Pare finalmente risolta l'emergenza incendi che, per due settimane, ha stretto L'Aquila in una morsa.
Sono andati a fuoco centinaia di ettari di bosco, sul Monte Omo ad Arischia e sul Monte Pettino, a pochi metri dall'abitato del quartiere più popoloso della città.
Si è discusso della organizzazione degli interventi di spegnimento apparsa, col rispetto dovuto agli addetti ai lavori, piuttosto lacunosa, con l'uso - o abuso - dei canadair e con le difficoltà manifeste ad intervenire da terra, della ordinanza anti-volontari, della tipologia dei boschi (o più correttamente delle pinete) frutto di rimboschimenti di vegetazione non autoctona, iniziati col fascismo e proseguiti con la Repubblica per ri-fertilizzare il terreno e bloccarne i cedimenti prevenendo frane e smottamenti, che avrebbero dovuto lasciare il posto alla piantumazione o alla nascita spontanea, previo diradamento, di vegetazione autoctona e tipica delle nostre latitudini. Si è detto, altresì, che le pinete sono facilmente infiammabili e che fanno accumulare sul terreno uno strato molto spesso di aghi, rami secchi e roba marcescente che distrugge ogni altra forma vegetale e diventa anche un facile innesco, in cui il fuoco, come abbiamo visto, può covare anche per giorni.
Non a caso, i vigili del fuoco hanno chiarito che l'incendio di Monte Pettino, dopo la fase fortemente evolutiva dei primi giorni in cui avevano prevalso tipologie d'incendio di chioma radente, si era trasformato col passare delle ore, a causa dell'orografia tormentata e della forte presenza di necromassa, in un incendio prevalentemente sotterraneo. Ed in questa tipologia d’incendi, caratterizzati dalla combustione di radici e del primo strato di suolo costituito da materiale organico, la propagazione è lenta e vi è assenza di fiamma.
Qui sta il punto.
Che Monte Pettino fosse una sorta di 'bomba ad orologeria' pare fosse noto agli addetti ai lavori, così come era nota la necessità di manutenere la foresta.
Ebbene, oggi si scopre che su un capitolo del bilancio del Comune dell'Aquila, sin dal dicembre 2017, erano appostati 74mila euro, poi divenuti poco più di 59mila e 500, destinati proprio alla "messa in sicurezza della montagna di Pettino-Coppito". Risorse che non sono mai state spese.
Un passo indietro.
Per legge, la titolarità dei diritti d'uso civico spetta alla popolazione di una data località, che li può esercitare in forma associata mediante il ricorso ad un ente unitario, che può coincidere con l'amministrazione comunale, o con altri enti specifici, come le amministrazioni separate (è il caso di Preturo, Arischia e così via). Monte Pettino è tenimento di Coppito: tuttavia, non essendosi mai costituita una amministrazione separata ai sensi dell'art. 75 del R.D. 332/1928, che curi direttamente la gestione del patrimonio civico della comunità, è l'amministrazione comunale che se ne fa carico e che dovrebbe, tra le altre cose, avere un bilancio ad hoc con indicate le entrate che derivano da quel patrimonio e le pari uscite che dovrebbero essere destinate alla sua cura e manutenzione attraverso progetti specifici.
Il Comune dell'Aqula non tiene un bilancio separato; tuttavia, c'è uno specifico capitolo, il numero 111003, dedicato al tenimento di Coppito.
Al 2017, su quel capitolo erano appostati 94.529,03 euro; di questi, 20 mila euro sono stati destinati al progetto di recupero dell'area di Ponte Coppito - Fontevecchia, in aggiunta ai 35mila euro provenienti da economie degli anni precedenti. Restavano 74mila e 529 euro: 15mila sono stati stornati per il completamento delle opere di asfalto di via Antica Arischia. Con i restanti 59.529 euro, invece, si è finanziato uno specifico capitolo di spesa con la finalità della "messa in sicurezza della montagna Pettino-Coppito".
Come detto, quei soldi sono rimasti in cassa e, stante i recenti drammatici accadimenti, viene da chiedersi come mai non si sia dato seguito al progetto.