Mercoledì, 09 Settembre 2015 11:57

Fucino, la drammatica piaga del 'caporalato': immigrati sfruttati, a rischio 'schiavitù'

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Il caporalato è una piaga drammatica, anche in Marsica.

A denunciarlo, l'onorevole Gianni Melilla (Sinistra, Ecologia e Libertà) che ha squarciato il velo sulla situazione dei tanti extracomunitari costretti a lavorare nelle campagne del Fucino per 12-14 ore al giorno, con una paga di 2euro e 50centesimi l'ora. "Nessuno versa loro i contributi - ha sottolineato Melilla - e non hanno alcun diritto riconosciuto".

Nel Fucino ci sarebbero molti immigrati non in regola con il permesso di soggiorno, arrivati per lo più da Marocco, Romania e Albania, che, di conseguenza, non possono far valere i loro diritti: "invisibili" che non hanno nome e che, per questo, spesso non possono essere neppure aiutati. Sarebbero numerose le vertenze aperte di aziende che non pagano i contributi a centinaia di lavoratori. Vi sarebbero poi diverse segnalazioni di lavoratori con regolare contratto ai quali, però, viene corrisposto soltanto il 30% del compenso dovuto: un vero e proprio ricatto perpetrato per permettere poi, ai migranti sfruttati, il rinnovo del permesso di soggiorno.

Stando ad uno studio dei sindacati di categoria, sarebbero 9.500 i braccianti a rischio 'schiavitù' nel Fucino. E il direttore dell'Inps Abruzzo ha inteso sottolineare come "ci siano molti casi di 'agricoltori' che lavorano e hanno dipendenti irregolari, senza neanche possedere un campo di proprietà". Un filo rosso strettissimo legherebbe, infatti, il Fucino con l'Agro pontino e il Casertano: molti braccianti vengono assunti in Marsica perché le aziende usufruiscono degli sgravi concessi in Abruzzo e poi vengono spediti a lavorare a Caserta o a Fondi.

Rispondendo ad una interrogazione dello stesso Melilla, il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, ha riconosciuto "l'ampiezza e la complessità" dei fenomeni denunciati dal deputato di Sel. Tanto che il Ministero del Lavoro ha recentemente rafforzato il personale ispettivo operante sul territorio aquilano mediante l'impiego temporaneo di ispettori provenienti dalle Direzioni territoriali di Frosinone e Roma.

"L'attività di vigilanza condotta dal 2014 ad oggi dagli uffici periferici del Ministero del lavoro a L'Aquila, congiuntamente ad INPS, Carabinieri e Guardia di Finanza - ha spiegato Bellanova in Aula - ha portato all'accertamento di circa 30 lavoratori in nero, di cui 4 sprovvisti di permesso di soggiorno, 90 lavoratori extracomunitari somministrati irregolarmente, 142 rapporti di lavoro fittizio, circa 200 violazioni delle norme poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e varie fattispecie di truffa (ex articolo 640 del codice penale) che hanno coinvolto 10 aziende e circa 500 lavoratori".

Nel corso degli accertamenti, "è stata riscontra la presenza di imprese cosiddette 'senza terra' che svolgono cioè attività di somministrazione illecita di manodopera senza essere conduttrici di alcun fondo agricolo, senza sopportare alcun rischio di impresa e senza essere dotati di mezzi e risorse. In buona sostanza, tali imprese svolgono un'azione di caporalato mascherata da una finta attività imprenditoriale". Sono emersi, inoltre, numerosi casi di imprese inesistenti, spesso ditte individuali, che non svolgono alcuna attività, neanche quella di somministrazione di manodopera, ma che trasmettono regolarmente le denunce contributive trimestrali all'INPS, salvo poi lasciarle insolute al solo fine di accreditare ai lavoratori le giornate necessarie per ottenere prestazioni previdenziali o garantire l'ottenimento o il rinnovo del permesso di soggiorno.

Ultima modifica il Mercoledì, 09 Settembre 2015 15:28

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