"La scelta di sottoscrivere, il 26 luglio 2011 all'Emiciclo, il protocollo di intesa per il gemellaggio tra L'Aquila e Pescara, firmato da noi insieme all'allora sindaco di Pescara Mascia e al presidente del Consiglio regionale Pagano, lasciando alle spalle lotte anacronistiche, mirava a rendere la nostra regione più forte e coesa, pronta alla sfida per risorgere da una crisi che morde il Paese intero e l'Abruzzo in particolare. Una sfida sociale, economica e culturale rispetto alla quale tutti abbiamo un'enorme responsabilità morale.
Si legge in un comunicato congiunto firmato, stamane, dal sindaco dell'Aquila Massimo Cialente e dall'esponente delle minoranze Giorgio De Matteis, vice presidente della Giunta regionale all'epoca della firma sul protocollo di gemellaggio, che hanno voluto rispondere così alle polemiche scatenate dall'intervista rilasciata lunedì, al quotidiano 'Il Centro', dall'ex presidente di Confindustria Chieti, Paolo Primavera.
"L'Aquila frena tutto", ha attaccato Primavera. "E' un problema anche politico".
Dichiarazioni che hanno alimentato un clima di veleni e polemiche, a qualche giorno dalle scaramucce sulla legge per L'Aquila capoluogo voluta dal consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci e dal presidente della Giunta regionale, Luciano D'Alfonso.
"Siamo la cerniera tra una realtà, il Nord del Paese, che inizia a risorgere e il Sud, che sconta decenni di drammi sociali ed economici", hanno inteso sottolineare Cialente e De Matteis. "Già questo ruolo di spinta per la rinascita e l'unione tra queste due grandi realtà del Paese deve farci comprendere quanto sia necessario essere forti e coesi per risultare determinanti in questo processo. Quindi, chi ha più testa la usi in positivo. E invitiamo il sindaco di Pescara Alessandrini a riprendere insieme il percorso iniziato con il protocollo di gemellaggio tra le due città. Protocollo che non esclude le province di Teramo e Chieti, anzi le inserisce a pieno titolo con uguale dignità e assoluta importanza nel processo di sviluppo dell'intera regione".
Chissà che l'invito all'unità venga raccolto davvero. La sensazione è che molti dei nodi irrisolti tra le aree interne della Regione e le zone costiere stiano di nuovo venendo al pettine, in un momento di crisi economica e sociale che sta manifestando tutti i suoi effetti.
Lo scontro è tutt'intorno a Confindustria, eppure ha importanti risvolti politici. Cosa sta accadendo? Confindustria nazionale sta valutando il commissariamento dell'Abruzzo perché non si riesce ancora ad eleggere un presidente regionale. Di mezzo, l'eventualità di una possibile fusione delle associazioni provinciali. Alla scadenza del mandato di Mauro Angelucci, Paolo Primavera aveva avanzato la sua candidatura unitaria. Teramo e L'Aquila, però, si sono opposte. "Ha prevalso un gioco verticistico, l'idea di mantenere il diritto di rotazione regionale", ha attaccato l'ex presidente di Confindustria Chieti. In base alla rotazione, il presidente sarebbe toccato all'associazione di Teramo che si era detta pronta, però, a fare un passo indietro per favorire una candidatura espressione del territorio aquilano. In contrapposizione alla volontà delle associazioni di Pescara e Chieti, già pronte alla fusione. Per egemonizzare la Confindustria regionale.
"Il problema di fondo è L'Aquila", ha detto Primavera. "L'Aquila ha una paura tremenda di perdere centralità, anche in senso politico. Ha sempre fatto le barricatte indebolendo la strategia regionale. Vogliono ribadire che sono città capoluogo? Bene, però devono smetterla di pensare solo al capoluogo".
