Sabato, 28 Novembre 2020 18:29

3e32: “L’Aquila come Bergamo? I responsabili sono Marsilio, Testa e Biondi. Si dimettano"

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Più tamponi; più assunzioni nella Asl; maggiore coinvolgimento dell'Università dell'Aquila come soggetto attivo nel fronteggiare la crisi pandemica, anche attraverso l'accreditamento del centro diagnostico dell'ateneo come laboratorio in cui processare test molecolari; più sostegno alle famiglie in difficoltà; messa a disposizione da parte del Comune dell'Aquila degli alloggi del Progetto Case per ospitare i dimessi dall’ospedale ancora positivi che non possono rientrare nelle proprie famiglie.

Sono alcune delle rivendicazioni alla base del sit-in tenuto dal comitato 3e32 sabato pomeriggio di fronte l'ospedale S. Salvatore, all'Aquila.

"Siamo voluti/e essere davanti l'ospedale, con i nostri corpi, per non farlo sentire come un'area estranea al territorio in cui viviamo, nemmeno, soprattutto, ora che all'Aquila è in vigore di nuovo una zona rossa" si legge in una nota del comitato "In pochi e distanziati siamo stati/e lì per un gesto che sappiamo vuole essere un abbraccio simbolico di tutta la città a chi sta lì dentro, soffrendo perché malato o lavorando con turni massacranti, come accade in tutta la provincia".

La nota completa

Ci siamo ritrovati e ritrovate davanti al nostro ospedale anche per denunciare che se all’Aquila il contagio da Covid ha preso queste dimensioni ci sono dei motivi precisi e delle precise responsabilità, e non c’è zona rossa che possa impedirci dall’indicarle pubblicamente.

Di Covid infatti si sta morendo troppo in città e in provincia, come conseguenza di un contagio che è dilagato in primis a causa della mancanza di mezzi e risorse per testare e tracciare.

Eppure il tempo per prepararsi questa volta c'era, invece essere stati sostanzialmente risparmiati dalla prima ondata è risultato paradossalmente fatale. A maggio infatti la Asl 1 aveva programmato tutta una serie di misure di prevenzione che poi non sono state messe in pratica, conseguenza di una percezione distorta del rischio, su cui ha influito anche una certa cultura politica che, ahi noi, ha avuto evidentemente ripercussioni ideologiche anche nelle scelte delle direzioni Asl, o meglio nel sistema politico-sanitario basato sullo spoil sistem. Insomma di nuovo, all’Aquila , la città del terremoto del 2009 e della Commissione grandi rischi, si è voluto rassicurare e quanto era stato programmato a maggio, non è stato poi realizzato.

È chiaro che la situazione in cui versa la sanità pubblica oggi è il frutto di decenni di devastazione, operata trasversalmente dalla classe politica delle destre e del centrosinistra. Ripercorrere queste nefandezze sarebbe sacrosanto, ma oggi la casa sta bruciando. Per questo è troppo importante, in una situazione di emergenza, essere propositivi ed elaborare delle proposte per spingere i decisori a metterle in pratica. Per il bene comune, l’unica cosa che ci interessa oggi.

Ora il Presidente Marsilio ha annunciato la non semplice operazione di uno screening di massa con tamponi antigenici. All’Aquila arriveranno dal Governo circa 200 mila test rapidi utili per tentare di riportare il tracciamento ad un punto zero da cui ripartire, dopo essere saltato del tutto. Non un premio quindi, ma tutto il contrario: la conseguenza di una gestione disastrosa.

Lo screening però è un test una tantum ed è quindi necessario che la sanità si fornisca strutturalmente di mezzi e risorse per non farsi trovare poi ancora una volta in balia di uno “tsunami”, e cioè impreparata, a partire dal giorno dopo. Bisognerà infatti fare i tamponi molecolari a coloro che risulteranno positivi, che nel frattempo dovranno restare in quarantena, ci chiediamo come e per quanti giorni. Più in generale bisognerà farsi trovare pronti per il futuro e un’eventuale terza ondata.

