Si susseguono febbrilmente le riunioni per approntare lo screening di massa che coinvolgerà la popolazione della provincia dell’Aquila; sono già arrivati ad Avezzano i 200mila test antigenici rapidi inviati dal commissario straordinario Domenico Arcuri.
In giornata è previsto un vertice tra la Protezione civile, che guiderà la macchina organizzativa, la Asl 1 e i Comuni della provincia.
Restano diversi i nodi da sciogliere.
Il primo, quello finanziario: il monitoraggio dovrebbe costare 1 milione di euro circa, c’è chi sostiene, in realtà, si potrebbe arrivare fino a 2 milioni, risorse che andranno individuate tra le pieghe del bilancio della Regione. Il secondo, il personale da impiegare: il direttore sanitario dell'Asl Sabrina Cicogna sta cercando di coinvolgere anche i medici ospedalieri e il personale che si renderà disponibile volontariamente. Ci si rivolgerà però, prioritariamente, ai medici di base con il coinvolgimento degli infermieri.
Vanno poi definite le procedure organizzative: in un primo momento era emersa la volontà di allestire drive in suddividendo il territorio in 29 aree omogenee; nelle ultime ore, però, si è fatta larga l’ipotesi di utilizzare anche strutture chiuse, in particolare nei centri più popolosi, come scuole, palestre e sedi di circoscrizioni.
Ovviamente, sarà più facile procedere con i test nei piccoli comuni, dove lo screening potrebbe essere avviato già nel fine settimana per concludersi in poche ore.
Si prevede che ogni punto allestito sul territorio possa effettuare almeno 200 test: significa che ne andranno individuati un centinaio circa, tra drive in e strutture chiuse. Le risposte dovrebbe essere inviate ai cittadini attraverso un sistema informatico entro 4 ore.
L’obiettivo è quello di individuare con questo ‘setaccio’ in maniera precoce il maggior numero possibile di positivi al Covid per procedere al loro isolamento, mettendo in sicurezza il resto della popolazione riducendo drasticamente la circolazione dei soggetti contagiosi.
La procedura per effettuare il test rapido è identica a quella del tampone molecolare, sebbene possa risultare meno invasiva per il fatto che il cotton fioc è più corto e più sottile: la bacchettina di plastica col cotone in punta viene infilata nel naso e nella gola del paziente per raccogliere del muco; viene poi posata in una provetta dove è contenuto del liquido che distrugge il virus lasciando integre le frazioni proteiche - gli antigeni - presenti sulla superficie virale, che vengono poi trasferite su un supporto solido, di solito bianco. A quel punto, vengono messe in contatto con un reagente che si lega alle proteine del coronavirus portando con sé un colorante nero che fa apparire la sbarretta che vediamo nel test, qualora sia positivo. Funziona esattamente come un test di gravidanza, con la differenza che si cercano proteine diverse.
Il vantaggio è la facilità d'esecuzione, la rapidità del risultato, l'economicità. Il difetto, invece, è la minore sensibilità rispetto al tampone molecolare; tuttavia, potrebbe essere considerato un pregio poiché vengono individuati soltanto i soggetti più contagiosi. Altro difetto è che i test disponibili non sono tutti efficaci allo stesso modo, sebbene siano abbastanza attendibili: possono esserci dei falsi positivi o dei falsi negativi. Per questo, in caso di positività si deve effettuare un tampone molecolare per confermare la diagnosi.