Con sentenza del 22 aprile scorso, pubblicata il 28 maggio [puoi leggerla qui], la Sezione prima del Tribunale amministrativo regionale - su ricorso della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per L'Aquila e il cratere - ha cancellato con un colpo di spugna gli effetti della delibera del Consiglio Comunale n. 21 dell’11 aprile 2019 d’approvazione definitiva della variante alle Norme Tecniche di Attuazione del PRG; non solo: il Tar ha annullato, altresì, la deliberazione consiliare n. 84 del 14 ottobre 2019 con cui l'amministrazione attiva aveva annullato, in autotutela, la suddetta deliberazione n. 21 e, di rimando, la n. 12 del 15 febbraio 2018 e la n. 109 del 5 dicembre 2016 relative alla ricostruzione dei centri storici del Comune dell'Aquila.
E' una sconfitta su tutta la linea per la Giunta comunale.
Ricorderete che il Tar, alle fine di luglio, aveva accolto la proposta della Soprintendenza di sospendere in via cautelare gli effetti della delibera del Consiglio Comunale n. 21 dell’11 aprile 2019; a quel punto, l'assessore all'urbanistica Daniele Ferella aveva deciso, d'accordo con la maggioranza al governo della città, di ritirare l'intero iter amministrativo di variante, che era stato avviato con la deliberazione consiliare numero 109 adottata dall'assise civica il 5 dicembre 2016 di concerto con la Soprintendenza.
Di fatto, si era tornati alle disposizioni del Piano regolatore generale del 1975.
Con l'atto consiliare di ritiro dell'iter di variante, l'amministrazione sperava di chiudere il procedimento avviato dalla Soprintendenza che, tuttavia, aveva presentato ricorso incidentale: dunque, i giudici avevano stabilito di riunificare i due ricorsi, sospendendo anche gli effetti della delibera dell'ottobre scorso e rimandando la decisione sul merito che, come detto, è arrivata il 22 aprile scorso.
Ed ora? Si torna alle disposizioni introdotte dalla delibera 109 del 5 dicembre 2016, quella approvata, per intendersi, dall'amministrazione di centrosinistra: il lavoro svolto da allora dagli assessori all'urbanistica che si sono succeduti, Luigi D'Eramo prima e Daniele Ferella poi, è stato inutile e, anzi, ha rallentato i processi; si sono persi, in sostanza, 3 anni. Non resta che capire se l'amministrazione vorrà ricorrere al Consiglio di Stato.
Un passo indietro, per chiarire i contorni di una vicenda piuttosto complessa.
L'iter del provvedimento di variante alle NTA
E torniamo, appunto, al punto di partenza, alla delibera 109 del 5 dicembre 2016 con cui l’allora amministrazione di centrosinistra si era proposta di salvaguardare, negli interventi di ricostruzione, i pochi edifici di interesse storico che erano sopravvissuti nei centri storici delle frazioni, imponendo, di fatto, il restauro conservativo; si parlava di pochi edifici, a dire il vero, ma meritevoli - venne spiegato - di un intervento più attento per il rispetto del tessuto urbanistico. Con lo stesso spirito, venne eliminato il premio di cubatura previsto dal PRG e, inoltre, si resero regolamento le Prescrizioni per gli interventi nei centri storici allegate al Piano di Ricostruzione. In cambio, si prevedevano (d'accordo con l'USRA) incrementi del contributo di ricostruzione per eseguire interventi più accurati, laddove richiesti, si consentiva di abbassare le quote di pavimento ai piani terra fino a 50 cm, si ammetteva in ogni caso il ricorso a tecnologie costruttive più moderne in caso di gravi condizioni di danno o di edifici già rimaneggiati nel tempo, liberava gli usi.
La proposta originaria, però, aveva subito una prima, importante modifica in sede di approvazione delle controdeduzioni: con un emendamento proposto dall'allora consigliere Daniele Ferella (Lega), oggi assessore all'urbanistica, e dal collega d'opposizione Paolo Romano (allora nel gruppo del Passo Possibile) alla deliberazione consiliare numero 12 del 15 febbraio 2018, venne ridotto il numero di edifici da attenzionare.