Per fare questo proponiamo che:

Il laboratorio per processare i tamponi molecolari dell’ospedale venga ampliato subito e che vada nel più breve tempo possibile accreditato il laboratorio per l’Università facendo valere la convenzione già esistente tra Asl e Università. Non avere la possibilità di processare i tamponi in 24 ore, come sta accadendo finora – con tamponi inviati a Teramo e Pescara e processati anche in dieci giorni – è infatti la vera causa della catastrofe in corso sul nostro territorio. È Il motivo per cui sono scoppiati i tanti focolai, oltre che nelle famiglie, negli ospedali, nelle scuole e nelle RSA. Effettivamente qualcosa di non molto diverso rispetto a quanto accaduto a Bergamo a marzo. In Ospedale questa incapacità strutturale della AS1 di processare tamponi – che fa il paio con la misteriosa (non) convenzione con il laboratorio privato Dante-Labs – ha portato alla grave sospensione di tutte le attività ambulatoriali non urgenti e alla chiusura, nel San Salvatore – per focolai da covid19 – di due interi reparti: Ortopedia (da circa un mese) e Medicina Interna (che dovrebbe riaprire a breve in forma ridotta). Il diritto alla cura, di qualsiasi malattia, risulta più che compromesso.

– l’Università si adoperi per diventare finalmente soggetto attivo della crisi, più della generica disponibilità data fino a ora. Per una città che si definisce “della conoscenza” è surreale che l’ateneo, titolare di strutture e competenze elevate utili a fronteggiare l’emergenza, si sia messo e sia stato messo da parte, invece di acquisire una centralità decisiva. Con poche migliaia di euro (reperibili presso la Regione in tempi rapidissimi) si possono adeguare al livello di biosicurezza massimo (BLS-3) laboratori di Coppito, consentendo l’avvio di un lavoro di analisi importante;

Vengano fatte subito più assunzioni con contratti dignitosi e internalizzando il personale che ancora adesso nella sanità lavora con contratti rinnovabili di mese in mese tramite agenzia interinale. La Asl ha indetto a novembre, molto tardivamente, una graduatoria. Si adoperi immediatamente a fare le prime assunzioni a partire da questa;

– con l’assunzione di personale, oltre che rendere possibili l’attivazione di nuovi posti letto, venga rafforzata la medicina sul territorio, ancor più importante in un’area interna come la nostra con caratteristiche specifiche per densità della popolazione e distribuzione dei servizi.

vengano prese immediatamente misure di sostegno per le famiglie in quarantena anche attraverso il coinvolgimento del volontariato. Noi siamo pronti a fare la nostra parte in tal senso, come nella prima ondata. La situazione è infatti davvero critica ormai da ottobre, con tantissime famiglie in quarantena impossibilitate a muoversi e che hanno bisogno di farmaci e di beni alimentari. È assolutamente necessario un coordinamento in tal senso anche perché le poche associazioni che si sono mosse indipendentemente finora stanno esplodendo di lavoro.

vengano messi a disposizione altri appartamenti del Progetto Case (o altro) a disposizione, non solo – come sta già avvenendo a Roio – per ospitare i dimessi dall’ospedale ancora positivi che non possono rientrare nelle proprie famiglie, ma anche per permettere alle famiglie con un ridotto spazio abitativo di separarsi e svolgere quarantene dignitose e assistite anche dal mondo del terzo settore, nel caso in cui ci siano invalidità.

È la nostra area interna che in Abruzzo sta scontando il prezzo più alto di più questa seconda ondata di contagio anche perché a maggio la Regione ha pensato di investire 5 milioni di fondi regionali per un ospedale covid a Pescara a scapito di una maggior intervento complessivo sul territorio. Come se per la Regione il virus restasse solo a Pescara.

L’area interna sembra scontare anche in questa vicenda un rapporto di potere generalmente tutto a suo sfavore. È importante allora condurre una vertenza unitaria a livello provinciale, in particolare con gli amici marsicani che insieme all’aquilano sono i più coinvolti. E tempo di lasciar da parte i campanili e partire invece da quello che ci unisce facendo valere la nostra forza e le nostre istanze alla regione come Provincia Unita!

Su tutto, il virus ha mostrato la conseguenza di decenni di smantellamento trasversale della sanità pubblica da parte della politica, con concessioni sempre più imbarazzanti ai privati contro il bene comune di tutte e tutti noi e il diritto alla cura.

Come 3e32 ci siamo già trovati a lottare contro una visione aziendalista della sanità pubblica che fa chiudere i presidi sul territorio puntando a dei mega ospedali (DEA) in odor di speculazione e con “manager” pronti a tutto solo per ripianare il bilancio. Questo nel più generale contesto di una disastrosa autonomia totale a livello regionale in campo sanitario che va rivista e quantomeno limitata.

Non può più andare avanti così, è il momento di cambiare una volta per tutte e per farlo sarà importante continuare a lottare per una sanità pubblica che garantisca il diritto alla cura a tutte e a tutti, anche, soprattutto, quando questa emergenza sarà finita e prima che ne cominci un’altra.

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