Precari, assunti con mansioni non corrispondenti alle loro effettive qualifiche professionali e con bassi livelli di retribuzione, di poco superiori ai mille euro netti al mese.
E’ il ritratto degli operai impegnati nella ricostruzione che emerge dai dati presentati nel convegno "Il lavoro della ricostruzione", organizzato dal Gran Sasso Science Institute - in collaborazione con il Forum Disuguaglianze e Diversità e il Festival della Partecipazione - e svoltosi ieri all’Aquila, nella sede della scuola di alta specializzazione diretta da Eugenio Coccia, alla presenza, tra gli altri, dell’ex ministro Fabrizio Barca, responsabile del Forum.
Durante l’incontro sono stati presentati i nuovi dati forniti dall’Osservatorio Manodopera Ricostruzione (organo costituitosi in seno alla Prefettura dell’Aquila di cui fanno parte anche i sindacati degli edili e gli ispettorati del lavoro) che vanno a integrare quelli già inseriti e pubblicati nel database Open Data Ricostruzione (progetto nato proprio all’interno del Gssi e coordinato da Roberto Aloisio), presentati lo scorso ottobre al Festival della Partecipazione.
L’Osservatorio raccoglie i dati sui flussi di manodopera nell’edilizia a partire dal 2015 con cadenza mensile. Durante il periodo di tempo analizzato, che va da marzo 2015 a giugno 2018, sono stati rilevati, in media, 4097 lavoratori presenti ogni mese, per un totale di 3055 cantieri e 2274 imprese edili.
LAVORATORI PRECARI E SOTTOPAGATI
Dai dati emerge la modesta dimensione dei cantieri in termini di lavoratori impegnati: il 73% dei cantieri non ha, infatti, più di 5 lavoratori al mese. Anche la dimensione delle imprese risulta modesta: il 74% ha meno di 5 lavoratori occupati al mese. Scarsa anche la compresenza di imprese per cantiere: oltre il 70% dei cantieri vede all’opera una sola impresa. Quasi il 40% degli operai, in un anno, non lavora più di 4 mesi.
La media annua delle ore lavorate pro-capite è stata pari a 864 (123 al mese), corrispondenti a circa 5 mesi e mezzo. Il 32,2% dei lavoratori non ha lavorato più di 400 ore in un anno.
I lavoratori della ricostruzione risultano in larga parte operai con i livelli più bassi di retribuzione: circa il 64% è assunto livelli I e II, che non superano i 1124 euro netti di retribuzione mensile.
Ciò significa che i lavoratori che stanno ricostruendo L’Aquila e i borghi del Cratere sono in larga misura manovali anche se il pregio degli immobili da riparare e la complessità delle operazioni per assicurarne un’adeguata tutela in caso di futuri sismi, impone una presenza di lavoratori qualificati. E’ possibile, quindi, che i dati nascondano l’impiego di lavoratori qualificati ma inseriti in qualifiche inferiori. Si tratta, ovviamente, di valori medi.
Ci sono anche imprese serie e oneste che assumono i lavoratori con contratti di quarto livello e con stipendi dignitosi. Dai dati risulta anche che sono scarsamente utilizzati i contratti da apprendista (circa il 3%) mentre è elevato e aumenta il numero di contratti a tempo determinato e il lavoro a somministrazione (interinale).
RICOSTRUZIONE INVISIBILE E LAVORO NERO
Non esistono cifre esatte che rendano conto dell’entità e della diffusione del fenomeno del lavoro irregolare o sommerso. Dai dati disponibili è possibile, tuttavia, formulare delle ipotesi ragionevolmente realistiche. Meno del 20% delle ditte sono titolari dei lavori dei cantieri, il che vuol dire che c’è un elevato ricorso all’affidamento dei lavori in subappalto.
Il costo medio della manodopera è stimabile in un intervallo tra il 13% ed il 17% dell’importo totale lavori, con circa il 58% dei cantieri dove questo valore scende al di sotto del 15%.
Quella del 15% è una sorta di soglia limite: se si va sotto questo valore, vuol dire che la presenza di lavoro sommerso è altamente probabile. Questa valutazione è confermata da verifiche effettuate dal sindacato, che hanno evidenziato la presenza di lavoratori completamente sconosciuti alle Casse Edili o dichiarati ma con un monte ore di lavoro di molto inferiore a quello effettivamente svolto.
DURC
Esisterebbe un modo per ridurre il sommerso: la reintroduzione del Durc (Documento unico di regolarità contributiva) per congruità per le imprese edili, sostituito, nel 2017, dal Durc on line (Dol). Mentre il Durc per congruità permetteva di andare a verificare, cantiere per cantiere, l’indice di congruità per manodopera - ossia il numero di operai che si suppone debba essere presente in un cantiere in base all’importo lavori – il Dol non prevede la verifica cantiere per cantiere ma va a controllare genericamente la regolarità dell’impresa.
Il Durc on line fu introdotto dal governo Gentiloni per sburocratizzare e velocizzare le procedure del comparto edile ma ha avuto effetti perversi, generando situazioni di illegalità. Tant’è che per la ricostruzione del Centro Italia è stato abolito in favore di quello per congruità. Sulla sua reintroduzione anche all’Aquila si è detta favorevole non solo la Cgil ma anche l’Ance, l’associazione dei costruttori.