Martedì, 09 Maggio 2017 22:02

'Controesodo': la strategia dell'Anci per il rilancio dei piccoli Comuni

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Una strategia nazionale, per promuovere processi virtuosi di sviluppo che ruotino intorno alle vocazioni territoriali e alle eccellenze produttive locali.

E' il senso del progetto 'Controesodo', sul tavolo dell'Assemblea nazionale dei piccoli Comuni dell'Anci che si terrà a San Benedetto del Tronto il 1° luglio: una strategia nazionale che vorrebbe le aree interne al centro di un investimento di risorse adeguate per svilupparne le potenzialità, conservando il patrimonio etno-demo-antropologico, ambientale e culturale e fermare, quindi, lo spopolamento e l’invecchiamento. D'altra parte, è su queste aree del Paese che si gioca la sfida più importante per attuare il principio di uguaglianza sostanziale consacrato nella nostra Costituzione e per rilanciare l'economia anche e soprattutto turistica, rappresentando, i borghi delle aree interne e dell'Appennino in particolare, la vera specificità dell'Italia.

"Il terremoto dello spopolamento, però, colpisce tutti i giorni", ha sottolineato Massimo Castelli, coordinatore dei piccoli Comuni Anci e Sindaco di Cerignale (Piacenza), a margine dell'assemblea regionale Anci che si è tenuta lunedì a Fresagrandinaria (Chieti). "Serve innanzitutto una forte semplificazione normativa che consenta ai Comuni di dare migliori servizi ai cittadini e servono riforme, in primis una fiscalità di vantaggio in modo da incentivare le imprese ad investire nei territori contribuendo a creare sviluppo locale", ha chiarito.

"Mi chiedo: quando avremo finalmente messo a regime le gestioni associate, quando saremo arrivati alla realizzazione di un Comune modello, quando avremo ristrutturato le scuole, ci saranno ancora le persone che vivono nei piccoli Comuni?", si è domandato Castelli.

Per il sindaco di Cerignale, il punto è fermare l’emorragia dello spopolamento con azioni che consentano ai piccoli e piccolissimi Comuni una ripresa vera, uno sviluppo concreto; solo così "le persone che vivono questi territori potranno rimanerci e la popolazione potrebbe addirittura aumentare. Servono però infrastrutture e occupazione".

In questo senso va la strategia 'Controesodo', su cui l'Anci ha costituito un gruppo di lavoro con l'obiettivo di attivare delle politiche per le aree marginalizzate. "Il governo ci ha dato l’input di mettere a posto questa parte d’Italia, ma servono ovviamente gli strumenti. Serve l’approvazione della legge dei piccoli Comuni e serve una dotazione di almeno due miliardi e mezzo di euro. Se è una questione nazionale deve essere affrontata come emergenza nazionale".

Le richieste dei piccoli comuni: la strategia delle aree interne

In Italia, i piccoli comuni - sotto i 5mila abitanti - sono il 73% del totale, e insistono sul 54% del territorio, con una popolazione che si attesta al 26% su media nazionale; il rapporto tra mortalità e natalità è quasi raddoppiato in negativo, dal 2012 al 2016, passando dal 2.4 al 3.9%. A dire che c'è l'urgenza di invertire le politiche, così da arginare le tendenze distruttive della vita dei nostri comuni che significano l'abbandono dei presidi minimi e indispensabili per la cura e la gestione del territorio. Stando in Abruzzo, la Regione è costellata di piccoli borghi fino a 5mila abitanti: su 305 comuni, 219 contano meno di 3mila abitanti, 194 sono sotto i 2mila e addirittura 121 sotto i mille residenti; d'altra parte, il 40% della popolazione vive nei dieci Comuni più abitati.

Cosa chiedono i piccoli comuni? Innanzitutto, che venga ripensato radicalmente il tema dell’associazionismo: è costituito da norme che impongono l’obbligo associativo senza tener conto delle condizioni reali né delle necessità dei Comuni, dei limiti demografici, del ruolo e della prospettiva. La proposta del superamento dei limiti demografici e dell’obbligo associativo è stata sancita anche dai rapporti periodici del Ministero dell’Interno.

Il tema è normato dagli articoli 30, 31, 32 del Tuel; le modalità per associare funzioni e servizi comunali sono disciplinate come Convenzioni, Unioni di Comuni e Consorzi: le prime sono forme estremamente facili da praticare e non mutano il quadro istituzionale dato, nel senso che i singoli Comuni associati conservano tutte le loro prerogative; le Unioni, nate come passaggio verso la fusione di Comuni, comportano invece la cessione di tali prerogative; i Consorzi mettono in comune nuove ed aggiuntive prerogative; cui possono aggiungersi altre forme derivanti da fonti comunitarie, si pensi ai GAL o ai Patti Territoriali.

