L'inchiesta Social Dumping - che giovedì scorso ha portato all'arresto di sei persone accusate di sfruttamento della manodopera, autoriciclaggio e intermediazione illecita - ha scoperchiato un fenomeno criminale di dimensioni europee nei confronti del quale l'autorità giudiziaria e le forze dell'ordine non sono ancora riuscite e trovare, proprio per la sua portata e la sua estensione continentale, contromisure efficaci.
“Potremmo definirlo caporalato transnazionale o schiavismo 2.0” afferma Emanuele Verrocchi, segretario provinciale della Fillea - Cgil L'Aquila, il sindacato da cui è partito l'esposto che ha avviato le indagini culminate con gli arresti di questa settimana.
Tutto ruota intorno all'istituto del distacco comunitario, una norma europea che consente alle imprese di un determinato Paese di usufruire in via temporanea di forza lavoro “prelevata” da altri Paesi appartenenti all'UE.
“Già nel 2013” spiega Verrocchi “avevamo rilevato questo fenomeno. Trattandosi di un fenomeno nuovo e di una normativa relativamente recente, che tra l'altro in Italia non è stata ancora recepita per intero, qualcosa poteva andare storto e difatti così è stato”.
“L'Europa” prosegue Verrocchi “dovrebbe poggiare su quattro principi cardine: la libertà di circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. In questo caso i lavoratori sono stati considerati dei servizi, delle merci, una forma di capitale ma non sono stati considerati come persone”.
La Cgil insiste molto sul carattere di novità presente nell'inchiesta portata a termine da carabinieri e procura: “Non è stata una tipica inchiesta di repressione ma un'inchiesta che ha un forte carattere preventivo, proprio perché si tratta di fattispecie di reato nuove. Il lavoro fatto dalla procura farà da argine, muro e monito, in futuro, nei confronti di tutte le imprese che lavorano nel Cratere”.
Gli arresti e le misure repressive, tuttavia, non bastano: servono, afferma il sindacato, leggi che, in casi come questo, tutelino i lavoratori, garantendo loro una continuità occupazionale e non facendo ricadere sulle loro spalle le conseguenze delle azioni criminose comesse dai loro datori di lavoro.
“Questa” dice ancora Verrocchi “non è una storia che possiamo definire a lieto fine, perché, dopo gli arrest,i i cantieri in cui operavano le ditte incriminate sono stati chiusi e i lavoratori hanno perso il posto. Nei prossimi mesi dovremo lavorare non solo per un rafforzamento dei controlli ma anche per assicurare garanzie di continuità occupazionale ai lavoratori di quelle aziende colpite da azioni interdittive o anche da procedure di fallimento o di concordato”.
Da questo punto di vista, la legislazione italiana è ancora molto indietro: “Esiste un decreto” spiega la Cgil “voluto da Raffaele Cantone, che prevede una continuità dei cantieri attraverso il commissariamento prefettizio ma si applica solo agli appalti pubblici e solo in caso di determinate fattispecie di reato, tra cui, però, non sono presenti l'autoriciclaggio e il caporalato. Occorre potenziare queste misure e estenderle sia al privato sia, per gli appalti pubblici, ad altri tipi di reati”.
“Il prossimo 20 agosto” annuncia Verrocchi “ci sarà un incontro dell'Osservatorio sui flussi di manodopera istituito presso la prefettura. In quell'occasione proporremo di far dialogare il prefetto dell'Aquila, Raffaele Cantone e la procura per cercare di coprire questo vuoto normativo partendo proprio dall'Aquila”.
Perché una cosa è sicura, dice la Cgil: quello smascherato dall'operazione Social Dumping non sarà l'ultimo caso di sfruttamento di manodopera nel “cantiere più grande d'Europa”.
“Ci saranno sicuramente altri episodi anche perché i proprietari delle aziende puntano molto sull'insufficienza dei controlli. Per questo abbiamo chiesto di inserire, già nella legge sulla ricostruzione, commi per rafforzare i controlli degli organi ispettivi – Inps, Inail e Dtl – e per porre un freno alla catena dei subappalti, sia per quanto riguarda la percentuale dei lavori subappaltabile sia per i ribassi praticati dalle ditte subappaltatrici. E' chiaro” conclude la Cgil “che tutti soggetti coinvolti nella ricostruzione dovranno dialogare e muoversi di concerto e prendersi ciascuno le proprie responsabilità”.