Lunedì, 01 Maggio 2017 03:10

Primo maggio a L'Aquila: cinque storie di lavoro tra sogno e realtà

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Andrea, Franco, Daniele, Francesca, Romina.

Cinque volti, cinque storie diverse. Andrea, che, a 45 anni, ha lasciato un posto da manager in una grande azienda per dedicarsi all'insegnamento in una palestra, di cui è diventato anche socio; Franco e Daniele, due trentenni che hanno avuto il coraggio di investire in un'attività imprenditoriale in due piccoli borghi di montagna, facendo una scelta di vita; Francesca e Romina, due fiere dipendenti del contact center Inps dell'Aquila, che, insieme ad altri 558 lavoratori, stanno lottando per non perdere il posto.

Storie di successi, di scommesse nate come azzardi ma rivelatesi, alla fine, intuizioni vincenti, di sogni diventati realtà, di certezze che di punto in bianco iniziano a sbriciolarsi e di speranze che di rischiano essere tradite.

Vicende diverse eppure a loro modo emblematiche, attraverso le quali NewsTown, in occasione del primo maggio, ha voluto raccontare un settore, quello del lavoro, di cui, anche ora che è in corso una campagna elettorale per il rinnovo della giunta e del consiglio comunale, si parla sempre troppo poco e il più delle volte a sproposito.  

Andrea, da ingegnere a istruttore in una palestra: "Ora sono una persona veramente serena"

In inglese si chiama “downshifting” e vuol dire scalare marcia, rallentare. Secondo un significato più estensivo, cambiare vita. Rinunciare alla schiavitù della carriera, del posto fisso e del successo per abbracciare uno stile di vita più confacente alle proprie passioni.

Dopo 15 anni, di cui sei vissuti facendo il pendolare tra L’Aquila e Roma, trascorsi come project manager all’interno di una società che svolgeva consulenze per grandi aziende, Andrea ha deciso che poteva bastare.

“La vita del pendolare non è facile e a lungo andare pesa molto. L'essere umano è capace di adattarasi a qualsiasi cosa, specie quando è mosso dalla motivazione, ma è chiaro che nel momento in cui la motivazione decresce, a fronte di una situazione lavorativa divenuta insostenibile, è impensabile reggere i ritmi di vita come quelli di un pendolare: svegliarsi alle 5 di mattina e rientrare a casa alle 20 dopo 8 ore di lavoro belle piene”.

“Nel 2015 ho accettato l'invito a uscire dalla società, senza avere però un'alternativa pronta in mano. Mi sono trovato con parecchio tempo libero e ho cominciato a pensare a quello che potevo e soprattutto volevo fare. Ho iniziato un percorso di certificazione in group cycling e da quel momento ho cominciato a fare l'istruttore in quattro palestre. Un giorno, circa un anno fa, il socio di una di queste palestre, che voleva anche lui cambiare vita, mi ha proposto di acquisire le sue quote e io ho accettato. Da allora, oltre a fare l’istruttore, mi occupo anche della gestione”.

“In questo momento mi considero una persona molto appagata e veramente serena. Ho tempo libero, faccio quello che mi piace, ho un rapporto meraviglioso con i miei allievi. Non denigro il mio lavoro precedente ma ora è diverso. E’ diverso avere tanto tempo libero per se stessi, dedicarsi a qualcosa che veramente si ama fare e di veramente bello. lo auguro a tutti”.

Franco e Daniele, due giovani imprenditori ai piedi del Gran Sasso: "Il nostro posto è qui"

La retorica sulle aree interne “da non lasciar morire e da ripopolare attraverso il turismo”, così abusata da politici alla ricerca di facili consensi elettorali, dipinge il più delle volte un quadro dei piccoli borghi di montagna idilliaco, da cartolina, ma non corrispondente al vero.

Solo chi in questi paesi vive e lavora 365 giorni l’anno sa che la realtà è molto diversa e che abitare qui è come stare in trincea, tra servizi e collegamenti che scarseggiano e enti locali ostili, sideralmente lontani, a dispetto dei proclami, dalle esigenze degli abitanti. Con che coraggio si può parlare di distretti turistici, di macro-regione appenninica, quando non si riescono nemmeno a tenere aperti, nei mesi invernali, i 15 km di strada che collegano Castel del Monte alla piana di Campo Imperatore, paradiso degli appassionati di sci alpinismo e fondo? E quale idea di futuro ha un sindaco che, anziché programmare degli investimenti per attrarre la presenza di giovani e turisti, spende centinaia di migliaia di euro per realizzare un bocciodromo coperto come non se ne vedono nemmeno a Cattolica?