Una presa di posizione che avrebbe anche un suo senso, se non fosse che L'Aquila - e i suoi centri nevralgici, non ultimi quelli politici - sono stati sconvolti da un terremoto unico nel suo genere, per aver colpito tanto duramente una città capoluogo di Regione.
Primavera si è poi lasciato andare ad affermazioni molto pesanti, "se L'Aquila non riesce a gestire la pressione del resto d'Abruzzo, può anche andarsene con il Lazio", e ancora "gli aquilani lavorano più su Roma e se ne fregano della costa", fino alle parole che hanno mandato su tutte le furie l'amministrazione cittadina: "Sa quanto si è speso fino ad oggi su L'Aquila? Dodici miliardi di euro. Dovevamo assistere ad un picco di sviluppo economico e invece i dati, a partire da quelli sull'occupazione, sono drammatici".
"All'Aquila, non sono stati spesi affatto dodici miliardi di euro, semmai quella è la cifra complessiva di quanto è stato speso sin dal 6 aprile 2009 a partire dai costi dell'emergenza, in tutto il cratere sismico (57 Comuni) e nei Comuni fuori da esso che hanno denunciato danni", ha risposto l'assessore alla ricostruzione, Pietro Di Stefano. "Nella ricostruzione dell'Aquila hanno lavorato e lavorano ditte di tutta la regione e tante che vengono dalle altre regioni; parlare di picco di benessere locale che doveva registrarsi è pura propaganda".
Cialente ha poi voluto rilanciare pubblicamente un sospetto che gira tra i corridoi della Confindustria aquilana, e cioè che il progetto di fusione serva in realtà a coprire le perdite delle associazioni di Chieti e Pescara: "Sarebbe interessante capire qual è la situazione dei bilanci delle quattro associazioni provinciali di Confindustria, ma questo riguarda gli industriali e non il sindaco dell’Aquila".
Anche Fabio Spinosa Pingue, il candidato aquilano alla presidenza regionale, ha inteso ribadire che le parole di Primavera vorrebbero tagliare le gambe alla sua candidatura. Una sorta di 'metodo Boffo' che, come detto, ha però valicato le soglie di Confindustria per divenire argomento di dibattito politico.
Le affermazioni di Primavera, infatti, sono state rilanciate - un pò a sorpresa - da Carlo Costantini. "Ha ragione l’ex Presidente di Confindustria Chieti, quando afferma che L'Aquila è un freno per l’Abruzzo da tutti i punti di vista, incluso quello politico".
"Ho personalmente vissuto una esperienza che non esiterei a definire surreale - ha spiegato l'ex consigliere regionale - quando per anni mi è stato impedito di portare in Consiglio regionale la delibera che il 25 maggio 2014 ha consentito ai cittadini di Pescara, Montesilvano e Spoltore di scegliere che il loro futuro li vedrà insieme, uniti in una unica grande Città. Ad ogni occasione mi veniva opposto che, se non ci fosse stato qualcosa per L’Aquila, la delibera non sarebbe mai passata".
E la situazione, oggi, sarebbe ulteriormente peggiorata - a sentire Costantini - "se solo si considera che nessun rappresentante del ceto politico pescarese ha trovato il coraggio di dire: 1) Primavera ha ragione; 2) L’Aquila è ormai una zavorra per l’intero Abruzzo, anche da un punto di vista politico; 3) Quando si interromperà (prima o poi inevitabilmente accadrà) il flusso di denaro che alimenta appalti e ricostruzione, L’Aquila avrà smesso di esistere da tempo ed avrà ulteriormente rallentato la crescita e lo sviluppo dell’intero Abruzzo. Ormai quella di Pescara è una resa totale ed incondizionata".
