Venerdì, 02 Dicembre 2016 17:57

Casa delle Donne, un 'osservatorio di genere' per segnare la vita del territorio

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L'Associazione Donne TerreMutate insieme a Tiziana Bartolini della rivista nazionale Noi Donne, Stefania Ulivi della 27a ORA, l'Associazione RISING-Pari in genere di Roma e l'associazione 8marzo2012 di Tivoli, l'Udi di Pescara e le donne della Cgil, ha tenuto nel pomeriggio un incontro presso la Casa delle Donne dell'Aquila sull'Osservatorio di genere e la Legge 194/1978.

Perché l’Osservatorio di genere? La Casa delle Donne vuole essere luogo in cui le donne agiscono quale Osservatorio di Genere, nel senso di esplorare, in tutti gli ambiti dell'amministrazione della cosa pubblica, l'impatto che le scelte delle istituzioni locali provocano nella vita delle donne.

La volontà della Casa è quella di “segnare” positivamente, con la propria attività politica, la vita quotidiana del territorio, di “far emergere” tutto ciò che configura una violazione dei diritti delle donne nei differenti ambiti e di sollecitare le istituzioni a scelte più rispettose.

"L'Osservatorio di Genere - hanno spiegato - vuole essere per noi strumento di monitoraggio costante per raccogliere le informazioni quantitative e qualitative volte alla rilevazione di dati circa le discriminazioni legate al genere che le donne subiscono sul territorio. Uno spazio in cui vogliamo utilizzare i dati raccolti per elaborare e promuovere politiche di pari opportunità".

Perché partire dalla Legge 194? E' la prima esperienza della Casa delle Donne in “veste” di “Osservatorio di Genere” ed è molto significativa, perché mostra chiaramente l'intento della Casa di essere parte attiva sul territorio che abita e di essere direttamente connessa su quanto accade nella vita delle donne.

"E’ un buon punto di partenza cominciare ad indagare l’applicabilità della Legge 194, un risultato così faticosamente conquistato dal movimento delle donne, che segnò un punto fermo per il diritto all’autodeterminazione ma che oggi deve essere “osservata” perché venga ripristinata la sua corretta applicazione.
Le donne della Casa promuovono questa iniziativa relativa alla legge 194 per verificarne lo stato di applicazione a L’Aquila e sul territorio regionale, per verificare l'incidenza dell'obiezione di coscienza e, di conseguenza, far emergere forme di violazioni dei diritti delle donne".

L’Osservatorio di genere sulla Legge 194. E' sempre più difficile abortire in Italia, con il 70% di medici obiettori. E il “dibattito politico” che ogni tanto si riaccende sull'applicazione della 194 non aiuta a leggere correttamente il dato, anzi si rivela fuorviante e pericoloso, in quanto il diritto delle donne ad abortire è posto sullo stesso piano del “diritto” dei medici ad obiettare. Si è voluto affermare così l'esistenza del diritto dei medici ad obiettare e si sono poste le basi per sostenere che esista un conflitto tra la tutela dei diritti delle donne e la tutela di tale presunto “diritto” all'obiezione di coscienza. In realtà, obiettare è una facoltà del medico, il cui esercizio non può in alcun modo comprimere il diritto delle donne, costringendole a “migrare” in altre province, se non addirittura in altre regioni, per abortire.

"La legge 194 sancisce, in via esclusiva, il diritto delle donne ad interrompere la gravidanza e garantisce (art. 9 L. 194/1978) l'esercizio dell'obiezione di coscienza. L'unico diritto, affermato grazie alla lunga lotta delle donne, è quello di abortire legalmente in ospedale, laddove l'obiezione di coscienza deve essere un'eccezione, non la regola. In realtà - hanno aggiunto - è divenuta via via regola con il 70% di medici obiettori, dato che manda letteralmente in dissesto la legge, impedendone di fatto l'osservanza. Ma se si decide di fare la ginecologa o il ginecologo e di esercitare nella struttura pubblica, si dovrebbe sapere che l'interruzione volontaria di gravidanza rientra tra i servizi garantiti dal sistema".

Non si potrebbe, per esempio, scegliere prima la specializzazione, come avviene in paesi avanzati, quali la Svezia? "E' ovvio che trattasi di ipotesi remota in Italia, ma quantomeno si deve pretendere che cessi l'inerzia dello Stato che lascia al caso l'applicazione della legge 194. Non si vuole ammettere l'enorme impatto dell'obiezione di coscienza rispetto alla piena applicazione della legge e, di conseguenza, lo Stato, ovvero le Regioni, istituzionalmente demandate all'applicazione della legge 194, non intervengono".

Proprio le Regioni dovrebbero attuare una revisione dell'organizzazione delle strutture ospedaliere e delle mansioni, ricorrendo a quegli strumenti di mobilità del personale, previsti dalla legge, quantomeno per riequilibrare il rapporto tra medici obiettori e non. "Una prima azione che l’Osservatorio ha messo in pratica è stata quella di reperire dati aggiornati nelle strutture sanitarie regionali. L’associazione Donne TerreMutate ha inviato nel mese di giugno una richiesta di dati e informazioni relativi all’applicazione della legge 194 sul territorio regionale, con allegata una scheda sintetica per la raccolta di dati puntuali, relativi agli ultimi 5 anni. In merito a ciò si denuncia la mancanza di sensibilità e di attenzione da parte delle 4 ASL della Regione che non hanno risposto alle molteplici sollecitazioni anche strettamente formalizzate".

Cosa fare, dunque? "Ci impegniamo a costruire con tutte le associazioni interessate le iniziative necessarie a determinare un intervento del Governo per ripristinare l’applicazione corretta della legge 194; a sollecitare un incontro con la Giunta regionale d’Abruzzo finalizzato ad acquisire i dati richiesti per valutare eventuali necessità di riorganizzazione delle strutture sanitarie".

Ultima modifica il Sabato, 03 Dicembre 2016 09:35

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