Martedì, 14 Ottobre 2014 02:11

Cese di Preturo. Quando il terremoto lo fa il Progetto Case

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Di Roberto Ciuffini e Alessandro Tettamanti - "29 settembre 1936, nasce un grande uomo. 29 settembre 2009, grazie Silvio!".

Non sventolano più, dalle finestre delle "case di Berlusconi", i tricolori e gli striscioni con le scritte inneggianti al Cavaliere taumaturgo che sfamava gli sfollati e dava loro un tetto nuovo di zecca in tempi record.

"Un altro sisma ci ha colpito, ora dove andrò?" è quel che si legge oggi su un lenzuolo appeso alla ringhiera di uno dei balconi posti sotto sequestro.

Dopo l'ordinanza di sgombero della piastra 19 di via Gianmaria Volontè firmata da Cialente due giorni fa, sono in molti a porsi questa domanda.

La maggior parte delle famiglie che vivevano nello stabile oggetto del provvedimento del sindaco è già andata via. Su venti appartamenti, quelli ancora abitati sono quattro. Gli inquilini rimasti hanno ancora dieci giorni di tempo per impacchettare tutto e trasferisi nei nuovi alloggi assegnati loro dal Comune.

Qualcuno ci fa notare come la stessa amministrazione non abbia previsto nessuna forma di aiuto logistico, risarcimento o indennizzo per rendere meno disagevoli i traslochi. Ogni nucleo dovrà arrangiarsi per conto proprio. Le famiglie dovranno sobbarcarsi anche le spese per l'allaccio delle utenze nei nuovi appartamenti.

In seguito all'alluvione di venerdì scorso, il sindaco di Genova ha deciso di sospendere il pagamento di tutte le tasse municipali (Tari, Tasi, Imu). Un atto doveroso che forse andrebbe applicato anche agli assegnatari degli appartamenti Case che si stanno rivelando inutilizzabili perché in rovina.

Anche se finora gli sgomberi hanno riguardato uno solo degli edifici finiti sotto la lente di ingrandimento della magistratura, gli abitanti delle altre piastre non sono per niente tranquilli: sanno bene che, prima o poi, di ordinanze di evacuazione ne arriveranno altre.

Nell'attesa, c'è chi si porta avanti col lavoro. Maurizio ha una moglie e due figli piccoli. Vive in un appartamento della piastra numero 20, di fronte la palazzina evacuata, e ha già iniziato a imballare gli scatoloni. "Mi avvantaggio, tanto è solo questione di tempo e dovremo andarcene anche noi" dice. Ci fa vedere il suo balcone puntellato. "Quando gli operai sono venuti a fare le ispezioni e hanno tolto la guaina che rivestiva il legno, è venuta giù una cascata d'acqua”.

Cinque anni dopo, quello che venne salutato come il miracolo del nuovo millennio è ridotto a un colabrodo. Altro che edifici di “durevole utilizzo”  - come vennero definite dalla stessa Protezione civile – queste Case sono già delle catapecchie: fatiscenti all'esterno, bacate all'interno, come mele marce.

E non ci sono solo i balconi. C'è chi denuncia vizi strutturali ben più gravi, come ad esempio i solai che hanno iniziato a mostrare preoccupanti segni di cedimento. "Da quando siamo arrivati - cinque anni fa - a oggi, le fughe delle piastrelle sono saltate tutte" racconta sempre Maurizio. "Il pavimento traballa, basta camminare e trema tutto".

Perdite d'acqua, allagamenti, pavimenti sconnessi, infiltrazioni di umidità, ascensori che si bloccano almeno una volta al mese. Piastra dopo piastra, appartamento dopo appartamento, il rosario delle proteste e dei problemi è sempre lo stesso.

Pesa, naturalmente, una manutenzione che in questi anni è stata a dir poco carente. Alle segnalazioni e alle richieste di intervento da parte dei cittadini (solo nel 2013, fanno sapere dal settore Ricostruzione e Patrimonio del Comune, tra Case e map ne sono arrivate più di mille e cinquecento) si sono date risposte intempestive o inefficaci.

Il problema sono sempre i soldi. Il Comune sostiene di non averne a sufficienza e di non incassarne abbastanza dai canoni di compartecipazione per assicurare un servizio di manutenzione costante e capillare. Cosa che, in parte, corrisponde al vero. Ma il problema è anche il modo in cui le poche risorse che ci sono vengono allocate. A due passi dall'insediamento Case di Cese c'è l'aeroporto di Preturo, sul quale l'amministrazone ha buttato 600mila euro per ritrovarsi, alla fine, con un pugno di mosche. Non sarebbe stato meglio spendere quei soldi per mettere qualche pezza lì dove ce n'era più bisogno?

Il sindaco Cialente, in una lettera resa pubblica ieri, ha chiesto aiuto a Gabrielli: “Le Case le ha volute e le ha realizzate la Protezione civile, ora dovete darci una mano”. “Sono problemi che non ci riguardano più” la risposta data dall'ex prefetto dell'Aquila. Alla faccia della solidarietà istituzionale.

Più passa il tempo più il progetto Case si sta mostrando una scelta sconsiderata - sia dal punto di vista urbanistico che economico - una speculazione miliardaria dimostratasi redditizia solo per poche decine di ditte non aquilane ma che in compenso porterà il Comune verso un sicuro dissesto finanziario.


 

Ultima modifica il Mercoledì, 15 Ottobre 2014 03:06

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