Parole che hanno scatenato la reazione del Pd aquilano. "Capita di rado, per fortuna, di dover commentare considerazioni (se così si possono definire) di una violenza e di un qualunquismo così smaccati da risultare surreali e stupide, in qualsiasi contesto vengano pronunciate", la risposta del segretario cittadino, Stefano Albano. "Da un ex candidato alla Presidenza della Regione come Carlo Costantini - ha sottolineato Albano - tuttavia, ci aspetteremmo almeno il minimo sindacale di visione se non strategica almeno regionalista. Solleticare gli istinti campanilistici per ottenere qualche consenso facile nel breve periodo, affermare come fa Costantini che L’Aquila è una zavorra per l’intero Abruzzo, temo che porti alla luce un problema grave, che riguarda Costantini ma probabilmente anche un pezzo di classe dirigente di questa Regione. E’ ora francamente di finirla con i derby territoriali, Pescara contro L’Aquila, Corte d’appello, sedi regionali, dirigenti e chi più ne ha più ne metta. Dobbiamo essere in grado di uscire da questa logica e capire una volta per tutte che continuare a guardare a un palmo dal proprio naso non giova a nessuno, danneggia L’Aquila, Pescara, danneggia tutto l’Abruzzo".
Di stamane, il comunicato congiunto di Cialente e De Matteis che rilancia il protocco per il gemellaggio tra le città, con l'invito al sindaco Alessandrini affinché si riprenda insieme il percorso intrapreso nel 2011. Basterà? Difficile a dirsi. Come detto, sono tornati al pettine alcuni nodi mai risolti tra le aree interne e le zone costiere, che si acuiscono con la crisi economica e sociale che la Regione Abruzzo sta vivendo.
Nodi che aprono spazi di riflessione importanti, se si vuole davvero immaginare un futuro di sviluppo per i nostri territori. Ha ragione il consigliere comunale Stefano Palumbo quando, commentando la legge per 'L'Aquila capoluogo', sottolinea la necessità di superare il dualismo tra territori che sono differenti, "non a caso chiamati originariamente 'Abruzzi', come diversi sono i ruoli che le due aree possono recitare nelle dinamiche di sviluppo della Regione Abruzzo".
"E' su questa differenziazione che bisogna allora concepire e costruire il contributo che noi, come capoluogo, dobbiamo fornire alla causa regionale", ha giustamente ricordato Palumbo. "Bene fanno le città costiere abruzzesi, con a capo Pescara, a costruire legami e prospettive di crescita sull'asse adriatico, è legittimo e comprensibile, ma la macroregione Adriatico-Ionica non è l'unico strumento di indirizzo che Unione Europea e Governo centrale forniscono alla nostra Regione. Ci sono altri progetti, altrettanto importanti, e forse addirittura più strategici, che indicano per l'Abruzzo scenari di sviluppo incardinati anche su direttrici diverse. Il progetto "Ape" (Appennino Parco d'Europa) e il progetto "Territorio Snodo 2", ad esempio, promossi e sostenuti rispettivamente dai ministeri dell'Ambiente e delle Infrastrutture, esaltano invece la centralità dell'Aquila e delle aree interne su due corridoi strategici: quello dorsale con la valorizzazione della montagna, dei parchi, dei borghi e delle tradizioni, da sviluppare attraverso un sistema di relazioni culturali, naturalistiche e ambientali con le altre regioni appenniniche; e quello longitudinale, con l'importante funzione di collegamento da est a ovest in cui l'Abruzzo si pone come porta d'accesso di Roma sull'Adriatico. Strategie che parlano di un Abruzzo all'interno della Macroregione Mediana, e di un territorio, quelle delle aree interne, baricentrico nei disegni di collegamento infrastrutturali e culturali con le regioni circostanti. È su questi presupposti, allora, che ha senso riaffermare il ruolo dell'Aquila come capoluogo d'Abruzzo, di una "Regione veloce" ma non a due velocità".
E' su queste parole che, forse, varrebbe la pena riflettere. Piuttosto che perdersi in polemiche senza senso, politico e sociale, alimentate ad arte da personaggi oramai marginali nella scena regionale, eppure ancora in cerca di un posto al sole.