"Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti". Cesare Pavese esplicava così la sua idea di appartenenza ad una terra. Nel corso di questo viaggio tra i luoghi abbandonati della città dell'Aquila, ci siamo imbattuti più volte in quelli che abbiamo definito i simboli identitari della città.
Purtroppo, le esigenze delle scrittura spingono ad abusare di alcuni termini e nella cantilena del significante, finiamo per dimenticare il significato. La parola "identità" rimanda al concetto di medesimo, uguaglianza: un concetto quasi utopico nel senso più puro del termine. Viene in mente una sorta di forza unificatrice che conserva, però, una matrice positiva e non coincide con patriottismi fini a sé stessi.
Come è noto, la città dell'Aquila ha un passato, un presente e - ci auguriamo- un futuro da città universitaria. Questa peculiarità l'ha portata ad abbattere alcuni muri del provincialismo che inevitabilmente la sua collocazione geografica gli aveva causato. Pur mantenendo delle riserve, la città si è aperta a giovani, che di generazione in generazione, l'hanno vissuta e amata. Un legame che difficoltà e terremoto non hanno fatto altro che suggellare. Un sentimento identitario, per l'appunto, che unisce persone con storie profondamente diverse tra loro in un unico senso comune.
Una visione che però rischia spesso di essere infruttuosa per la città stessa, quando non è accompagnata dalla volontà di migliorarsi. Ultimamente, infatti, "L'Aquila bella mé" viaggia sui social come uno slogan nostalgico su cui crogiolarsi e dietro cui nascondersi, invece di guardare con occhio critico alle nostre mancanze.
In questo senso, la spinta che la ricostruzione porta con sé non può che essere positiva per un città che tende a chiudersi in sé stessa. Uscire dal provincialismo, però, non significa dimenticare ciò che siamo stati: L'Aquila è parte del passato, un passato che dovrebbe cullarci nella convinzione di essere parte di qualcosa di grande e di affascinante. Basti pensare alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio, simbolo tangibile di una storia millenaria che, anche sdoganando qualsiasi precetto religioso, resta circondata da un'aurea di mistero e bellezza.
Proprio accanto alla Basilica, sorge uno dei parchi più belli della nostra città. In questa quarta puntata di Senza destinazione - il viaggio tra gli spazi sotto-utilizzati del Comune dell'Aquila - abbiamo voluto parlarvi proprio di Parco del Sole, un luogo speciale per tutti gli aquilani.
Parco del Sole (L'Aquila)
Accanto alla bellissima Basilica di Collemaggio, meta di turisti e credenti, il Parco del Sole si estende per circa 3,8 ettari, collocandosi su una assolata collina da cui si può godere di una bella vista panoramica. Il collegamento diretto tra la città e la basilica iniziò nel 1854 con il deposito del materiale di sterro del teatro S. Ferdinando, e fu completato solo negli anni Trenta. Per quanto qualche urbanista possa giudicarlo come un banalizzazione della fine architettura della Basilica, il viale che conduce a Collemaggio, con il suo prato che costituisce un enorme sagrato, da' un senso di ampiezza che, nella bella stagione, appare anche funzionale. Ai primi caldi, il prato comincia ad essere popolato di ragazzini che giocano e giovani che studiano fuori dalle loro umide stanze in affitto.
Purtroppo, i problemi legati a questo luogo risultano annosi: spesso il parco è stato preda di atti di vandalismo ma una costante, negli anni, è stata l’incuria e, forse, una gestione non adeguata dello spazio. Il pregio ambientale non è stato incoraggiato da servizi basilari (ad esempio, per comprare una bottiglietta d'acqua bisogna arrivare al terminal dei bus o alla Villa Comunale) ed il parco è finito per diventare l'espressione di un mancato senso di appartenenza, che il vuoto del post-sisma ha probabilmente portato con sé nelle nuove generazioni.
In molti hanno invece cercato di tutelare e proteggere questo spazio, nei limiti di quanto gli era possibile. Così come è accaduto al Parco del Castello, nel tempo si sono succedute numerose iniziative per ripulire e sistemare il verde pubblico, laddove l'amministrazione aveva fallito: grazie allo stimolo di associazioni come Legambiente, Nuova Acropoli o persino sotto la spinta dell'Aquila Rugby, sono state organizzate diverse giornate ecologiche. Un modo per riappropriarsi di quegli spazi e dargli nuova vita.
Ogni anno, allo scoccare della bella stagione, l'attenzione sulla zona si polarizza intorno ad alcuni eventi: festival, concerti, manifestazioni, la storica Perdonanza Celestiniana ma il giorno dopo le luci si spengono e il parco torna ad essere frequentato solo dagli affezionati. Nel luglio del 2013 avevamo incontrato l'allora assessore alle Opere Pubbliche, Alfredo Moroni, che ci avevo illustrato i dettagli di un interessante progetto di rivalorizzazione. Il progetto, da anni in cantiere, sembrava finalmente in procinto di esecuzione, grazie ad una accordo siglato con Eni: tutto era pronto ed i lavori sarebbero dovuti partire nel settembre del 2013 ma, ad oggi, ancora non è stato effettuato alcun intervento sulla zona.
La storia, per una volta, sembra avere però un lieto fine. Lo scorso 25 novembre, la Basilica di Collemaggio è stata consegnata formalmente dal Comune dell'Aquila all'Eni e da questo alla Arcas SpA, per iniziare i lavori di ricostruzione. Questo implica anche che dovrebbero essere in procinto i tanto attesi lavori al Parco del Sole, che costeranno all'Eni due milioni di euro (da aggiungere ai 12 milioni della basilica). Stando a quanto ci aveva riferito l'assessore Moroni e alle immagini del progetto visibili sul sito della società che dovrebbe occuparsi della fase progettuale, la riqualificazione del Parco consiste nel recupero dei fabbricati esistenti che vedremo però in una nuova veste. La cisterna in pietra diventerà un planetario e gli ex-bagni a fianco allo stagno, un bar. In quella chiamata la Casetta degli Alpini, attualmente in stato di abbandono [vedi foto], sarà aperta un’attività di ristorazione e il fabbricato diroccato che sta a valle, una struttura di supporto per il teatro e le attività convegnistiche. Inoltre è previsto un teatro a cielo aperto concepito come opera di land art dall’artista americana Beverly Pepper.
Tutti interventi che sembrerebbero non essere troppo impattanti sul territorio ma che darebbero e speriamo daranno, una nuova destinazione al Parco del Sole. Certo, ci vorrà pazienza: i lavori alla Basilica dovrebbero concludersi entro il Natale del 2017. Nel frattempo, quale sarà il destino del parco?
La fotogallery