Le migrazioni interne, da una Regione dello stivale all'altra, hanno raccontato la storia, travagliata, del nostro Paese, rendendo realtà una unità che, per anni, era rimasta solo sulla carta geografica.
Alla mente tornano le valigie di cartone e i binari del treno che portavano altrove. Al nord, subito dopo la guerra, ad animare il boom industriale che sarebbe venuto di lì a poco, dalle regioni del meridione al triangolo industriale: Milano, Torino, Genova.
Cinquant'anni dopo, l’Italia delle migrazioni interne guarda altrove, tornando a volte persino sui suoi passi. Muovendosi comunque lungo i binari, dell’alta velocità stavolta. È quanto emerge analizzando i dati dell’Istat sui trasferimenti di residenza da una regione all’altra effettuati negli ultimi dieci anni, che mostrano come la migrazione interna ha subito in questo decennio profondi cambiamenti e una riorganizzazione dei flussi. "Alcune delle dinamiche complessive sembrano essersi in parte modificate, come ad esempio il rapporto fra gli spostamenti di lunga percorrenza tra un’area e l’altra del Paese e le migrazioni all’interno delle singole aree", scrivono Michele Colucci e Stefano Gallo in Tempo di Cambiare (Donzelli editore), il rapporto 2015 sulle migrazioni interne in Italia. "Altri fenomeni emergono come delle interessanti novità: ad esempio i flussi di ritorno dal Centro-Nord al Mezzogiorno o la variabilità nelle zone di attrazione per i cittadini stranieri".
A guardare all'Abruzzo, negli ultimi dieci anni sono andati via 73.069 residenti, pari al 5.49% della popolazione. Per lo più, gli abruzzesi sono migrati verso il Lazio (42.404), la Lombardia (16.698), le Marche (14.244), l'Emilia Romagna (15.472), la Campania (11.446). Nello stesso periodo, hanno preso residenza nella nostra Regione 81.916 cittadini, pari al 6.16% della popolazione, arrivati dal Lazio (42.372), dalla Campania (26.268), dalla Puglia (19.646), dalla Lombardia (13.804) e dalle Marche (12.408).
Il saldo, dunque, è attivo: in dieci anni, si sono registrati 8.892 residenti in più, con un attivo dello 0.67%.
In una classifica virtuale, l'Abruzzo, così, si piazza tra le Regioni con il segno più, ben al di sopra delle realtà del meridione italiano che raccontano invece un saldo negativo, in particolare la Campania (-3,65% della popolazione in dieci anni) e la Calabria (-3,57% fra il 2004 e il 2014). Siamo ancora lontani, però, dalle Regioni maggiormente attrattive: l'Emilia Romagna ha guadagnato il 2.7% della popolazione, la provincia autonoma di Trento il 2.26%, l'Umbria l'1.8% e la Toscana l'1.7%.
"Questa è la grande novità degli ultimi anni", spiega al Corriere della Sera Colucci, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche — Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo. "Il baricentro delle migrazioni si è spostato dal Nord Ovest verso il Centro e il Nord-Est. A guidare il cambiamento sono state le politiche di welfare, le opportunità e i servizi. La qualità della vita urbana è indubbiamente più alta: ci si sposta anche per questo motivo, non solo per il lavoro".
Uno spunto che potrebbe essere di un qualche interesse, anche per la nostra politica regionale.