È previsto tra pochi giorni, precisamente il 30 maggio prossimo, l’inizio dell’esame del disegno di legge Concorrenza in Commissione Industria al Senato.
A quasi undici anni di distanza, l’esito dei referendum abrogativi del 2011, dopo essere stato a lungo disatteso, rischia di subire un ulteriore duro colpo.
Con quei referendum, 26 milioni di italiani sancirono che sull’acqua non si sarebbe più potuto fare profitto: mentre in precedenza la tariffa era calcolata prevedendo la remunerazione per il capitale investito dal gestore, a seguito dell’approvazione del quesito referendario la tariffa deve tener conto esclusivamente della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito. Tra l’altro, il referendum del 2011 è solo una tappa di un percorso per la gestione pubblica dell’acqua, che parte dal 2007, con una proposta di legge di iniziativa popolare che aveva tra i suoi obiettivi la tutela della risorsa idrica e della sua qualità, la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e la gestione dello stesso mediante strumenti di democrazia partecipativa.
Nonostante sia stata depositato alla Camera un testo aggiornato della legge di iniziativa popolare, dopo i referendum del 2011, questa non ha mai visto la luce.
Tornando al ddl Concorrenza, "se questo venisse confermato nella sua attuale versione, con riferimento nello specifico all’articolo 6, si corre il rischio reale di una privatizzazione della gestione del servizio idrico" denunciano il segretario generale della Cgil dell'Aquila Francesco Marrelli e Roberto Moretti della segreteria regionale Filctem. "Diventerebbe quantomeno difficile mantenere in mano pubblica la gestione dei servizi locali, tra cui quello idrico, a causa di alcuni principi e criteri direttivi sul riordino dei servizi pubblici locali, tra cui la previsione “di una motivazione anticipata e qualificata, da parte dell’ente locale, per la scelta o la conferma del modello dell’autoproduzione ai fini di una efficiente gestione del servizio”, che dia conto delle ragioni che giustificano il mancato ricorso al mercato, anche in relazione ai risultati conseguiti nelle pregresse gestioni in house, obbligando, inoltre, gli enti locali a una revisione periodica di tali ragioni in relazione ai risultati conseguiti nella gestione corrente".
Il tutto aggravato da una serie di altri ostacoli che, con molta probabilità, avranno come conseguenza quella di scoraggiare la forma di gestione in house, privilegiando la cessione del servizio ai privati. "Tutto ciò avviene in un momento particolare per lo stato di salute delle attuali società di gestione del servizio idrico della Regione Abruzzo e della provincia aquilana, che soffre in modo particolare a causa, principalmente, della propria conformazione territoriale che richiede maggiori sforzi energetici per il sollevamento e la distribuzione dell’acqua", aggiungono Marrelli e Moretti. "Il problema dell’aumento dei costi energetici è noto e le conseguenze che questi possono avere sulla tenuta economico-finanziaria delle società di gestione è evidente, anche dopo quanto accaduto all’inizio di questo mese alla SACA SpA, che ha erogato ai propri dipendenti solo un acconto sullo stipendio del mese di aprile. Inoltre, nel ragionamento complessivo è d’obbligo tener conto anche della riorganizzazione della gestione del servizio idrico integrato regionale, per cui è stato determinato l’affidamento di uno studio con l’obiettivo di valutare soluzioni tecnico organizzative per far confluire l’attuale assetto verso una gestione unitaria del sistema idrico".
Quello che si vorrebbe escludere è che il combinato disposto del ddl Concorrenza, da un lato, e della situazione di sofferenza economica delle attuali società di gestione insieme alla riorganizzazione in atto, dall’altro, sia il pretesto per idee di privatizzazione o di ingresso di soci privati nella eventuale società unica regionale. "A tal proposito, leggiamo con favore l’istituzione, da parte del Consiglio Regionale, della Commissione d’inchiesta dedicata al tema idrico, purché sia un luogo utile anche al dibattito sugli interventi che la Regione intende dedicare al sistema idrico integrato, a partire dalla centralità di un modello di gestione pubblica. Oggi è necessario che anche i Sindaci dei comuni della provincia aquilana, in qualità di soci di Consorzio Acquedottistico Marsicano, Gran Sasso Acqua e Servizi Ambientali Centro Abruzzo, partecipino alla discussione sul futuro dell’acqua in questi territori. Già, relativamente alla SACA, abbiamo chiesto la convocazione dell’Assemblea dei soci alla presenza delle parti sociali. La nostra intenzione è, nelle prossime settimane, quella di aprire un dibattito su tutti i territori della nostra provincia che metta al centro la gestione pubblica efficace ed efficiente di un servizio primario ed essenziale come è quello idrico. Restiamo convinti, come lo eravamo nella battaglia referendaria del 2011, dell’importanza del miglioramento della gestione pubblica di un servizio che non può rispondere a logiche esclusivamente economiche. È chiaro che logiche di profitto avrebbero come rischi principali quello di un aumento delle tariffe a carico degli utenti, di una diminuzione della qualità del servizio e di una decrescita occupazionale e retributiva".