno procedendo ad assunzioni mediante richiesta di disponibilità all'incarico e la conseguente carenza di personale sanitario”, concludono.