Venerdì, 14 Giugno 2013 11:42

I giornalisti de L'Espresso all'Aquila per parlare di buona politica

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«Abbiamo scelto di venire all'Aquila perché pensiamo che questa città sia diventata, suo malgrado, un luogo simbolo, anche rispetto al tema oggetto del nostro incontro. L'Aquila, infatti, ci ha fatto vedere una serie di cose che vorremmo non accadessero mai più: dimenticanze, errori, miopie strategiche, il tradimento dei sogni di una popolazione, l'abbandono non solo fisico della città, il venir meno della memoria collettiva. Ma all'Aquila c'è stata e c'è ancora - malgrado tutto - anche tanta voglia di vedere in azione la buona politica».

Con queste parole Bruno Manfellotto [videointervista] ha introdotto l'ultimo degli incontri del ciclo “Dialoghi dell'Espresso”, organizzati dalla testata in alcune delle principali città italiane per discutere, con cittadini e studenti, dei principali temi di attualità.

All'appuntamento, svoltosi all’auditorium Sericchi del complesso di Strinella 88, hanno partecipato, oltre ad alcune firme di punta del settimanale, anche esperti e protagonisti della cultura, dell'economia e della politica. Presenti anche la senatrice del Pd Stefania Pezzopane e la neo rettrice dell’università dell’Aquila Paola Inverardi.

Quello dell'Aquila è stato l'evento conclusivo di un tour che ha fatto tappa anche a Napoli, Palermo, Pisa, Bologna, Roma, Torino e Milano.

«Abbiamo pensato» ha aggiunto Manfellotto, direttore dell'Espresso «che il tema conclusivo di questo ciclo di incontri dovesse essere la buona politica perché volevamo chiudere con una sorta di auspicio di cosa vorremmo vedere e di cosa non vorremmo più vedere. Gli ultimi 20 anni di vita politica italiana, quelli della cosiddetta seconda Repubblica, sono stati una parentesi molto lunga, nella quale, però, non siamo riusciti a risolvere i tanti problemi che abbiamo».

«Non vogliamo» ha concluso Maffellotto «che su questa città cali il sipario, che si dimentichi la tragedia che qui si è consumata. Siamo venuti qui anche per dire che noi giornalisti dell'Espresso ci siamo, che continueremo a essere presenti e che sfrutteremo ogni occasione per richiamare l'attenzione su questa ferita gravissima che non interessa solo voi o l'Abruzzo ma tutto il Paese».

Oltre a Manfellotto sono intervenuti Denise Pardo, Marco Damilano, Fabrizio Gatti [videointervista], Diego Bianchi in arte “Zoro” e Primo Di Nicola.

«Cosa vuol dire buona politica?» ha detto Denise Pardo «Vuol dire occuparsi del bene comune. Sono anni che i politici italiani sopravvivono solo grazie alle promesse fatte al paese ignorando questo principio. Siamo il paese delle promesse perdute e nessuno lo sa meglio di voi. Ma quando le promesse non si trasformano in cose concrete, ci si sente abbandonati e si perde la fiducia».

Primo Di Nicola: «L'informazione ha tradito L'Aquila». Abruzzese, firma storica dell'Espresso, Primo Di Nicola fu uno dei primi giornalisti a giungere all'Aquila la mattina del 6 aprile. «Ogni volta che si viene all'Aquila crescono l'indignazione, la rabbia, il disgusto e il dispiacere, perché gran parte della città è ancora ferma a quattro anni fa. Quella che si è compiuta qui è stata una vera e propria truffa mediatica. Per mesi, anzi, per anni, grazie all'informazione di regime, quella della carta stampata nelle sue varie articolazioni ma soprattutto quella televisiva, si è fatta passare l'idea che i problemi all'Aquila fossero tutti risolti. E poiché il messaggio che si è dato, alla fine, è che qui tutto fosse stato ricostruito, non mi meraviglia affatto che oggi non si riescano a trovare le risorse per avviare la vera ricostruzione. Sarà un problema avere questi soldi e averli in tempi celeri. Con la nostra presenza qui vogliamo rinnovare un patto con questa città».

Diego Bianchi alias Zoro: «Il problema è come raccontare, ora, la realtà aquilana». «Nel mio rapporto con L'Aquila c'è un prima e un dopo. Il mio prima, purtroppo, è limitato alle vacanze che facevo da piccolo a Ovindoli. Dopo il terremoto, per pudore, ho aspettato un anno prima di venire: all'inizio pensavo ci fosse troppa gente e forse anche troppa informazione. Feci un video proprio per mostrare come veniva percepito il terremoto attraverso il racconto che ne facevano le televisioni. Sono venuto qui la prima volta per il primo anniversario del terremoto, nel 2010, qualche settimana dopo la rivolta della carriole, e un’altra volta l'anno scorso, in piena campagna elettorale. Nei miei video, accanto a tutte le cose che non andavano, ho cercato di far vedere anche alcune cose positive: la riapertura di qualche locale in centro, la forza di volontà delle persone. Il problema adesso è: come la racconti L'Aquila? Dopo quattro anni diventa difficile trovare una nuova chiave narrativa».

Marco Damilano: «Alla rappresentanza si è sostituita la rappresentazione». «Il presidente della commissione bilancio del Senato, quella dove si sono discussi gli emendamenti dell'ultimo decreto sulla ricostruzione, è Antonio Azzolini. Azzolini ha iniziato a fare politica nel Pdup (partito di unità proletaria, ndr) con Lucio Magri per poi passare ai Verdi, al Pds, al Partito Popolare e, infine, a Forza Italia. Da quel momento ha smesso di muoversi in orizzontale e ha iniziato a farlo in verticale: da sindaco di Molfetta, sua città natale, è diventato senatore (senza mai dimettersi dalla carica di primo cittadino) fino a ricoprire il ruolo di presidente della commissione bilancio di palazzo Madama. Ecco, Azzolini non è certo un esempio di quella che noi intendiamo per buona politica. Ma due domeniche fa, proprio a Molfetta, feudo doveva Azzolini aveva sempre vinto, o aveva fatto vincere suoi portaborse, alle elezioni comunali ha trionfato Paola Natalicchio, una ragazza di 32 anni, giornalista precaria. Un piccolo cambiamento, certo, ma sono esempi come questo che autorizzano a vedere il bicchiere mezzo pieno. Un problema - continua Damilano - che ha avuto la politica in tutti questi anni è che alla rappresentanza si è sostituita la rappresentazione e un po' tutti, anche i giornalisti, hanno partecipato a questo teatrino. Finché alla fine, coerentemente, è arrivato un attore comico, che ha vinto perché ha promesso di uscire dalla rappresentazione e di fornire lui la rappresentanza».

 

Ultima modifica il Venerdì, 14 Giugno 2013 12:14

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