Il Tar ha annullato parzialmente l'atto amministrativo con cui il Comune dell'Aquila aveva imposto la demolizione del complesso del Movimento celestiniano, situato nei pressi di piazza d'Armi, accogliendo dunque il ricorso di Fraterna Tau, la onlus che gestisce la struttura.
Di fatto, il complesso è salvo: andranno rimossi solo alcuni container presenti nell'area, che sono adibiti, però, ad attività non collegate a quelle del Movimento celestiniano.
Della vicenda ci siamo occupati diffusamente.
Nella città che ha fatto della provvisorietà una triste consuetudine, in un periodo in cui si è tornati a discutere delle così dette 'casette' post sisma, quelle realizzate a valle della delibera 58, con l'avvio in Regione di un tortuoso percorso che potrebbe portare, col tempo, ad una sorta di 'sanatoria', almeno per i manufatti costruiti rispettando i limiti imposti dalla norma, circa un migliaio sui 5mila che insistono sul territorio, il dirigente del settore rigenerazione Urbana e Mobilità del Comune, l'avvocato Domenico de Nardis, ha pensato bene di ordinare la rimozione del complesso che, nel tempo, è diventato un punto di riferimento essenziale per l’assistenza e la protezione offerta a migliaia di persone in difficoltà.
Stando al dirigente, il centro della Fraterna Tau non aveva più i requisiti per continuare a esistere, essendo nel frattempo scaduti i termini della concessione in comodato d’uso gratuito dei terreni fatta a suo tempo dal Comune e non essendo state portate a termine le procedure per trasformare da temporanei a definitivi gli edifici che compongono il complesso.
Ora, era parso davvero incredibile che in un momento difficile come quello che stiamo vivendo, con la pandemia che ha reso ancor più evidenti le nuove povertà che la città dell'Aquila, e la sua amministrazione, fingono di non vedere, si fosse deciso di prendere di mira proprio Fraterna Tau.
Tanto che la questione è divenuta un vero e proprio caso politico, con Paolo Giorgi, fondatore e presidente dell'associazione, che, annunciando la volontà di impugnare la decisione, si era chiesto, giustamente, a chi fosse convenuto alzare un polverone proprio mentre erano in corso, e avviate da mesi, le trattative tra l’amministrazione comunale e la stessa associazione per tentare di trovare una soluzione alla scadenza del contratto del comodato d’uso gratuito dei terreni.
Fausto Corti, l'avvocato che ha curato i ricorsi, carte alla mano, aveva parlato di “stranezze” in merito al timing con cui la notizia dell'ordinanza di demolizione era divenuta di dominio pubblico e anche a proposito della velocità con cui il Comune si è mosso, a seguito, peraltro, di un esposto anonimo presentato la scorsa primavera, in pieno lockdown.
Sta di fatto che il Tar ha annullato l'atto amministrativo: dunque, fino a quando le associazioni che gestiscono la struttura non potranno rientrare nella sede pre-sisma, sono legittimate a stare a piazza d'Armi.
Con buona pace di chi si era opposto.