Riceviamo e volentieri pubblichiamo la nota di replica indirizzata dal sindaco dell'Aquila, Pierluigi Biondi, al direttore della testata Nello Avellani, nel merito dell'articolo "25 aprile: L'Aquila di nuovo mortificata nel giorno che celebra la Liberazione" pubblicato in data 25 aprile 2021.
Egregio direttore, inizio citandola: "adesso basta".
Ogni linea editoriale e ogni posizione politica personale è assolutamente legittima ma trova il suo limite - giornalistico e giuridico - nella corretta, completa e veritiera ricostruzione dei fatti. Condizioni che sono venute meno nel pezzo pubblicato nel giornale da lei diretto dal titolo "25 aprile: L'Aquila di nuovo mortificata nel giorno che celebra la Liberazione".
Procedo per fatti:
1) Si afferma che "per la prima volta da quando indossa la fascia tricolore, il simbolo della Costituzione antifascista su cui ha giurato, il sindaco dell'Aquila ha partecipato alla celebrazione che si è svolta all'interno della caserma Pasquali-Campomizzi, posando un mazzo di fiori nel luogo in cui vennero trucidati i Nove Martiri giovinetti": falso. Anche nel 2019 partecipai all'evento dentro la Campomizzi in occasione del 76° anniversario dell'eccidio e, anzi, lo feci alla presenza di decine e decine di bambini con un intervento in cui auspicavo un processo di crescita verso una memoria condivisa in grado, essa sola, di costruire quel sentimento di riconciliazione cui ha fatto appello il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso inviato alle Associazioni Combattentistiche e d’Arma in occasione della giornata della Liberazione. Il suo stesso giornale diede conto delle polemiche suscitate dal solito ex segretario cittadino del Pci sempre in bilico tra collocazione partitica e rappresentanza associativa.
2) Si afferma che "il primo cittadino ha ritenuto di non dover presenziare, però, alla posa delle pietre d'inciampo dedicate a Annina e Luigi Santomarrone": falso. Non ho "ritenuto di non poter presenziare" ma sono stato impossibilitato da una prescrizione che mi ha imposto il giorno di sabato come assoluto riposo - circostanza di cui non devo render conto a questa testata ma che avrei potuto ben chiarire se mi fosse stato chiesto - a seguito di un controllo medico. Sarebbe stato davvero singolare, al contrario, disertare deliberatamente un evento conseguente a un'iniziativa politica assunta attraverso un provvedimento di Giunta che vedeva non solo l'intero esecutivo presente alla seduta ma il sottoscritto come proponente dell'atto, e non l'assessore con delega al patrimonio o alle opere pubbliche, proprio per riaffermare il valore di quel gesto.
3) Si afferma che "non c'erano rappresentanti dell'amministrazione comunale, invece, alla posa della corona di fiori sotto la targa che ricorda i Nove Martiri nella piazza che porta il loro nome": vero, però. Mentre per la posa della pietra d'inciampo, per la commemorazione a Onna e per quella alla Campomizzi l'amministrazione è stata regolarmente invitata ed è stata regolarmente presente, l'iniziativa di piazza Nove Martiri non è stata neanche comunicata agli uffici comunali. Forse a mancare di rispetto alla città è stato chi, a distanza di meno di 24 ore, ha ritenuto di coinvolgere a intermittenza coloro che sono stati democraticamente eletti dal popolo.
