Una vera e propria holding della droga molto attiva in Abruzzo e fuori regione, come la definisce la Guardia di finanza, è stata sgominata questa mattina dalle Fiamme gialle nel corso di una operazione che ha interessato i territori di Pescara, Teramo, Chieti, e le province di Roma, Varese, Torino, Frosinone e Pisa, per un totale di 29 arresti.
Il blitz, finalizzato a smantellare un'organizzazione criminale senegalese specializzata nel traffico e spaccio di stupefacenti, ha visto impegnati dalle prime luci dell'alba oltre 120 finanzieri del Comando provinciale di Pescara, supportati da unità cinofile e da un elicottero del Reparto Operativo Aeronavale di Civitavecchia.
A disporre gli arresti è stato il Tribunale di Pescara su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo adriatico.
L'operazione della Finanza, denominata "Ariosto 2013", prende il nome da una delle strade, via Ariosto, a Montesilvano, dove c'era la roccaforte della banda (che aveva come base anche i cosiddetti palazzi gemelli), come ha spiegato in conferenza stampa il colonnello Francesco Mora, comandante provinciale delle Fiamme Gialle, affiancato dal tenente colonnello Roberto Di Mascio e dal capitano Armando Masucci.
Le indagini hanno preso il via nel 2013, dal sequestro di una piccola quantità di marijuana e nonostante gli arresti, le denunce e i sequestri effettuati nel tempo, la banda, che aveva una struttura piramidale, dal vertice agli spacciatori di strada, si rigenerava in continuazione dimostrando "aggressività e pervicacia", continuando ad esercitare il malaffare.
Nel tempo sono stati sequestrati quasi 39 chili di marijuana, che rappresenta "la specialità del gruppo", oltre tre chili di eroina e circa 200 grammi di cocaina, e si ritiene che l'organizzazione movimentasse fino a 40 chili di droghe leggere a settimana, per un giro di circa un milione di euro.
Il gruppo era caratterizzato da una "fortissima mobilità degli aderenti" che trovavano appoggio anche in altre località, ma anche da una "grande capacià di saldare contatti con altri gruppi, anche di etnie diverse, come i magrebini e i macedoni, sia per l'approvvigionamento che per lo spaccio".
I canali di approvvigionamento erano diversi: le droghe pesanti arrivavano dal Senegal passando per il Belgio e i corrieri erano i cosiddetti ovulatori, cioè coloro che ingoiano ovuli, e arrivavano prima a Torino e quindi a Pescara; per le droghe leggere, invece, il canale era albanese.
L'organizzazione, guidata da un senegalese di 37 anni che non toccava neppure un grammo di droga, gestiva molti spacciatori e chi veniva scoperto veniva subito sostituito.
Per comunicare gli spacciatori usavano anche schede intestate a cittadini che non avevano nulla a che fare con i traffici illeciti e facevano ricorso alla loro lingua di origine, oltre che a un linguaggio in codice (il bastone era un chilo di marijuana).
Per avere indicazioni sul da farsi, su come muoversi per l'avvio di trattative e traffici, si rivolgevano a uno shamano, direttamente in Senegal, una sorta di saggio del villaggio, che dava consigli.
A questo praticante di arti magiche sono stati segnalati anche i nomi di alcuni investigatori che hanno arrestato uno degli spacciatori.
Lo spaccio, per la Finanza, avveniva nell'area pescarese e nell'area costiera, da Silvi a Francavilla, e nel Chietino. Il denaro veniva indirizzato per lo più nei paesi di origine ma le Fiamme gialle si occuperanno anche di un monitoraggio dal punto di vista patrimoniale per una eventuale aggressione di beni accumulati illecitamente.
Per arrivare all' operazione di oggi sono state fondamentali anche le intercettazioni di 78 utenze, per cinque mesi, per un totale di 46.812 ore di ascolto. Delle 29 persone interessate alle misure cautelari ne mancano da eseguire tre: sette delle persone già raggiunte sono state ristrette in carcere (ne manca da catturare una), 9 sono ai domiciliari (le Fiamme gialle ne cercano altre due), 10 dovranno sottostare all'obbligo di firma.
Non è escluso che i ricercati si siano allontanati dall'Italia. Il gip che ha disposto gli arresti è Gianluca Sarandrea, il pm che ha coordinato le indagini Gennaro Varone.