Lunedì, 22 Novembre 2021 10:29

Asl 1, aria di burrasca: ecco i dossier spinosi sul tavolo del manager Romano

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Sta facendo parecchio discutere una delibera, la numero 1846 del 16 novembre scorso, firmata dal manager della Asl 1 Ferdinando Romano; ad oggetto, il conferimento di un incarico di collaborazione coordinata e continuativa ad un medico laureato abilitato “per le straordinarie esigenze assistenziali connesse all’emergenza covid”.

Il direttore generale ha deciso di avvalersi di un collaboratore che svolga funzioni di raccordo con il Dipartimento di prevenzione “al fine di potenziare l’attività di coordinamento della Direzione sanitaria aziendale”; la scelta è ricaduta su Edoardo Trebbi, medico laureato abilitato.

Una decisione che ha fatto storcere il naso a molti, considerato che da mesi vengono denunciate carenze di personale nei reparti che rendono difficile il lavoro di medici, infermieri e oss, costretti a turni massacranti per garantire il diritto alla salute nel pieno della pandemia.

D’altra parte, il clima in azienda è piuttosto teso: sulla scrivania di Romano ci sono diversi dossier spinosi.

Il primo riguarda il direttore sanitario Alfonso Mascitelli: a quanto si apprende, al manager sarebbe arrivata la richiesta di valutare l’annullamento in autotutela della deliberazione di nomina poiché violerebbe il D. Lgs 39/2013 che stabilisce l’inconferibilità degli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle Asl a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano esercitato la funzione di amministratore d’ente pubblico con funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario nazionale. Ebbene Mascitelli, nominato il 17 febbraio scorso dall’ex manager Roberto Testa, fino al 14 settembre 2020 aveva ricoperto l’incarico di Direttore dell’Agenzia sanitaria regionale svolgendo proprio funzioni di controllo e vigilanza.

Non solo.

Sarebbe stata contestata anche la nomina della dott.ssa Emanuela Modestini, già direttore della UOC ‘Direzione amministrativa dei presidi ospedalieri e dei Dipartimenti di Salute mentale e prevenzione’, a direttore dell’Unità operativa complessa ‘Personale’, decisa da Testa il 1° maggio scorso per la durata di 9 mesi in sostituzione del dirigente titolare assente. Il motivo è presto detto: l’incarico sarebbe stato conferito senza il rispetto della par condicio tra i dirigenti appartenenti al Dipartimento amministrativo aziendale e senza il rispetto della dovuta trasparenza, non avendo il Direttore generale instaurato alcun contraddittorio con i dirigenti che potevano aspirare all’incarico.

Il caso più delicato, però, è quello del direttore amministrativo Stefano Di Rocco.

NewsTown ha potuto apprendere che, nel luglio scorso, è stata presentata una richiesta di accesso agli atti del fascicolo personale di Di Rocco riguardanti la sua assunzione in Asl; ebbene, dalla documentazione acquisita risulterebbe che “non sussistono elementi per ritenere esistente una valida qualifica dirigenziale in capo a Di Rocco”. Un atto d’accusa pesantissimo.

Per questo è stato presentato un ricorso che, stando alle informazioni in nostro possesso, è stato notificato al manager Romano.

Ma andiamo con ordine.

Di Rocco è approdato in Asl nel novembre 2011, a seguito di mobilità, proveniente dalla Comunità Montana Valle Roveto, ente in cui rivestiva, dal 26 ottobre 1987, la qualifica di dirigente. Sorvolando sul fatto che la richiesta di trasferimento definitivo nell’organico Asl del dottor Di Rocco è stata firmata dallo stesso Di Rocco nella sua veste di dirigente della Comunità montana, ciò che viene contestato è proprio la presunta mancata acquisizione della qualifica di dirigente amministrativo.

In sostanza, Di Rocco è risultato vincitore di concorso da segretario-direttore VIII° livello nell’ottobre 1987; meno di due mesi dopo, la Comunità Montana - con delibera della Giunta esecutiva – si è riclassificata tra gli enti di tipo 2 (così come previsto all’art. 2 del D.P.R. 347/1983) e, con lo stesso provvedimento, si sono inquadrate le figure apicali nella 1^ qualifica dirigenziale, rimandando però a successivi atti l’applicazione del suddetto inquadramento. Con Delibera del giugno 1988, poi, Di Rocco è stato confermato in ruolo dopo il periodo di prova e inquadrato con la 1^ qualifica dirigenziale.

Qui sta il punto.

Con la Delibera del giugno 1988, la Comunità Montana sarebbe incorsa nell’errore – ciò almeno si sostiene nel ricorso – di ritenere che l’inquadramento fosse stato attuato da un provvedimento espresso; al contrario, risulta che la delibera del dicembre 1987 non abbia effettuato un nuovo inquadramento delle figure apicali ma si sia limitata a riclassificare l’Ente Comunità montana da tipo 3 a tipo 2 e, per l’effetto, a prevedere che la figura apicale venisse ricoperta dalla qualifica dirigenziale, rimandando l’applicazione a successivi atti che sarebbero dovuti consistere nella modifica della pianta organica e nell’espletamento di un concorso pubblico da dirigente.

