Mercoledì, 16 Marzo 2016 13:28

Progetto per smantellare il Parco Sirente-Velino: la denuncia degli ambientalisti

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Un assessore regionale, Donato Di Matteo, con delega alle aree protette, e non si sa bene quanti sindaci dei comuni compresi nel Parco Regionale Sirente-Velino si starebbero muovendo per la distruzione di fatto dell’area protetta.

A denunciarlo, alcune associazioni ambientaliste che hanno firmato un documento che racconta di un recente incontro, molto riservato, tra i sindaci del comprensorio e l’assessore regionale. Nel corso dell'incontro, si sarebbe deciso di ridurre in modo drastico i confini del Parco, tagliando tra l'altro proprio la gran parte delle aree di maggior pregio ambientale e paesaggistico. Alla luce di una visione antica delle esigenze del territorio: per favorire la realizzazione di nuovi impianti per gli sport invernali e per aprire la caccia in aree di enorme pregio per la conservazione della fauna appenninica, ove gli animali vivono da decenni nella sicurezza di un regime di tutela che esclude le pratiche venatorie.

La riduzione dei confini verrebbe mimetizzata - sempre in base a quanto risulta alle associazioni - in un allegato ad un disegno di legge regionale di riordino della struttura amministrativa del Parco, con l’obiettivo di farla approvare in aula dal Consiglio regionale senza dare troppo nell’occhio.

"A questo punto, ci aspettiamo che l’assessore Donato Di Matteo e tutti i sindaci del territorio smentiscano indignati queste voci e ci assicurino che al contrario il loro primo obiettivo è sempre quello di garantire un futuro positivo al Parco, valorizzando il turismo sostenibile e facendo davvero del brand natura protetta un volano per lo sviluppo del territorio", sottolineano le associazioni WWF, Salviamo l’Orso, Pro Natura, LIPU, Mountain Wilderness, Italia Nostra, Legambiente, Dalla parte dell’Orso. "Una eventuale riperimetrazione in ogni caso non annullerebbe i vincoli europei di tutela, che la Regione non può eliminare. Un eventuale 'ritocco' al ribasso provocherebbe dunque solo danni. Verrebbero infatti esclusi dal Parco ambienti frequentati da preziosissimi quanto rari esemplari di orso marsicano, da importanti popolazioni di cervo e capriolo, dal lupo e da specie di uccelli di particolare importanza come l’aquila reale, l’avvoltoio grifone, reintrodotto negli anni ’90 del secolo scorso grazie a un accordo internazionale e che proprio in questa zona trova la principale colonia italiana, il rarissimo falco lanario, il falco pellegrino, il biancone, una delle più importanti popolazioni di coturnice appenninica, il picchio dorsobianco, il gracchio corallino, quasi tutte specie particolarmente protette dalle Direttive 79/409/CE e 92/43/CE, riguardanti la tutela della fauna, della flora e degli ambienti di maggiore importanza a livello europeo".

Nelle aree riaperte alla caccia ci sarebbe una vera mattanza, tanto più odiosa perché condotta su animali ormai abituati alla confidenza con l’uomo, traditi da una fiducia sviluppata in oltre vent’anni di protezione. Sono inoltre presenti grandi faggete secolari di notevole pregio ambientale, zone rupestri fondamentali per la nidificazione di specie protette, relitti di formazioni di betulla risalenti all’ultima glaciazione e praterie d’alta quota ricche di specie floristiche anch’esse protette a livello comunitario.

"È gravissimo che Regione e sindaci del comprensorio - se le indiscrezioni trapelate non saranno smentite - cerchino ancora una volta di portare alla rovina un territorio di importanza naturalistica europea dimostrando, come purtroppo già accaduto in passato, di privilegiare un tipo di sviluppo che in Abruzzo non ha certamente grandi possibilità di affermazione, ancor meno oggi con i cambiamenti climatici in atto, a scapito di una risorsa ambientale di prima qualità, base fondamentale per lo sviluppo di un turismo verde che potrebbe indirizzare verso il Parco Sirente-Velino importanti flussi di visitatori italiani ed europei per l’intero arco dell’anno".

Non è ammissibile - aggiungono le associazioni - che l’Abruzzo, che si vanta in tutte le sedi di essere la 'Regione Verde d’Europa', "possa promuovere un progetto di questo genere che comporterebbe di fatto la distruzione del più grande Parco Regionale dell’Appennino Centrale. Il danno ambientale sarebbe enorme e irreversibile, riducendo a carta straccia ogni proclama di una pretestuosa politica regionale di 'conservazione della natura' e 'sviluppo compatibile'. Aspettiamo fiduciosi da assessore e sindaci una indignata smentita". 

Ultima modifica il Mercoledì, 16 Marzo 2016 17:59

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