Ora, si aprono scenari diversi di riorganizzazione del territorio andando verso le aree omogenee come definite dall'elaborazione nazionale dell'Anci, in particolare sulla governance, che non può essere solo quello delle Unioni dei Comuni.

Ciò che si chiede di prendere in considerazione è l'associazionismo a rete, costituito su dimensione nazionale ed articolazioni regionali, basato sulle specificità di settore, di prodotto, di eccellenza, di identità; le associazioni a rete sono a comparti settoriali finalizzati a sostenere e promuovere le produzioni e le eccellenze locali, gli aspetti immateriali alla tradizione e del folclore, le caratteristiche identitarie legate alla manualità, all’oralità, all’artigianato di servizio, all’agricoltura e all’enogastronomia. Rientrano in questa tipologie le numerose reti rappresentate da RES Tipica di ANCI, i Borghi Più Belli, I Borghi Autentici , le città del vino, l’Associazione dei comuni delle Grotte.

Inoltre, il tavolo dei piccoli comuni dell'Anci è convinto si debba puntare sulla 'strategia delle aree interne' [Qui, l'approfondimento], come metodo e come linea di intervento finanziario. Dal punto di vista delle istituzioni del territorio, i comuni delle aree interne sono 4.261 (di cui 1.874 “periferici” o “ultra-periferici”), e rappresentano il 52,7% dei Comuni italiani .Si tratta di quasi un quarto di popolazione, che vive in circa tre quinti del territorio nazionale. Oltre 13 milioni e mezzo di abitanti, il 22,8% della popolazione nazionale, risiede in un comune di aree interne, per una superficie coperta pari a 183.959 kmq, il 61,0% della superficie totale del paese. Il 70,2% dei comuni di “aree interne” ha una popolazione inferiore a 2.000 unità, mentre oltre la metà (51,4%) si colloca nella fascia tra i 2.000 e i 4.999 residenti.

In dieci anni, dal 2001 al 2011, la popolazione residente nei comuni delle "aree interne" è cresciuta circa la metà (il 2,2%) rispetto alla media dei comuni italiani (4,3%); analogalmente, anche la densità abitativa nei comuni delle aree interne, pari a 73,6 abitanti per kmq, è oltre cinque volte inferiore rispetto a quella dei comuni classificati come centri (391,0 abitanti per kmq) e circa tre volte meno di quella italiana (197,2 ab./kmq).

La strategia nazionale indicata dal Governo italiano interviene su un problema molto avvertito dal mondo delle autonomie territoriali: lo spopolamento progressivo e l'abbandono di questi Comuni, per lo più di piccole dimensioni demografiche e di montagna, che soffrono di gravi disagi per le difficoltà di collegamento con i distanti centri urbani di erogazione dei servizi fondamentali (sanità, istruzione, mobilità). Investimenti significativi verranno canalizzati in questi territori, sia con le risorse nazionali sia con quelle disponibili da vari programmi comunitari, per finanziare interventi che potenzieranno l’offerta scolastica, miglioreranno la ri-organizzazione dei servizi sanitari, ammoderneranno la rete dei collegamenti, materiali e immateriali.

Scopo della strategia, infatti, è invertire il trend demografico negativo e sostenere crescita economica ed occupazionale.

Il pregio della strategia è che con l’innovativa metodologia di programmazione e progettazione locale adottata sarà forse possibile far convergere intenzionalmente verso questi comuni altre azioni e risorse (comunitarie, nazionali e regionali) per coprire il fabbisogno d'intervento. In questo caso, l’attenzione va focalizzata sul ruolo che i Comuni giocano nella strategia nazionale per le "aree interne", mettendone in luce la capacità di ripensarsi come "sistema territoriale intercomunale", oltre i limiti amministrativi disegnati per ciascuno di essi dall’ordinamento, attraverso l’organizzazione della gestione associata dei servizi e delle funzioni attribuite dalla legge.

Al momento, le "aree progetto" individuate sono 61 comprensive di 943 Comuni; sono state individuate 20 “aree pilota” che avvieranno la fase attuativa delle strategia e che coinvolgono 317 comuni, 616.258 abitanti (l’1% della popolazione italiana) e una superficie di 15.872 kmq, ovvero il 5,3% della superficie della penisola italiana. In Abruzzo sono quattro: Basso sangro - Trigno, Fino-Vestina, Subequana, Valle Roveto per 88 comuni, a cui si aggiungerà l’area cratere del Sisma 2016.

 

Ultima modifica il Mercoledì, 10 Maggio 2017 09:04

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