Lunedì, 13 Novembre 2017 03:32

"Combattevamo armati solo della fede nella libertà": gli antifascisti abruzzesi nella guerra civile spagnola. A L'Aquila un incontro e due mostre per ricordarli

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Antonio Fulgenzi era nato a Calascio il 12 aprile 1905. Emigrato a Buenos Aires, in Argentina era diventato elettricista, sindacalista e comunista. Partì per la Spagna nel luglio del 1937, arruolandosi nella Brigata Garibaldi, il battaglione italiano delle Brigate Internazionali organizzate dall’Internazionale Comunista. Nell’esercito repubblicano Fulgenzi fece prima il telefonista, poi salì di grado fino a diventare commissario politico di un battaglione della brigata e aiutante del commissario della brigata medesima. Morì il 5 settembre 1938 sul fronte dell’Ebro.

Ascanio Cerini, nato a Sant’Eusanio Forconese nel 1909, infermiere, era emigrato in un villaggio minerario del Belgio e da lì aveva raggiunto la Spagna nel novembre del 1936, insieme ai primi contingenti di volontari. Cerini fu uno degli ultimi miliziani a lasciare il Paese, dopo aver combattuto nel reparto d’assalto comandato da Guido Picelli insieme ad Antonio Eletto, originario di Fagnano e minatore in Francia, e a Raimondo Pensa, originario di Tagliacozzo, già membro del Fronte Unico di Parigi e in contatto con Giuseppe Di Vittorio.

Antonio Fulgenzi, Ascanio Cerini, Antonio Eletto, Raimondo Pensa e suo fratello Domenico, i fratelli Carlo e Mario Fabi sono alcuni degli antifascisti aquilani che partirono volontari per andare a combattere nella guerra civile spagnola nelle fila dell’esercito repubblicano contro le forze nazionaliste di Francisco Franco.

“Il territorio aquilano fornì un contributo non secondario dal punto di vista qualitativo all’esercito repubblicano spagnolo” racconta Riccardo Lolli dell’Anppia, Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti “Il reclutamento dei volontari avvenne soprattutto all’estero, prevalentemente in Francia”.

Gli abruzzesi che presero parte, come volontari, alla guerra civile spagnola nelle Brigate Internazionali furono 32, sui quattromila totali. La maggior parte di essi (14) era nativa della provincia dell’Aquila, 5 erano della provincia di Chieti, 5 di quella di Pescara e 8 di quella di Teramo.

La partecipazione degli aquilani alle Brigate internazionali sarà al centro dell’intervento che Lolli e dello storico Raffaele Colapietra terranno domani pomeriggio all Casa del Teatro in Piazza d’Arti, a L’Aquila, in occasione dell’inaugurazione di due mostre fotografiche dedicate alla Guerra civile spagnola, di cui l’anno scorso è ricorso l’ottantesimo anniversario.

Le mostre si intitolano Catalogna bombardata e La Spagna nel cuore e sono curate rispettivamente da Generalitat de Catalunya e dall’Aicvas (Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna) con la collaborazione di altre associazioni e istituti di ricerca storica italiani. Un allestimento che si compone, in totale, di 50 pannelli tra immagini e testi.

In particolare, Catalogna Bombardata ricostruisce la vicenda del bombardamento che dilaniò la Catalogna e Barcellona tra il ’37 e il ’39, cui presero parte gli aerei italiani inviati da Mussolini in supporto del Generale Franco, mentre La Spagna nel cuore approfondisce l’argomento a partire dalle condizioni economiche, politiche e sociali della Spagna dagli anni ’20 fino al tragico epilogo dell’aprile del ’39 e della dittatura franchista fino al 1975.

Tornando ai miliziani abruzzesi, la maggior parte di essi si arruolò tra i comunisti ma altrettanto combattiva, anche se meno nutrita, fu la compagine anarchica, nella quale, ad esempio, si distinse il contadino di Balsorano Giuseppe Bifolchi, che, già in contatto con Léon Blum e André Marty, giunse tra i primi in Catalogna dal Belgio, dove viveva facendo il cementista. Bifolchi combattè con un ruolo di primo piano nella colonna Francisco Ascaso, la stessa dove militò, per qualche tempo, anche Carlo Rosselli.

Le appartenenze, comunque, non erano sempre così rigide: ci furono anche anarchici che confluirono nelle brigate comuniste e viceversa. “Il confine negli orizzonti ideali dei volontari” spiega Lolli “non era sempre decifrabile con nettezza”. L’anarchico Giuseppe Di Giovambattista, ad esempio, minatore di Castel Di Ieri, anarchico, si arruolò nel terzo battaglione della Brigata Garibaldi, mentre Nunzio Marinangeli, aiuto cuoco originario di Rocca Di Cambio che a Parigi, dove era emigrato, era diventato membro della Concentrazione antifascista, pur essendo di fede socialista (ricevette il passaporto spagnolo per Barcellona direttamente da Pietro Nenni), andò a combattere nella colonna anarchica.

Combattevamo armati solo della nostra fede nella libertà” scriveva Marinangeli in una lettera, a testimoniare la sproporzione delle forze in campo, la debolezza e l’inadeguatezza delle milizie repubblicane di fronte alla soverchiante forza di quelle franchiste, appoggiate da Mussolini e Hitler. “Mai guerra è stata combattuta con maggiore accanimento e minore possibilità di vittoria” disse a confillito finito Marinangeli “Fu la fornace nella quale bruciarono i migliori, i più generosi tra gli antifascisti”.

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