Ciò non sarebbe avvenuto.

D’altra parte, per accedere ai profili professionali della prima qualifica dirigenziale, sia dall’interno che dall’esterno, occorre il possesso del titolo di laurea ed una esperienza di servizio di almeno 5 anni acquisita presso pubbliche amministrazioni o enti di diritto pubblico, aziende pubbliche e private, in posizioni di lavoro corrispondenti, per contenuti, alle funzioni della qualifica funzionale immediatamente inferiore al posto messo a concorso. E l’accesso ai profili professionali della seconda qualifica dirigenziale può avvenire esclusivamente a mezzo concorso riservato ai dipendenti degli Enti locali appartenenti alla prima qualifica con una anzianità minima di 5 anni e in possesso del diploma di laurea.

Insomma, Di Rocco avrebbe dovuto superare una pubblica procedura concorsuale a cui poteva essere ammesso solo dopo aver maturato un’esperienza professionale di 5 anni nella VIII qualifica funzionale. Per questo, il rapporto di lavoro nella qualifica di dirigente con la Asl 1 sarebbe da considerarsi nullo per violazione di legge.

Di qui, le ragioni del ricorso.

In realtà, la vicenda era stata già sollevata dal deputato Luigi D’Eramo, segretario regionale della Lega, nel febbraio scorso; leggiamo da un comunicato diffuso alla stampa:

Tra i tanti dossier che la Lega sta vagliando, vi è anche quello relativo al dottor Di Rocco, attuale dirigente amministrativo aziendale. Da quanto emerge, infatti, Di Rocco è approdato all'Asl nel 2011, a seguito di mobilità, proveniente dalla Comunità Montana Valle Roveto, ente in cui, dal 26 ottobre del 1987, aveva la stessa qualifica. Essendosi laureato nel 1985, appare evidente che dopo soli due anni non avrebbe potuto acquisire la qualifica di dirigente perché, in forza dell’ordinamento giuridico vigente, anche nel periodo di riferimento, per poter accedere al concorso per dirigente è richiesto l’aver svolto il servizio nella qualifica immediatamente inferiore (funzionario amministrativo) per almeno cinque anni. Dal curriculum non emerge né l’avvenuto superamento di un pubblico concorso per funzionario né il superamento del pubblico concorso per l’accesso alla dirigenza e benché mai l’avvenuto svolgimento delle mansioni nel ruolo di funzionario per almeno un quinquennio. Dunque emerge dal curriculum stesso che il dottor Di Rocco non poteva aver acquisito la qualifica di dirigente amministrativo in due anni; se così è all’epoca non dirigente, non può esserlo in Asl e sarebbe nullo il rapporto in corso”.

Chiarimenti non sono mai arrivati. Così come è calato il silenzio sul fatto che l’allora manager Testa avesse accentrato molteplici incarichi dirigenziali in capo a Di Rocco, di cui lo stesso si è ‘spogliato’ dopo aver ricevuto la nomina di Direttore amministrativo nell’aprile 2021 (fino a quel momento era facente funzione).

Di Rocco è stato, appunto, Direttore amministrativo facente funzione dal settembre 2019, Direttore del Dipartimento amministrativo dal marzo 2020, Direttore della UOC Affari generali e legali dal febbraio 2017 (incarico che non avrebbe potuto ricoprire – ci è stato spiegato - non essendo un avvocato iscritto nell’elenco speciale), Direttore della UOC Beni e servizi, Direttore della UOC Personale, Presidente della Commissione di disciplina aziendale dal giugno 2020; ciò ha determinato – si sottolinea in ambienti Asl – “una grave illegittimità” poiché Di Rocco “ha svolto la funzione di controllato e di controllore, dal momento che come Direttore di UOC e Capo Dipartimento ha proposto al Direttore generale le deliberazioni aziendali su cui, nella qualità di Direttore amministrativo, ha apposto il visto di legittimità” svolgendo funzioni “tra esse incompatibili”.

Tra l’altro, Di Rocco ha proposto come suo 'sostituto universale' il dottor Pierpaolo Falchi a cui il precedente manager Testa ha conferito tutti gli incarichi che facevano capo al Direttore amministrativo.

E a proposito di Falchi, l’incarico di Direttore del Dipartimento amministrativo aveva durata fino al 30 giugno 2021 e non risulterebbe prorogato; infatti, la Deliberazione che ne aveva disposto la proroga è stata sospesa con Deliberazione n. 1179 del luglio scorso. Eppure il dottor Falchi – ci è stato confermato – continuerebbe a percepire l’emolumento economico da direttore di dipartimento.

Una situazione potenzialmente esplosiva.

 

Ultima modifica il Martedì, 23 Novembre 2021 12:17

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