A farla breve, il provvedimento originario prevedeva che gli edifici che, per epoca di costruzione, dimensioni, sagoma, caratteristiche strutturali e costruttive fossero rappresentativi del contesto urbano di riferimento e delle tradizioni costruttive locali e presentassero i caratteri di rilevanza storica, morfologica, tipologica e percettiva del paesaggio urbano, preliminarmente individuati in quelli realizzati prima del 1930, dovessero essere soggetto di interventi di restauro conservativo e non di ristrutturazione edilizia. Evidentemente, il termine del 1930 faceva riferimento allo studio del Vittorini. Con la modifica apportata a valle dell'emendamento presentato da Ferella e Romano, quel termine venne fatto retrocedere al 1860 e, per questo, si ridusse il numero degli edifici da tutelare.
Intervenne poi un’ulteriore modifica che l’allora assessore all’Urbanistica, Luigi D’Eramo, portò all’attenzione della Commissione territorio e venne poi approvata in Consiglio comunale nell’aprile 2019. Col provvedimento, la Giunta decise di cancellare il termine temporale del 1860 e, dunque, di concedere la possibilità di procedere con la ristrutturazione edilizia anche per gli edifici con vincolo indiretto.
Non solo.
La norma originaria prevedeva un premio di cubatura da utilizzarsi una tantum in ragione dei seguenti parametri: 35% del volume esistente per edifici con volumetria inferiore a 600 mc; 0% per edifici con volumetria da 2.500 mc in su; per i valori intermedi, invece, era previsto si potesse operare per interpolazione lineare; tali volumetrie incrementali, se realizzate fuori dalla sagoma attuale dovevano comunque essere soggette al rispetto delle distanze minime previste dalle singole prescrizioni di zona.
Con la delibera approvata dal Consiglio in aprile, invece, per i valori intermedi si era concesso di operare per interpolazione lineare, senza alcun riferimento ulteriore alle volumetrie incrementali. Tra l'altro, i proprietari di edifici successivi al 1860 potevano sì procedere con la ristrutturazione edilizia fatta salva, però, la sagoma dell'edificio stesso: col provvedimento portato in Consiglio, invece, si autorizzava a procedere fatta salva la volumetria, non più la sagoma.
E' per questi motivi che la Soprintendenza aveva presentato ricorso al Tar contro la deliberazione. "Le ultime modifiche sulle norme tecniche delle frazioni ci preoccupano non poco. Questi piccoli centri del territorio non vanno tutelati solo in relazione ai singoli monumenti ma soprattutto per il tessuto che rappresentano. Su questo va tenuta alta l'attenzione perché norme che favoriscono sostituzioni edilizie a tappeto rischiano di portare in modo incontrollato uno stravolgimento del tessuto urbano delle frazioni", aveva chiarito la Soprintendente Alessandra Vittorini.
Dunque, il TAR aveva accolto la richiesta di sospensiva fissando l’udienza pubblica per la decisione di merito per il 20 novembre, poi rinviata al 4 dicembre.
A quel punto, “per evitare di tenere ferma la ricostruzione delle frazioni – spiegò l’assessore Ferella – considerato che, comunque andrà, è prevedibile un ricorso della parte soccombente al Consiglio di Stato, con i tempi che finirebbero necessariamente per allungarsi, abbiamo deciso di ritirare in autotutela l’intero iter avviato nel dicembre 2016”.
Si è arrivati così alla delibera consiliare del 14 ottobre scorso che è stata impugnata, di nuovo, dalla Soprintendenza col risultato che il Tar ha deciso di sospendere anche questo provvedimento, riunificando i due ricorsi.
Il 22 aprile si è arrivati a sentenza.
