Si riunirà venerdì la Cabina di regia nazionale che, sulla base dei dati inviati in queste ore dalle Regioni sull'andamento dei contagi e della pressione ospedaliera, darà indicazione al Ministero della Salute su eventuali 'cambi di colore'; il rischio è che da domenica 21 febbraio l'Abruzzo si ritrovi di nuovo in 'zona rossa'.
Tuttavia, in serata il governatore Marco Marsilio ha chiarito che "l'anticipazione del report settimanale rispetto all'evolversi della pandemia ci dice che l'indice Rt, che calcola la trasmissibilità del virus, è sceso, sebbene di pochissimo, passando da 1.22 della scorsa settimana a 1.17, con una forchetta minima a 1.11 e massima a 1.23; dunque, anche il limite massimo non supera l'1.25 che significherebbe il passaggio in zona rossa".
Per questo - ha aggiunto Marsilio - "ci aspettiamo che domani la Cabina di regia, prendendo atto di questo dato, confermi la classificazione dell'Abruzzo in zona arancione. Rimane valida, ovviamente, l'ordinanza presidenziale che fino al 28 febbraio prossimo colloca in zona rossa le province di Pescara e Chieti, particolarmente colpite dalla 'variante inglese', che stanno subendo una forte accellerazione dei casi e dei ricoveri, soprattutto in terapia intensiva".
A preoccupare è che si è superata la soglia critica del 30% dei posti in terapia intensiva occupati da pazienti covid.
Bisognerà capire che decisioni assumerà la Cabina di regia, valutando anche le indicazioni che saranno fornite dal nuovo Governo sebbene Roberto Speranza sia rimasto al ministero della Salute.
La linea che il dicastero sarebbe pronto a seguire è quella dei lockdown per aree, ovvero il ripristino delle condizioni del marzo scorso - con tutte le attività chiuse, e le uscite di casa contingentate a motivi di lavoro, salute o necessità - nelle zone pù colpite dal diffondersi delle varianti; in questo quadro, è lecito presupporre che se la situazione nel pescarese e nel chietino dovesse peggiorare quelle aree potrebbero essere sottoposte a lockdown totale considerato che oltre il 65% dei nuovi casi è riconducibile alla così detta 'variante inglese'.
Il virologo Andrea Crisanti, tra le voci più autorevoli a livello nazionale, ospite della trasmissione radiofonica 'Un giorno da pecora' su Rai Radio 1 ha chiarito che "le zone rosse possono funzionare ma, se si registrano dei focolai con le varianti, questo tipo di zona non può bastare: bisogna chiudere tutto. In Umbria e in Abruzzo, dove ci sono questi focolai, bisogna fare un lockdown chirurgico" ha ribadito Crisanti; "in queste zone servono misure draconiane, perché se si diffondono le varianti abbiamo eliminato l'arma che abbiamo, il vaccino, che è molto meno efficace sulle nuove forme del virus. Serve, quindi, una doppia strategia, di medio contenimento con zone arancioni e zone rosse, le quali potrebbero andare bene in determinate situazioni. Ma dove c'è la variante bisogna bloccare tutto e impedirle la diffusione del contagio".
Sulla stessa lunghezza d'onda l'infettivologo Giustino Parruti, componente del Comitato tecnico scientifico regionale: "Il quadro attuale mostra che finora non abbiamo visto nessun effetto della zona rossa, anzi abbiamo riscontrato un incremento della gravità dei casi clinici e del numero dei malati. Se questo pacchetto di misure si dovesse dimostrare non adeguatamente funzionale anche nei prossimi giorni, dobbiamo necessariamente pensare a un lockdown totale nell'area Chieti-Pescara come quello di marzo. Non c'è tempo da perdere, è una partita che dobbiamo vincere adesso".
D'altra parte, il sistema sanitario a Pescara è sull'orlo del collasso. L'ospedale ha in carico circa 300 pazienti covid, i ricoveri aumentano di ora in ora e, per questo, col Covid Hospital pieno da giorni, è stato necessario aprire una terza ala covid per creare nuovi posti letto; molti malati hanno avuto bisogno della ventilazione non invasiva o addirittura di essere intubati e, tra questi, tanti giovani con l'età media che è scesa a 45-50 anni. "Il ritmo di sovrapposizione della variante, con l'impressione sempre più netta che questa si associ a quadri clinici più gravi - ha tenuto a ribadire Parruti - richiede che siano valutate misure di contenimento che possano non inficiare la campagna vaccinale".