Giovedì, 22 Gennaio 2015 15:24

D'Alfonso e la multa per eccesso di velocità: botta e risposta tra Febbo e D'Alessandro

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D'Alfonso e la multa per eccesso di velocità.

Sta assumendo i contorni di una vera e propria 'questione politica' la multa comminata al governatore Luciano D'Alfonso che, il 1 agosto 2014, è stato pizzicato dalla Stradale sulla A25 e ha ricevuto una multa per eccesso di velocità di ben 1405 euro (importo maggiorato, in quanto l'infrazione è stata commessa nel lasso di tempo tra le 22 e le 7, alle 6:40 del mattino per la precisione). Alla guida dell'auto sembra ci fosse il suo autista che stando a quanto stabilisce il Codice della strada rischierebbe anche una sospensione della patente.

A denunciarlo, il Presidente della Commissione di Vigilanza della Regione, il consigliere Mauro Febbo (Forza Italia) che ha inteso ricostruire la vicenda. "'Lucianovunque' ha ben pensato di presentare ricorso al Prefetto dell'Aquila che lo ha puntualmente rigettato ordinando il pagamento della sanzione, delle spese di notifica del verbale, del bollo di quietanza e delle spese di notifica dell'ordinanza", ha spiegato Febbo. "Non contento, il Presidente ha deciso di tentare il ricorso davanti al Giudice di Pace competente e in autotutela dinanzi al Prefetto di L'Aquila; per questo in data 13/01/2015 la Giunta regionale, con Delibera n. 21, ha conferito a due legali dell'Avvocatura regionale l'incarico di tutelare gli interessi dell'Amministrazione regionale. E' praticamente impossibile che il Giudice di Pace possa accogliere l'istanza anche se presentata da 'Big Luciano' che dovrebbe sapere come non sia consentito viaggiare ad alte velocità per motivi 'istituzionali' ma anzi, visto l'alto incarico che ricopre dovrebbe tenere un comportamento più ligio".

Febbo ha dunque presentato una interrogazione urgente, ponendo quattro questioni: con quale macchina è stata commessa l’infrazione, da chi era condotta e a che velocità procedeva; i motivi che hanno indotto chi guidava l’auto a viaggiare oltre i limiti di velocità a quell’ora del mattino, considerando che fino alle 7.00 le infrazioni vengono elevate di un terzo; chi pagherà tutte le spese relative al ricorso e successivamente all’eventuale conferma della sanzione amministrativa; se l’Amministrazione regionale si farà carico di un eventuale rimborso a beneficio dell’autista nell’eventualità di una sospensiva della patente. "Si presume che alla guida del veicolo ci fosse l’autista del Presidente D’Alfonso che certamente, non in maniera autonoma, ha deciso di spingere il piede sull’acceleratore, consapevole di contravvenire alle più elementari norme del Codice della strada", ha ribadito il consigliere forzista. "In questo modo, però, non solo ha messo a repentaglio la sicurezza dei passeggeri trasportati, ma anche della circolazione stradale, senza nessun tipo di giustificazione ‘istituzionale’. E nella fattispecie la violazione dei limiti di velocità prevede la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da 1 a 3 mesi".

Pronta la replica del sottosegretario alla Presidenza della Giunta, Camillo D'Alessandro. "Il prefetto dell’Aquila - ha spiegato - ha rigettato il ricorso avverso la multa per eccesso di velocità comminata alla vettura di rappresentanza del presidente D’Alfonso alle ore 6.40 del 1° agosto 2014 sull’autostrada A-25 poiché la Polizia della Strada ha prodotto delle controdeduzioni sulla insussistenza dello stato di necessità. In realtà, ci troviamo di fronte ad una violazione posta in essere per garantire l’adempimento di un dovere istituzionale, ai sensi dell’articolo 4 della legge 689/81".

Quale dovere istituzionale avrebbe giustificato la violazione del codice della strada, alle 6:40 del mattino? "La necessità di partecipare a un riunione presso il ministero dello Sviluppo economico a Roma, prevista alle ore 8, per fare il punto con tutti i livelli istituzionali (il direttore generale del ministero dei Beni culturali e i Comuni) e poi discutere con il vice ministro Claudio De Vincenti del gasdotto della Snam che dovrebbe attraversare l’Abruzzo", ha chiarito D'Alessandro. Che ha aggiunto: "Questo verrà rappresentato nel ricorso che, come ogni cittadino, e quindi senza alcun privilegio, il presidente D’Alfonso presenterà al Giudice di pace di Avezzano, competente per territorio. In ogni caso - ha tenuto a ribadire il sottosegretario - qualora le sue ragioni non venissero riconosciute in sede di ricorso, legittimamente consentito ad ogni cittadino, si provvederà al pagamento dell’ammenda. Quanto al consigliere Febbo, per seguire il suo consiglio, il Presidente se la sarebbe potuta prendere comoda pernottando la sera prima in un albergo a Roma, cosa che notoriamente per la Regione ‘abruzzese’ ereditata non è consigliabile".

Evidente il riferimento alle note vicende che hanno coinvolto, a fine mandato, l'allora presidente Gianni Chiodi. Febbo ha giudicato la risposta di D'Alessandro inconsistente e inadeguata. "Ritengo inutile e davvero inopportuno giustificare un comportamento negativo e arrogante reso ancora più inqualificabile della carica ricoperta da D’Alfonso. Non ci si può nascondere dietro le ‘motivazioni istituzionali’ per giustificare una velocità spropositata tenuta dalla macchina del presidente in viaggio verso la Capitale". Secondo Febbo, "lo stesso prefetto dell’Aquila, nel rigettare il ricorso, ha già constatato che non sono documentate le circostanze di urgenza e indifferibilità (previste dal Codice della Strada solo per motivi di ordine pubblico e sanitario, ma con le dovute prescrizioni)".

Dunque, l'affondo: "Dal sottosegretario alla Presidenza, proprio in virtù del ruolo di primo piano, mi aspetterei un atteggiamento sobrio e coerente con la carica che ricopre e che alzi l’asticella del confronto, mentre la tiene a terra con risposte infantili (eufemismo). Nulla può giustificare la condotta tenuta da D’Alfonso, infatti è evidente che avrà chiesto (da datore di lavoro) al suo autista (dipendente) di commettere una irregolarità che lo stesso, per sudditanza, si è sentito obbligato ad accettare". Ma "l’accettazione, di commettere un ‘reato’, pone il dipendente nella condizione di subire sia rispetto al pericolo, che una velocità così elevata comporta per se stesso, per gli occupanti la macchina e altri soggetti in caso di incidente, sia per le sanzioni (non solo quella amministrative di ben 1.405,34 euro che comunque per un dipendente sono pari a una mensilità!) relative alla sospensione della patente per un autista". Che cosa dovrebbe fare quel dipendente durante i tre mesi?, si domanda Mauro Febbo. Resta a casa senza stipendio? "In tutto questo, c’è la gravità di un atto arrogante e supponente che non trova alcuna giustificazione. Così come non trova giustificazione il chiedere all’Avvocatura della Regione di presentare ricorso per un ‘ordine contro legge’ che vedrebbe altro danno per l’Amministrazione regionale, posto che gli avvocati regionali avrebbero ben altro da fare su altri tipi di ricorsi, vedi la questione relativa alla Ria".

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