Nel 2021, in Italia, 301 operatori dell’informazione (giornalisti, blogger, fotoreporter, video cronisti) sono stati vittime di minacce. Lo indicano i risultati dell’analisi condotta dall’osservatorio non governativo Ossigeno per l’Informazione, che dal 2006 monitora gli episodi intimidatori nei confronti dei giornalisti.
In Italia, come emerge dalla classificazione delle intimidazioni, gli abusi del diritto rappresentano la forma più diffusa e incontrastata di limitazione della libertà di stampa. Nel 48% dei casi, infatti, le minacce sono arrivate sotto forma di ‘querele pretestuose’, un terzo delle quali realizzato attraverso citazioni per danni considerate strumentali e un abuso delle norme sulla diffamazione.
Questa “censura mascherata”, viene sottolineato nel report, “è volta a impedire la circolazione di notizie rilevanti, in particolare le informazioni sgradite al potere, le segnalazioni di comportamenti negativi di personaggi pubblici, le rivelazioni di scandali per corruzione o altri affari sporchi”.
Si tratta di un fenomeno che, oltre a colpire il diritto all’informazione, non è oggetto dell’attenzione da parte dei media e delle autorità, con conseguenze che vanno dall’isolamento delle vittime a forme sempre più frequenti di autocensura.
“A rendere deboli le vittime - si legge - contribuiscono le carenze legislative, le retribuzioni estremamente esigue, la mancanza di responsabilità dell’editore per le spese legali relative a processi nati dalla pubblicazione di articoli, la normativa penale sulla diffamazione che, fra l’altro, impedisce di risarcire i danni con una copertura assicurativa”.
Questi metodi di censura, che si diffondono in tutta Europa, creano un “moderno bavaglio, efficace quanto quelli tradizionali adottati nei sistemi autoritari”.
Ci sono poi le intimidazioni realizzate con aggressioni fisiche (16%), con iniziative non perseguibili che hanno ostacolato l’accesso alle informazioni (10%) con danneggiamenti (1%) e con avvertimenti (25%) arrivati per lo più tramite i social media ma anche attraverso insulti e minacce di morte.
Se si va oltre il dato numerico, si osserva come quello appena concluso è stato un anno segnato anche dalle violenze contro la stampa per questioni legate alla pandemia: il 10% dei casi totali hanno riguardato operatori e operatrici dell’informazione impegnati a seguire le manifestazioni contro l’introduzione del green pass o del vaccino, oppure che hanno documentato l’evolversi dell’emergenza. Minacce che hanno visto la mobilitazione di giornalisti e videomaker che lo scorso agosto a Roma scesero in piazza dopo l’ennesima aggressione ai danni del cronista di repubblica Francesco Giovannetti, colpito con diversi pugni da un collaboratore scolastico durante un presidio al Ministero dell’Istruzione.
Dal 2006, l’osservatorio ha documentato 4904 casi di minacce ai danni di giornalisti. Nell’ultimo anno il numero dei minacciati è inferiore rispetto a quelli registrati nel 2020 (495) e nel 2019 (472). Ma si tratta di un dato probabilmente sottostimato, per via delle minori risorse che l’istituto ha avuto a disposizione. Tutto il lavoro, nonostante il carattere di interesse pubblico, è infatti svolto grazie a volontari e donazioni.
“Paragonando il fenomeno delle minacce ai contagi dovuti alla pandemia - scrive l’osservatorio - possiamo dire che per il 2021 Ossigeno per l’Informazione segnala meno “contagiati” perché è stato in grado di fare e di processare molti meno “tamponi”.
Le minacce a giornalisti e operatori dell’informazioni restano dunque un’emergenza di fronte alla quale è necessario “alzare la guardia in tutta Europa, aprire gli occhi e potenziare lo sguardo, dotandosi di strumenti di osservazione acuti e penetranti”.