La Cassazione con sentenza n. 46874 del novembre 2016 ha finalmente precisato quali sono i limiti imposti al soggetto che si trova agli arresti domiciliari. Innanzitutto tale misura viene applicata dal Giudice per le indagini preliminari su richiesta del Pubblico Ministero quando vi sono condizioni ed esigenze previste dagli artt. 273 e ss c.p.p..
Il primo di questi articoli statuisce che affinché un soggetto venga sottoposto alla misura cautelare devono sussistere gravi indizi di colpevolezza e l'art. 274 c.p.p. impone l'applicazione di tale misure nel caso in cui sia presente una delle esigenze cautelari tra il pericolo di inquinamento delle prove, il pericolo della fuga ed il pericolo di reiterazione del reato. Nel disporre la misura cautelare, il Giudice dovrà valutare l'idoneità della stessa in relazione alla natura ed al grado delle esigenze cautelari e quindi la misura della custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quanto ogni altra misura risulta inadeguata.
Nel caso oggetto della sentenza, al soggetto destinatario della misura era stato anche imposto il divieto di comunicare con persone non conviventi e pertanto la Cassazione si domanda se il fatto che l'arrestato abbia utilizzato il social network (nella specie Facebook) sia una violazione di tale prescrizione.
Infatti, a seguito di tale comportamento, il G.I.P. del Tribunale di Ragusa aveva disposto l'aggravamento della misura custodiale da domiciliare ad inframuraria e questa ordinanza era stata poi confermata anche dal Tribunale del Riesame di Catania. Avverso tale ordinanza, proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell'arrestato che deduceva il fatto che il messaggio (impropriamente attribuito all'indagato, che invece si è limitato a condividerlo) non ha alcun carattere intimidatorio né trasgressiva della misura imposta.
La Cassazione, confermando le tesi del Gip e del Tribunale del Riesame, ha ritenuto che: "La prescrizione di non comunicare con persone estranee deve essere inteso nel senso di un divieto non solo di parlare con persone non conviventi, ma anche di stabilire contatti con altri soggetti, sia vocali che a mezzo congegni elettronici. Il messaggio diffuso sul social network, peraltro, è oggettivamente criptico per i più ed indirizzato a chi può comprendere perché sottintende qualcosa di riservato e conosciuto da una ristretta cerchia di persone ed è chiaramente intimidatorio, a dispetto del tono volutamente suggestivo, rafforzato dalle coloratissime emoticon, ancora più esplicitamente intimidatorie".
Per tali ragioni, la Suprema Corte ha asserito che la violazione delle prescrizioni ha denotato un'inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari, stante l'inaffidabilità dell'indagato e stante anche il tenore dei messaggi postati che avevano un contenuto incerto e criptico tali da poter lasciare sottintendere qualcosa di decodificabile ad una ristretta cerchia di soggetti.
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