"Il centro storico di Navelli è agonizzante. All’alba di ieri un ennesimo crollo ha interessato un edificio da anni abbandonato e pericolante nella parte più degradata del borgo antico".
A denunciarlo è Gaetano Cantalini, capogruppo di 'Svolta Democratica' in assise consiliare. "Un altro pezzo di storia che si è dissolto nel nulla per incuria e colpevole dimenticanza di chi nei decenni passati avrebbe dovuto garantire non solo la conservazione della memoria collettiva ma anche la pubblica incolumità. Un altro edificio svanito per sempre mentre molti altri si incamminano sulla stessa strada, essendo avviluppati in un degrado che ha raggiunto ormai livelli elevati, e tutto ciò nella totale indifferenza delle istituzioni verso un patrimonio di così inestimabile valore che potrebbe ancora rappresentare un vero e proprio volano di sviluppo non soltanto del paese ma dell’intero territorio circostante. E, invece, oltre le chiacchiere di politici ed amministratori, si rilevano solo incuria ed abbandono".
Navelli è uno dei simboli del pericolo che corre il nostro territorio. Già nel 2008 tra 'I Borghi più belli d'Italia', "senza tuttavia possedere tutti i requisiti necessari, specialmente in termini di integrità del tessuto urbano e di servizi al cittadino" ricorda Cantalini, è un gioiello incastonato su di un altopiano dalla bellezza che toglie il fiato. Eppure, il centro storico soffre dell'incuria di una politica che fatica a capire come la bellezza dei nostri borghi possa essere risposta credibile e sostenibile alla drammatica crisi economica e sociale.
"Altro che progetti di recupero e di valorizzazione del centro storico, come quello presentato alla cittadinanza in pompa magna nel 2002, quando era governatore della Regione Abruzzo l’on. Giovanni Pace, navellese d’adozione, e mai attuato", sottolinea Cantalini. "Altro che piano di ricostruzione, redatto dal Comune in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma a seguito del sisma del 2009, dove l’edificio crollato risulta classificato dai tecnici della stessa Università di categoria “E” mentre altri edifici contigui, facenti parte di un isolato da anni quasi interamente fatiscente, sono stati valutati addirittura inagibili di categoria “B”, ovvero agibili con provvedimenti di pronto intervento. Ora il tempo, che sappiamo scorrere inesorabile, secondo dopo secondo, presenta il conto fatto, purtroppo, di crolli e tanta ma tanta amarezza".
Anche se quelle di Cantalini non sono critiche rivolte direttamente ai Piani di ricostruzione, è giunto forse il momento di riflettere sulla loro reale efficacia. Giacché è innegabile che proprio la lunga e problematica stesura dei Piani sia stato uno dei fattori che hanno rallentato l'avvio dei lavori nei centri minori colpiti dal terremoto.
L'approvazione dei Piani, è bene ricordarlo, è obbligatoria per legge. A cinque anni dal terremoto, dei 55 Comuni del Cratere, quelli con il PdR già sottoposto a protocollo d'intesa sono 33, mentre quelli con PdR adottato ma ancora in attesa della "bollinatura" dell'Usrc sono 13. In altri 9 Comuni, infine, il PdR è stato solo predisposto ma non ancora adottato.
I Piani non contengono solo direttive riguardanti il recupero edilizio degli edifici inagibili ma sono veri e propri strumenti di programmazione urbanistica e socio-economica. Anche se il loro obiettivo primario rimane sempre quello di riportare nel più breve tempo possibile il maggior numero di cittadini nelle proprie abitazioni.
Ma, affermano i critici (tra cui il Cnr), per ottenere quest'ultimo risultato (ridare cioè un tetto agli sfollati) sarebbe bastata, per la maggior parte dei Comuni del Cratere, la normativa già esistente. I Pdr, al contrario, sono strumenti dotati di utilità ed efficacia solo per quei paesi che il terremoto ha spazzato via, quelli dove è crollato tutto e non è rimasto più nulla. Gli esempi: Onna, Tempera, S. Gregorio, Villa S. Angelo.
Nei borghi in cui i danni, pur gravi, sono stati più contenuti e soprattutto più localizzati, limitati a piccole porzioni di abitato storico, si sarebbe potuto procedere più speditamente con le leggi e le procedure ordinarie.
I Pdr, con tutto il loro carico di complessità e con tutte le lungaggini che la loro approvazione comporta, sono diventati ben presto una zavorra che ha rallentato o impedito l'avvio dei cantieri. Per questo c'è chi sostiene che siano stati un artificio escogitato a suo tempo dal Governo e dalle varie strutture commissariali per tenere in stand-by la ricostruzione in assenza di risorse. Tant'è che, ad oggi, per i Piani approvati ancora non è stato stanziato un euro.
Non solo. Sui Piani di ricostruzione (costati centinaia di migliaia di euro) si è scatenato anche un contenzioso tra gli Ordini professionali e i Comuni, per via del fatto che la predisposizione di molti Pdr è stata affidata con procedura diretta (dunque senza gara) alle università. E poche settimane fa una sentenza del Tar (recependo un pronucniamento della Corte di giustizia europea) ha dato ragione agli ingegneri, stabilendo non solo un risarcimento in denaro in favore di questi ultimi ma anche l'annullamento degli incarichi affidati agli atenei.