Accord Phoenix, tempo scaduto.
Ieri, Fim-Fiom e Uilm hanno tenuto una assemblea con i lavoratori dell'ex polo elettronico per discutere del mancato insediamento della società, più volte annunciato ma non ancora operativo.
Invitati anche il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, il vice presidente della Giunta regionale Giovanni Lolli e la senatrice Stefania Pezzopane, referenti politici della Accord Phoenix che avrebbe dovuto riciclare materiali elettronici, assumendo 132 lavoratori dell'ex polo di Pile con un investimento di circa 35milioni di euro, di cui 11 frutto di un finanziamento proveniente dal 5% dei fondi per la ricostruzione destinati alle attività produttive.
A questo punto, però, il condizionale è più che d'obbligo. Cialente, Lolli e Pezzopane, infatti, non si sono presentati all'incontro, "per impegni pregressi" ha spiegato Clara Ciuca della Uilm, senza nascondere una certa irritazione. "Evidentemente, ci sono altre priorità". E, a due anni e tre mesi dai primi incontri con le istituzioni e i soci della Accord Phoenix, sindacati e lavoratori non hanno ancora uno straccio di carta tra le mani. Per alcuni lavoratori è già scaduta la mobilità, per gli altri scadrà in aprile.
"In questi mesi, abbiamo collaborato, abbiamo fatto quello che dovevamo. Ora basta. Il tempo è scaduto", ha incalzato Clara Ciuca. "L'ultimo incontro con i soci della Accord Phoenix risale, oramai, ad aprile dell'anno passato. Sembrava che a luglio la situazione si sarebbe sbloccata: al contrario, da allora si sono susseguiti una serie di problemi incomprensibili. E ci ritroviamo esattamente come due anni fa". Con un progetto che sta naufragando: supportato perché avrebbe potuto risolvere il dramma dei lavoratori dell'ex polo elettronico espulsi dal lavoro, oramai, anche la Accord Phoenix dovesse realmente insediarsi, si rischia che molte famiglie decidano di andare via dall'Aquila, per cercare lavoro altrove.
Dunque, la proposta avanzata da Alfredo Fegatelli della Fiom e accolta dall'assemblea: "Dobbiamo ricondurre tutto all'alveo della ufficialità. Fino ad oggi, c'è stato solo del chiacchiericcio. E' necessario aprire un tavolo dal Prefetto che dovrà convocare con urgenza le parti, per questioni di ordine pubblico: i soci dell'azienda, le istituzioni - e per quel che riguarda la Regione, non solo l'assessore alle attività produttive ma anche l'assessore al lavoro per capire se è possibile ottenere una mobilità in deroga anche se per un periodo limitato - e Invitalia che sta seguendo l'istruttoria per il finanziamento. Così, avremo un quadro più chiaro della vicenda e potremo agire di conseguenza".
Chiarezza e trasparenza ha chiesto anche Gino Mattuccilli della Fim-Cisl. "Andiamo avanti per sentito dire. Non ci sono più incontri ufficiali né con l'azienda né con le istituzioni. Per questo, ho scritto una mail a Francesco Baldarelli e a Ravi Shankar". E in effetti, l'imprenditore inglese di origini indiane ha risposto alla mail di Mattuccilli che ha dunque letto innanzi all'assemblea il contenuto della missiva ricevuta il 5 gennaio scorso. Tra la richiesta di mantenere l'assoluto riserbo sulla vicenda, con l'accusa alla stampa locale di sollevare dubbi che minerebbero la buona riuscita dell'operazione, e il rammarico per un progetto 'politicamente esposto', dimenticando forse che il consigliere delegato Francesco Baldarelli è politico di lunghissimo corso nel centrosinistra italiano, Ravi Shankar qualche notizia, in effetti, l'ha data.
Notizie preoccupanti. Al di là dei proclami sull'ingresso nel pacchetto societario di Deutsche Bank che avrebbe dovuto fornire ad Invitalia tutte le garanzie necessarie per l'erogazione del finanziamento da 11milioni di euro, tra le righe della lettera traspare che non c'è ancora alcuna certezza su possibili garanzie bancarie attestanti la solidità dell'investimento da 35milioni.
Eccolo dunque l'intoppo che tiene bloccata la pratica nei cassetti di Invitalia, oltre ai dubbi sull'assetto societario con l'ingresso della banca tedesca e l'uscita del discusso socio di minoranza Ademo Luigi Pezzoni, dati per avvenuti a dicembre e non ancora ratificati, però. "Invitalia - ha chiarito Gino Mattuccilli - non ha mai nascosto che dinanzi alla presentazione di tutte le carte per come sono state richieste, l'istruttoria potrebbe chiudersi in una settimana. E non è un caso che, in effetti, le pratiche portate avanti da Dompé e Sanofi Aventis, presentate contestualmente ad Accord Phoenix, abbiamo già avuto esito positivo. Oramai, non ci fidiamo più delle promesse: qual è il vero motivo che sta dietro all'impasse?".
Dubbi che si aggiungono ad altri dubbi, e che stanno tormentando i lavoratori dell'ex polo elettronico, in attesa di risposte da più di due anni. Che vorrebbero capire se sperare ancora nell'insediamento dell'azienda o se iniziare ad immagire un'altra vita, magari fuori dall'Aquila. "Ci sono precise responsabilità politiche, dietro l'operazione", ha ricordato un lavoratore. "Se il progetto Accord Phoenix dovesse fallire, ci sarebbero dei precisi responsabili. Non si può far finta di nulla, qui si sta giocando con la disperazione di centinaia di persone".
Dubbi su dubbi, dicevamo. Sull'effettivo assetto societario, sul piano industriale: "Dove andranno a prendere i materiali, e a chi intendono vendere il prodotto?", si è chiesto Alfredo Fegatelli già quando venne presentato il Piano Industriale. Non ha ancora avuto risposte. Tra l'altro, la Fiom avrebbe voluto organizzare un incontro, il 22 dicembre scorso, invitando esperti italiani nel campo dei RAE. "Abbiamo deciso di annullarlo, per evitare che qualche polemica potesse far saltare l'operazione con Invitalia. Avevamo avuto dei contatti, però: per esempio, con un imprenditore emiliano che si occupa dei RAE dal 1976, con una azienda primaria che conta 42 assunti".
Saranno gli stessi dubbi che nutrono gli istituti di credito?