Lelio De Santis: "Urbanistica paralizzata da spregiudicatezza del Comune"
"Urbanistica paralizzata dalla spregiudicatezza di un Comune pasticcione! La sentenza del Tar del 28 maggio non ha solo bocciato la Delibera consiliare n.21 dell’aprile 2019, che modificava la precedente del 2016 e che introduceva aumenti di volumetria in tutte le zone A delle Frazioni, ma ha inferto una lezione tecnica, giuridica ed amministrativa alla Giunta comunale talmente forte da doverne trarre le conseguenze politiche".
L'affondo è del capogruppo dell'Idv/Cambiare insieme, Lelio De Santis.
"Non è il giudizio negativo di minoranze estremiste o ambientaliste, ma una sentenza netta e motivata, sostenuta dalle valutazioni tecniche della Soprintendenza ai beni ambientali, a cancellare una politica urbanistica improvvisata ed utilitaristica, in spregio a norme di tutela sacrosante! D’altra parte, il colpevole ritardo nella redazione del nuovo Piano regolatore generale, definito negli indirizzi complessivi nella precedente consiliatura, sta a certificare la reale volontà dell’Amministrazione attiva ad operare con varianti urbanistiche o con provvedimenti in deroga, senza una visione generale e senza la tutela dell’Interesse comune".
Basti pensare alle note e recenti Delibere di Variazioni di cambio di destinazione urbanistica per realizzare nuovi centri commerciali nella zona ovest della città, già satura di Attività commerciali. "L’Assessore all’urbanistica della Lega di inizio consiliatura, stesso partito a cui appartiene l’attuale, aveva promesso l’approvazione del nuovo PRG in 8 mesi: ne sono passati 35 di mesi e nulla è successo! Scommetto che se ne riparlerà solo fra due anni. Intanto, la Giunta comunale vive alla giornata, senza idee guida e senza un disegno organico di pianificazione urbanistica e sociale. Ma una città che vuole rinascere non può assistere ai contenziosi attivati ogni giorno, sull’urbanistica o sui buoni spesa, da un’Avvocatura comunale fantasiosa e non può aspettare all’infinito che l’Amministrazione attiva porti in Consiglio, dopo 3 anni, un progetto di sviluppo urbanistico ed un’idea di sviluppo economico su cui chiamare al confronto i gruppi consiliari e le forze sociali ed economiche".
Palumbo: "Una disfatta su tutta la linea"
"Una disfatta su tutta la linea per l’amministrazione comunale, quella sancita dalla sentenza del TAR sull’iter urbanistico seguito per la modifica delle Norme Tecniche Attuative per la ricostruzione delle frazioni, con la quale il tribunale amministrativo regionale ha cancellato tutte le delibere adottate sull’argomento dal consiglio comunale su proposta degli assessori leghisti D’Eramo e del suo successore Ferella, vero ispiratore di tutto l’impianto. Si torna così, dopo tre anni di giunta Biondi sprecati in uno scriteriato percorso amministrativo, alle norme stabilite nel 2016 dalla precedente amministrazione, con il nuovo Piano regolatore generale, di cui invece tanto ci sarebbe bisogno, scomparso ormai dal dibattito pubblico".
Ad affermarlo, in una nota, è il capogruppo del Pd in consiglio comunale Stefano Palumbo.
"È una sconfitta innanzitutto all’arroganza con cui la giunta, sostenuta acriticamente dalla sua maggioranza, è andata testardamente avanti contro ogni logica di buon senso e di buona amministrazione, sorda rispetto ai rilievi palesi che io ed altri consiglieri di opposizione abbiamo sollevato formalmente in occasione di ogni passaggio in aula. Una sconfitta che imporrebbe le immediate scuse innanzitutto alla città e ai suoi cittadini, per il caos generato e i ritardi accumulati, e in secondo luogo alla Sovrintendenza schernita dall’assessore in più di una circostanza. Una sconfitta che, in ultimo, richiama a responsabilità pesanti e precise dell’assessore Ferella, e del dirigente competente, Avv. De Nardis, che svuotati ormai di ogni credibilità nell’esercizio del rispettivo ruolo farebbero bene, entrambi, a farsi da parte".