4) Si afferma che i familiari dei giovinetti aquilani "quest'anno, per la prima volta - eccezion fatta per l'anno passato, in pieno lockdown - non hanno potuto partecipare alla cerimonia all'interno della caserma Pasquali-Campomizzi. Eppure si erano mossi per tempo, avevano tentato di trovare una interlocuzione con il sindaco per presenziare ad una celebrazione che, da sempre, è un momento di commosso raccoglimento per i parenti di quei nostri ragazzi trucidati il 23 settembre 1943": falso. È falso che i familiari non abbiano potuto partecipare alla cerimonia lasciando quasi intendere che ci sia stata una decisione a monte ascrivibile o ispirata dal sottoscritto (come verrà confermato dall'affermazione contenuta nel capoverso successivo dell'articolo in cui si parla di "trattamento riservato ai familiari dei Nove Martiri giovinetti"). È vero, invece, che la manifestazione si è svolta in forma riservata, esattamente come l'anno scorso, alla sola presenza delle autorità per le misure anti-contagio. Il tutto tra l'altro nell'area della Campomizzi e, quindi, non su suolo di proprietà comunale. È falso, alla stessa maniera, che i familiari dei Nove Martiri abbiano cercato un'interlocuzione, di qualunque natura, sia essa formale o informale, diretta o attraverso la segreteria, con il sottoscritto. L'unico contatto è rintracciabile in una delicata e composta mail ricevuta nella serata di domenica da parte di una parente dei giovanetti, che non mancherò di contattare per un saluto di persona. Naturalmente a corredo di quanto dico posso produrre riscontri di posta elettronica e protocolli.
Ma l'affermazione che più oltraggia la mia onorabilità è quella in cui si parla di "offesa alla memoria dei nostri martiri": la mia educazione, familiare e politica, mi impedisce di portare dileggio a qualunque vittima, a qualunque morto.
È per questo deliberato e, a mio modo di vedere, ingiustificato attacco a mezzo stampa che ho dato mandato al mio legale di fiducia di approfondire eventuali profili di rilevanza penale o di illecito civile a danno dell'istituzione che rappresento o mio personale.
Egregio direttore, il senso di quanto scritto, naturalmente, è da intendersi senza rancore, trattandosi al massimo di un'azione di reciprocità - in virtù del procedimento attivato su sua segnalazione e successivamente archiviato per presunte mie dichiarazioni lesive della sua dignità di giornalista - di cui spero voglia apprezzare la franchezza, avendola io avvisata, al contrario di quanto fece lei nel lontano 5 giugno 2018.
Distinti saluti, Pierluigi Biondi
Post scriptum: 1) Non mi sembra di aver letto pari parole di sdegno quando un componente del Consiglio comunale dell'Aquila sentenziò - stavolta sì, pubblicamente, e non per sentito dire - che "le foibe se le sono cercate, i fascisti e non gli italiani".
2) Non mi sembra di aver letto pari parole di sdegno quando, per esempio nel 2017, l'amministrazione comunale precedente mandò a presenziare alla Giornata del ricordo un assessore invece del sindaco, eppure il 10 febbraio è stato istituito con legge nazionale.
3) La fascia tricolore non è "simbolo della Costituzione antifascista" (essendo stata introdotta con un regio decreto del 1934) ma "Distintivo del sindaco".
4) Sulla questione relativa al segretario comunale aquilano di Fdi, Michele Malafoglia, mi ha prontamente avvisato di aver raccolto le rimostranze di residenti e passanti che hanno ritenuto sconveniente, proprio per la sacralità del luogo, vedere le balaustre di piazza Nove Martiri trasformate in basi per allestire tovaglie su cui erano poggiati cibo e bevande. Se gli organizzatori ritengono che quei cittadini siano stati vittime di un'allucinazione collettiva e che nulla di tutto ciò si sia verificato, sono pronto a deferire ai probiviri Malafoglia e anche a proporne la sua espulsione dal partito.
Questa la nota di replica del sindaco Pierluigi Biondi, pubblicata come richiesto.
Ci permettiamo alcune stringate considerazioni, punto per punto:
1) Dalla lettura dell'articolo si evince, abbastanza chiaramente, che parlando delle celebrazioni cui il sindaco ha partecipato "per la prima volta da quando indossa la fascia tricolore" si faccia riferimento esplicito al 25 aprile, e non all'iniziativa del 23 settembre 2019, allorquando il primo cittadino partecipò alla cerimonia per il 76esimo anniversario dell'eccidio dei Nove Martiri giovinetti. Ci pare indiscutibile che, domenica 25 aprile 2021, il sindaco abbia partecipato per la prima volta ad una iniziativa legata alla festa della Liberazione; negli anni passati, non era mai accaduto.