Eppure il legame, l’attaccamento al territorio, la consapevolezza di appartenere ad esso a tal punto da non riuscire a immaginare di poter vivere da qualche altra parte, riescono a compensare anche le difficoltà, le amarezze e le fatiche più grandi.

Franco non è nato né a Santo Stefano di Sessanio, dove, da quattro anni, gestisce il Cantinone del Sextantio, l’albergo diffuso nato da un’intuizione del geniale Daniele Kihlgren, né a Calascio, dove vive con la compagna Serena. Non sono i legami di sangue che lo hanno spinto a stabilirsi qui ma una scelta precisa, dettata, appunto, dalla consapevolezza di non poter vivere altrove: “Non posso rinunciare alla chimica del tutto: l'aria, i colori, quello che vedi quando ti guardi intorno. Sono cose che non si possono nemmeno descrivere, le devi vivere. E quando lo fai, ti affezioni a tal punto che, se si confanno al tuo stile di vita, non ne esci più. A quel punto sai che il tuo posto è qui. Mi vedo come una persona che ha una forte volontà e che vuole contribuire allo sviluppo di questo territorio. Adoro questo territorio, lo amo con tutto me stesso e vorrei contribuire alla sua crescita. Ma perché le cose cambino, oltre a poter contare sul sostegno degli enti locali, dal più basso al più alto, dobbiamo mettere fine anche alle invidie e ai campanilismi che ci separano”.

Daniele, invece, a Castel del Monte ci è nato e ci è anche cresciuto. Ha ereditato l’attaccamento al paese dal nonno, bravissimo artigiano, e dal padre, che ha lavorato per oltre 30 anni all’Aquila senza mai lasciare il paese, facendo il pendolare. A 27 anni Daniele fa il maestro di sci da fondo ma poiché i turisti e gli allievi ci sono solo il fine settimana, con la sua cooperativa si occupa anche di noleggio di attrezzatura sportiva da montagna, di trasporti e traslochi.

“Di ragazzi, qui, ce ne sono: alcuni hanno investito sulla pastorizia, altri sull'agricoltura, altri ancora hanno aperto dei b&b. I rapporti che ci sono tra le persone in questi borghi, in città non si trovano. Questa cosa ci ricompensa di tutti i problemi che si hanno, dalla viabilità ai piccoli servizi che uno può avere in città e che sono assenti. In città proprio non mi ci vedo. Mi vedrei in un altro paesino ma a quel punto tanto vale rimanere qui a Castel del Monte, dove ci sono la mia famiglia e i miei amici. Bisogna portare avanti la generazione passata ma soprattutto quella presente, perché domani i nostri nonni non ci saranno più e il paese potrà vivere solo con i giovani. Bisogna creare posti di lavoro e assecondare le esigenze dei giovani, ma dobbiamo dialogare di più anche con gli altri paesi qui intorno. Abbiamo delle risorse e un potenziale inestimabile”.

Francesca e Romina, call center Inps: "Amiamo il nostro lavoro, non vogliamo andare via"

“E’ un anno che viviamo nell'incertezza” dice Francesca, 30 anni. “Non sappiamo se dopo giugno avremo ancora un lavoro, e questo, in una città dove il futuro sembra già limitato, è un dramma. Chiediamo continuità del rapporto di lavoro e la cessione del contratto all’azienda subentrante. Farci chiudere sarebbe assurdo,siamo tutti professionalizzati, la nostra formazione è costata allo Stato, cioè ai contribuenti italiani, 7 mila euro. Delocalizzare? Io ho vissuto sei anni in Spagna, potevo restare ma sono tornata qui perché volevo stare qui. Noi vogliamo solo che si tutelino i lavoratori, non ci interessa chi vincerà la nuova gara.Vogliamo rimanere e fare il lavoro che ci piace fare, perché, anche se può sembrare assurdo perché siamo un call center, il nostro lavoro ci piace”.

Il contact center Inps non è un call center come gli altri. I dipendenti non sono ragazzi sfruttati che tentano di vendere contratti telefinici a persone che non li vogliono comprare.

“Noi forniamo un sevizio a migliaia di persone” dice Romina “ci chiamano per avere informazioni sulla previdenza. Questo significa anche fare continua formazione perché la materia previdenziale è in continua evoluzione. Non siamo andati via nemmeno dopo il terremoto, vorremmo rimanere qua. Al principio di tutto deve esserci la tutela del lavoratore e non solo il rientro economico. Molte società vincitrici di appalti preferiscono licenziare i vecchi lavoratori e assumerne di nuovi per prendere sovvenzioni e fondi pubblicima questo danneggia altri lavoratori. Bisognerebbe tutelare più le persone”.

Ultima modifica il Martedì, 02 Maggio 2017 01:12

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