Domenica, 14 Marzo 2021 10:30

"Le scuole non sono un parcheggio": ecco perché è un dramma che siano chiuse

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Chiuse le scuole di ogni ordine e grado in Abruzzo, eccezion fatta per asili nido e scuola dell'infanzia, con didattica a distanza almeno fino al 6 aprile; lo ha deciso il presidente della Giunta regionale Marco Marsilio, prorogando l'ordinanza che aveva firmato il 27 febbraio scorso.

In queste ore, abbiamo ricevuto e pubblicato alcune lettere di genitori che contestano la scelta; sui social si è scatenato un dibattito piuttosto animato, con commenti in alcuni casi offensivi verso i genitori e la nostra testata che ha deciso di dare spazio alla loro presa di posizione. 

"Vergogna!", "la scuola non è un parcheggio" i commenti più sobri.

Sia chiaro: non ci vergogniamo affatto per aver pubblicato le lettere dei genitori. Anzi. Ed il motivo è presto detto: condividiamo appieno che la scuola non sia affatto un parcheggio. 

In primo luogo, giova sottolineare che riteniamo giusto dare voce a quei genitori che lamentano la difficoltà di conciliare la vita lavorativa e familiare con la didattica a distanza dei propri figli, ed in particolare a quelle mamme e a quei papà che debbono seguire le lezioni di bambine e bambini iscritti alle prime classe delle elementari o ai primi mesi di scuola media. Non è affatto semplice: i giovanissimi studenti vanno seguiti passo passo, accompagnati in un percorso nient'affatto semplice, ed è complicato per chi non può assentarsi dal lavoro, per le partite Iva che guadagnano del loro impegno quotidiano, per le famiglie che non possono contare su nonni presenti e capaci di gestire la Dad e non possono permettersi una baby sitter. Purtroppo, ci sono mamme e papà che non beneficiano di congedi parentali o smart working.

Ma non è questo il punto.

Detto che non si stanno contestando le misure contingenti assunte dalla regione - stante la diffusione del contagio, chiudere le scuole era una scelta quasi obbligata - è assolutamente evidente, però, che tenere ancora chiuse le scuole, ad un anno dallo scoppio della pandemia, è una sconfitta, per tutti. Si poteva e doveva fare di più: le scuole erano l'ultima attività che bisognava chiudere, l'ultima, in assoluto. Al contrario, non si è stati in grado di garantire una didattica in sicurezza ed oggi i luoghi di lavoro sono aperti, stante i protocolli di sicurezza, e le scuole restano malinconicamente chiuse. 

Eppure, le aule sono un luogo fondamentale del nostro vivere comunitario, imprescindibile, per l'educazione e la formazione dei cittadini di domani. 

Nel corso dell'audizione in Commissione Igiene e Sanità del Senato, il presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi David Lazzari, riferendo sull'impatto della Dad sui processi di apprendimento e sul benessero psicofisico degli studenti, ha chiarito che "diversi studi ci dicono che la scuola a distanza produce un elevato distress e disturbi del sonno. Nelle bambine si riscontra soprattutto ansia, depressione e ritiro dalla scuola; nei bambini rabbia, aggressività e opposizione". Un aumento dei problemi psicologici è stato rilevato, in particolare, da un’indagine italiana che ha potuto osservare gli stessi bambini ora e negli anni precedentim registrando un aumento del 24% dei problemi psicologici.

Si evidenzia, ha aggiunto il presidente degli psicologi, anche "un aumento dell’uso delle tecnologie piuttosto preoccupante: si è passati da un’ora e mezzo come utilizzo massimo a 4 anni (e da una media di 2 ore a 8 anni) a 7 ore quotidiane secondo alcune stime"; d'altra parte, ha aggiunto, "l’eccessivo utilizzo di dad nella scuola primaria può limitare l’apprendimento, ostacolare la regolazione emotiva, cognitiva e comportamentale. Con una ridotta capacità di concentrazione, una minore curiosità e autocontrollo, con sintomi di ansia e depressione".

Tra gli adolescenti, invece, "dobbiamo segnalare il valore della relazione per la strutturazione dell’identità psicologica" ha aggiunto Lazzari.

Da tutte le ricerche sui ragazzi in questa fase pandemica, ha concluso il presidente dell'Ordine degli psicologi, "è emersa l’importanza della scuola come spazio psicologico, e non solo per la trasmissione di contenuti"; e comunque, anche i contenuti stessi "devono essere trasmessi in un ambiente favorevole dal punto di vista emozionale e relazionale, perché ci sia un migliore apprendimento".

Non solo. 

La didattica a distanza ha evidenziato e ampliato la forbice delle disuguaglianze nell'accesso al diritto allo studio. Evidentemente, la dad privilegia i bambini che hanno luoghi tranquilli in cui studiare, i genitori a casa a supporto, e un servizio internet affidabile.

Secondo il ministero dell’istruzione francese, il lockdown della scorsa primavera ha aumentato di vari punti il divario nei voti ottenuti agli esami tra le scuole normali e quelle in aree disagiate. In Germania, con il primo lockdown le ore dedicate allo studio sono precipitate da 7,4 a 3,6 al giorno. Un’analisi dei risultati degli esami di fine anno condotta nei Paesi Bassi ha portato a una scoperta deprimente: durante la chiusura della scorsa primavera lo studente medio non ha appreso assolutamente nulla. Per i ragazzi con genitori poco istruiti è andata ancora peggio e dopo i primi due mesi di didattica a distanza si sono ritrovati a sapere meno di prima.

Stando ad uno studio basato sulla somministrazione di questionari a 1.028 famiglie in tutta Italia, circa il 27% ha riferito di non aver posseduto tecnologie adeguate durante il lockdown, mentre il 30% dei genitori ha riportato di non avere avuto tempo a sufficienza per sostenere i propri figli con la didattica a distanza. 

Nel nostro paese, l'8% dei bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza. Quota che sale al 23 percento tra gli alunni con disabilità.

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nel discorso programmatico in Parlamento per ottenere la fiducia, ha tenuto a sottolineare come "la diffusione del Covid" abbia "provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche su quello culturale ed educativo"; "un dato chiarisce meglio la dinamica attuale", ha aggiunto: "a fronte di 1.696.300 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1.039.372 studenti (il 61,2% del totale) ha avuto assicurato il servizio attraverso la didattica a distanza".

Ciò rischia di peggiorare i dati già drammatici sul tasso di abbandono scolastico.

"Spesso mi sono chiesto se noi, e mi riferisco prima di tutto alla mia generazione, abbiamo fatto e stiamo facendo tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltre misura. È una domanda che ci dobbiamo porre quando non facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e la cultura", le parole di Draghi.

E' una domanda che dobbiamo porci tutti, non liquidando semplicisticamente le discussioni sulla didattica a distanza come preoccupazioni di genitori che non sanno dove parcheggiare i propri figli. Non è così. Tenere chiuse le scuole è una decisione che impatta direttamente sul futuro dei nostri giovani, i cittadini di domani, lasciando ferite profondissime nella psiche, nelle capacità relazioni e di apprendimento di una intera generazione e amplificando le difficoltà di quegli studenti fragili che nella scuola, a volte solo nella scuola, trovano le condizioni per poter realizzarsi pienamente. 

 

 

Ultima modifica il Lunedì, 15 Marzo 2021 08:09

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