Giovedì, 22 Luglio 2021 01:10

Acquifero Gran Sasso, finita la fase delle ispezioni all'interno del traforo

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La messa in sicurezza del bacino idrico del Gran Sasso è a un punto di svolta.

La fase delle ispezioni ipogee all’interno delle gallerie del traforo, propedeutica alla redazione del progetto, è terminata. A fine anno sarà presentato lo studio di fattibilità che detterà tempi, costi e tipologia di intervento,  per “un’opera” afferma il commissario straordinario Corrado Gisonni “che non ha precedenti né eguali nel mondo”

L’annuncio è stato dato dallo stesso Gisonni e dal presidente della Regione Marco Marsilio, nel corso di un convegno, svoltosi ieri nell’aula magna del Gran Sasso Science Institute, nel quale sono stati sono mostrati i risultati delle ispezioni e delle ricognizioni sotterranee propedeutiche alla redazione del progetto, effettuate dall’insediamento della struttura commissariale (novembre 2019) a oggi.

All’incontro erano presenti anche il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, la senatrice del Movimento 5 Stelle Gabriella Di Girolamo, l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e il commissario per la messa in sicurezza di A24 e A25 Maurizio Gentile.

La prima notizia del giorno è la firma di un protocollo d’intesa tra i due commissari, che permetterà alle rispettive strutture di collaborare e integrare competenze e risorse.

La messa in sicurezza dell’autostrada prevede l’adeguamento sismico di viadotti e gallerie e tra i tunnel sui quali si dovrà intervenire ci sono anche le due canne del traforo. I due progetti, pertanto, dovranno viaggiare contemporaneamente.

L’accordo, ha spiegato Gisonni, “consentirà di ottimizzare sia i tempi che le risorse. Lavoreremo a stretto contatto perché determinate operazioni siano fatte una sola volta, in modo da non dover scavare e richiudere più volte e anche da minimizzare anche i disagi per i cittadini, che inevitabilmente ci saranno”.

Per conoscere la durata dell’intervento e soprattutto i costi, bisognerà attendere, come detto, lo studio di fattibilità. “Senza un progetto degno di questo nome, fare previsioni sui costi e sulla durata dei cantieri è come giocare a dadi” ha detto Gisonni, che però ha anche spiegato come siano da considerarsi superati i due studi di fattibilità fatti finora, quello della Regione, che aveva calcolato lavori per 120 milioni di euro, e quello congiunto presentato da Ersi (Ente regionale servizio idrico), Strada dei Parchi e Istituto nazionale di fisica nucleare, che aveva stimato invece un quadro economico da oltre 170 milioni di euro.

Entrambi hanno un problema di fondo, essere stati concepiti prima che si procedesse a ispezionare i tubi e le condotte che corrono sotto le gallerie e che riforniscono sia l’acquedotto aquilano che quello teramano. In un certo senso, è come se fossero stati fatti “al buio”, perché le canalizzazioni sotterranee erano state tombate 40 anni fa, subito dopo la fine dei lavori di costruzione del traforo, e da allora non erano mai più state ispezionate. E anche la documentazione progettuale esistente era molto limitata.

Il lavoro fatto dalla struttura commissariale in quest’anno e mezzo di attività (Gisonni si è insediato nel novembre 2019 e recentemente è stato prorogato fino al dicembre 2023) è consistito proprio nel mappare questa rete ipogea. Attraverso delle sonde montate su robot comandati da remoto, i tecnici sono riusciti a “entrare” nei tubi e nelle condotte e a riprodurre su computer, attraverso programmi e tecnologie di modeling, il sistema dell’acquifero, in modo da avere delle simulazioni che saranno usate non solo per progettare gli interventi di messa in sicurezza ma anche per gestire l’infrastruttura una volta conclusi i lavori.   

Gisonni ha spiegato che, per comprimere i tempi di realizzazione del progetto, dovranno giocoforza essere introdotte delle deroghe rispetto alla normativa vigente in materia di opere pubbliche: “In una situazione di emergenza come questa, è impensabile applicare pedissequamente le leggi sugli appalti e sulla tutela ambientale”.

Anche per questo, ha osservato il commissario, la cui struttura è stata prorogata fino alla fine del 2023, è necessario che l’intervento sull’acquifero del Gran Sasso venga inserito nel novero delle opere di interesse nazionale: “Parliamo di un’infrastruttura dichiarata dallo Stato di interesse strategico per finalità di protezione civile e di un intervento che non ha precedenti. Nel mondo non ci sono operazioni nemmeno vagamente assimilabili a questa”.

Ultima modifica il Giovedì, 22 Luglio 2021 13:46

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