2) Prendiamo atto del fatto che il sindaco sia stato impossibilitato da una prescrizione, che gli ha imposto il giorno di sabato come assoluto riposo, a presenziare alle iniziative del 24 aprile in memoria di Annina e Luigi Santomarrone.
3) Eravamo convinti che l'amministrazione comunale non necessitasse di un invito per omaggiare con una corona di fiori la lapide dei Nove Martiri giovinetti nella piazza loro intitolata. Evidentemente, non è così. Prendiamo atto anche di questo.
4) "È falso che i familiari dei Nove Martiri abbiano cercato un'interlocuzione, di qualunque natura, sia essa formale o informale, diretta o attraverso la segreteria, con il sottoscritto. L'unico contatto è rintracciabile in una delicata e composta mail ricevuta nella serata di domenica da parte di una parente dei giovanetti, che non mancherò di contattare per un saluto di persona. Naturalmente a corredo di quanto dico posso produrre riscontri di posta elettronica e protocolli", assicura il sindaco dell'Aquila. In realtà, abbiamo raccolto più di una testimonianza dei familiari presenti in piazza Nove Martiri che ci hanno confermato di aver tentato una interlocuzione con il sindaco in persona e con la sua segreteria, via telefono e non per mezzo "posta elettronica e protocolli", per poter partecipare alla cerimonia. Non temiamo smentite.
Per ciò che attiene i punti 1 e 2 del post scriptum, riteniamo irricevibile dover entrare nel merito della contrapposizione tra le vicende della Liberazione e quelle delle Foibe. Sul punto 3 ha ragione il primo cittadino: intendevamo dire, ma l'abbiamo fatto con poca chiarezza e ce ne rendiamo conto, che il tricolore italiano (nato a Reggio Emilia nel 1797), subito dopo la nascita della Repubblica - per decreto legislativo presidenziale poi confermato dall'Assemblea costituente - venne scelto come bandiera, simbolo di unità nazionale, così come richiamato all'articolo 12 della nostra Carta Costituzionale nata dalla Resistenza. Rappresenta, insomma, la Repubblica fondata sui valori dell'antifascismo. Ed in effetti, sulla fascia c'è il simbolo della Repubblica nata nel giugno 1946.
Sul punto 4, ci pare francamente poco credibile che residenti e passanti si siano rivolti per le loro rimostranze al portavoce di Fratelli d'Italia piuttosto che alle forze dell'ordine che erano presenti in gran numero in Piazza per assicurare che le celebrazioni, autorizzate, si svolgessero nel pieno rispetto delle normative anti-covid.
Un ultimo accenno alla decisione del primo cittadino, assolutamente legittima, di dare mandato ad un legale per "approfondire eventuali profili di rilevanza penale o di illecito civile a danno dell'istituzione che rappresento o mio personale": non sapevamo che si procedesse a querela per "un'azione di reciprocità". Prendiamo di nuovo atto, e apprezziamo la franchezza: il sindaco, se si è sentito offeso o diffamato, ha tutto il diritto di procedere in questo senso. Saranno le autorità preposte a dover dire se c'è stata effettiva offesa o diffamazione. Vorremmo soltanto chiarire, però, che mai il direttore della testata ha sporto querela nei confronti del sindaco dell'Aquila: il primo cittadino, evidentemente, fa riferimento al procedimento intrapreso in seno all'Ordine dei Giornalisti, che rappresenta entrambi, essendo entrambi giornalisti, per chiedere il rispetto del dettato della Carta di Firenze. Aggiungiamo, per fare piena opera di trasparenza, che la testata ha già dovuto rispondere - con il suo direttore - innanzi al personale inquirente della Polizia postale di un'azione intrapresa dal primo cittadino per la pubblicazione di un comunicato stampa diramato da un partito politico. Non avendo più avuto notizie, possiamo presumere che il procedimento che ci vedeva coinvolti sia stato archiviato.
Ciò per quanto si deve ai lettori.