La 'ndrangheta a L'Aquila, addirittura prima del terremoto.
Già nel febbraio 2009, Santo Giovanni Caridi, personaggio di spicco della cosca mafiosa dei Caridi-Zindato-Borghetto, inserita nella più ampia Locale dei Libri, radicata nel territorio di Reggio Calabria, avrebbe aperto un conto corrente a suo nome, in una filiale bancaria del capoluogo.
E' la rivelazione del sovrintendente della squadra Mobile di Reggio Calabria, Bruno Lo Giudice, ascoltato - con altri esponenti del Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza - nella prima udienza dibattimentale del processo in corso al Tribunale dell'Aquila avverso quattro imputati accusati di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito dei lavori di ricostruzione privata.
Nessuno dei testimoni è stato in grado di spiegare la natura delle attività pre-sisma di Caridi a L'Aquila e non ci sarebbero prove documentali: a provare l'apertura del conto corrente, infatti, soltato delle intercettazioni telefoniche. Che disegnano, però, scenari inquietanti.
Quali interessi avevano portato Caridi a L'Aquila? Come mai avrebbe aperto un conto corrente bancario?
Domande rimaste per ora senza risposta.
Chissà che nel prosieguo del processo non emergano altre verità. Il procedimento ha preso il via nel dicembre 2011, a seguito dell'operazione 'Lypas' che aveva portato all'arresto dell'imprenditore aquilano Stefano Biasini, dei fratelli Antonino Vincenzo e Massimo Maria Valenti, nati a Reggio Calabria ma da tempo residenti a L'Aquila, e di Francesco Ielo, anche lui nato nel capoluogo calabrese e residente ad Albenga (Savona). Stando alle indagini, sarebbero stati il 'grimaldello' che ha aperto le porte degli appalti post sisma alla cosca mafiosa dei Caridi-Zindato-Borghetto.
Agli imputati è stato contestato il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso.
Le indagini sono state coordinate per oltre due anni dal procuratore Alfredo Rossini (poi scomparso) e dal pm Fabio Picuti: avevano evidenziato il forte interessamento degli esponenti della cosca reggina ai lavori di ricostruzione degli immobili privati, tra le maglie di una legislazione che, nel tempo, si è mostrata molto carente.
Le società in odore di 'ndrangheta avevano messo le mani su due appalti, con un fatturato complessivo di circa 200 mila euro perché relativi a case con danni lievi. Erano in trattative, però, per un'altra quindicina di commesse.
Le indagini della Finanza e della Mobile si sono avvalse delle intercettazione di numerosissime utenze cellulari nonché dell'ascolto di ore e ore di conversazioni ambientali e di riservati servizi di osservazione che hanno documentato fotograficamente le fasi preliminari di un incontro avvenuto nel maggio 2010 in un albergo dell'Aquila tra gli arrestati e i componenti della cosca reggina.
E proprio ascoltando le intercettazioni, sarebbe emerso che Santo Giovanni Caridi, referente della cosca 'ndranghetista reggina, arrestato nell'ambito di un'altra indagine denominata 'Alta tensione' e condannato poi nell'aprile 2014 a sedici anni, si era inserito nei lavori del post sisma proprio per il tramite dell'imprenditore aquilano Biasini, e grazie alla mediazione degli altri tre imputati. In particolare, Caridi aveva attribuito fittiziamente ad un commercialista di fiducia, Carmelo Gattuso, il 50% della 'Tesi srl', società di costruzioni della quale era comproprietario l'imprenditore proprio Biasini.
L'inchiesta ha svelato - stando agli inquirenti - che i quattro imputati avrebbero sostanzialmente fornito concreto supporto logistico alla penetrazione economica della cosca, intermediando per l'acquisto di quota parte del capitale sociale della società, utilizzando le maestranze indicate dagli affiliati del sodalizio calabrese, usufruendo di imprese riconducibili alla cosca reggina.
Non solo. Tra le ore e ore di intercettazioni, sarebbe emerso anche il particolare che Caridi, già nel febbraio 2009, aveva aperto il conto corrente bancario a L'Aquila. Evidentemente interessato ad altri affari.
Nel corso della prima udienza dibattimentale, le difese hanno messo in evidenza alcuni aspetti che dovranno essere oggetto di integrazione. Se ne occuperà il pm Fabio Picuti. In particolare, andrà chiarito quanti fossero i dipendenti dell'imprenditore Biasini, prima e dopo il sisma, e chi erano. Si vuole capire se corrisponde al vero (o meno) il fatto che facesse lavorare solo calabresi pur tenendo a libro paga anche operai aquilani.
Inoltre, il presidente del collegio giudicante, Ciro Riviezzo, ha chiesto chiarimenti sulle motivazioni che hanno portato alla firma di fogli di via per due persone, non indagate ma che potrebbero avere avuto dei contatti con gli imputati, che erano state fermate per un controllo nel centro commerciale 'L'Aquilone'.
Il processo è stato dunque rinviato e sono state già fissate le prossime udienze: la prima, il 17 aprile, e la seconda, l’8 maggio.