Giovedì, 13 Maggio 2021 10:39

Parco Sirente-Velino verso il taglio, tra le ipocrisie dei riperimetratori

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Dopo mesi di scontri e tentativi di confronti, la Seconda Commissione consiliare di Regione Abruzzo ha licenziato la proposta di legge sulla “Nuova disciplina del Parco naturale regionale Sirente Velino e revisione dei confini” approvata dalla Giunta con DGR n. 333C del 15 giugno 2020.

La proposta prevede, oltre ad una revisione dell’articolato della disciplina del Parco, anche la riduzione del perimetro dello stesso di circa 8000 ettari, in particolare nella magnifica Valle Subequana.

In un momento in cui si discute di transizione ecologica, di turismo lento, di riscoperta dei borghi montani che vengono scelti da famiglie e lavoratori a distanza per ritagliarsi un periodo più o meno lungo di 'respiro' lontano dalle grandi città soffocate dalla pandemia, Regione Abruzzo - in perfetta controtendenza - decide di tagliare il suo unico parco regionale, sorda alle migliaia di firme raccolte dai cittadini per chiedere di evitare un tale scempio, all'appello di 50 intellettuali di ogni parte d'Italia, al grido d'allarme delle associazioni ambientaliste che si stanno battendo da anni per il rilancio dell'area protetta.

E questo accade in un'area, quella Subequana, tra le più depresse della regione, in via di spopolamento, e senza alcuna prospettiva di rilancio futuro se non puntando sulle ricchezze naturalistiche.

In questi mesi, si è riusciti a 'salvare' soltanto una porzione di territorio ricadente nei confini del Comune di Tione degli Abruzzi; con deliberazione del 28 ottobre scorso, infatti, l'amministrazione guidata dalla sindaca Stefania Mariani ha chiesto e ottenuto dalla Regione di non ridurre il territorio protetto che insiste sui propri confini amministrativi, ritirando la delibera che era stata assunta dalla passata amministrazione. Altro non si è riusciti ad ottenere. 

Eppure, si era aperto un tavolo di confronto in Regione: le associazioni ambientaliste avevano portato all'attenzione dell'esecutivo un dettagliato piano di rilancio del Parco che prevedeva, tra l'altro, l'uscita dal commissariamento e la nomina di figure apicali di alto profilo culturale, espressione del mondo accademico, della ricerca scientifica, con conoscenza e competenza nel campo della conservazione della natura; l'approvazione del Piano del Parco, strumento fondamentale per intervenire sul territorio anche con azioni di promozione e incentivazione; l'individuazione e l'istituzione delle "aree contigue" allo scopo di dare un segnale ai cacciatori residenti nell'area, riconoscendo la loro presenza storica e il loro ruolo nelle montagne marsicane, peligne e vestine.

D'altra parte, l'area protetta non è mai stata messa nelle condizioni di poter funzionare per responsabilità della stessa Regione che, oggi, per risolvere i problemi e dare un "contentino" ad alcuni sindaci della valle Subequana che, è stato ribadito, sono rappresentanti delle istanze dei cittadini, ha deciso di tagliare di nuovo migliaia di ettari di Parco, come era già accaduto nel 1998, nel 2000 e nel 2011, col solo risultato di produrre un perimetro poco funzionale alla continuità ambientale.

E la situazione peggiorerà con l'approvazione del progetto di legge licenziato dalla Commissione, considerato che non c'è alcuno studio scientifico alla base della riperimetrazione, soltanto la volontà di alcuni sindaci che hanno tracciato una linea sulla cartina dell'area protetta.

Qui sta il punto.

Detto che si sarebbe potuto organizzare un referendum nei comuni ricadenti nel Parco per capire se davvero i cittadini residenti sono a favore della riperimetrazione che, sia chiaro, riguarda l'intero territorio progetto e non le presunte necessità dei singoli comuni considerato che il Parco è un patrimonio unico, oltre i confini amministrativi, e come tale andrebbe trattato, e se pure fosse vero, d'altra parte, che i sindaci 'riperimetratori' stanno portando avanti le istanze delle loro comunità, ebbene si dovrebbe avere il coraggio di uscire dal Parco. 

Al contrario, i Comuni che hanno deciso la riperimetrazione manterranno comunque una piccola porzione di territorio in seno all'area protetta, così da non perdere i finanziamenti e le opportunità che, evidentemente, si riconosce possano derivare dallo stare nella comunità di quel Parco da cui i cittadini, si dice, "vogliono scappare". 

Un modo maldestro, in realtà, per dare risposta ad altre esigenze, magari quelle dei cacciatori, una lobby fortissima, ed in particolare in Valle Subequana.

Ecco il motivo per cui la Regione non dovrebbe consentire ai comuni di riperimetrare il territorio mantenendosi nel Parco o, almeno, dovrebbe imporre dei limiti, stabilendo che per beneficiare dei vantaggi offerti dall'area protetta si dovrebbe mantenere almeno una percentuale di territorio tutelato entro i confini amministrativi. Altrimenti, si tratta davvero di una presa in giro. 

E c'è di più: l'auspicio, dettato dal buon senso, è che i sindaci riperimetratori non siedano negli organismi direttivi del Parco. Ad ogni scelta, d'altra parte, dovrebbe corrispondere una assunzione di responsabilità, in particolare per chi riveste un ruolo di rappresentanza. 

Ultima modifica il Lunedì, 17 Maggio 2021 19:02

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