Domenica, 17 Novembre 2013 16:11

Praticamente innocua - Viaggio semiserio nell'Aquila post-sisma / 11: Piazza D'Arti

di 

Praticamente innocua sbanca e si presenta per l'undicesima volta. Il viaggio semiserio nell'Aquila post-sisma, firmato Ford Prefect, questa volta arriva in un luogo nato dopo il terremoto: Piazza D'Arti. E' possibile leggere le prime dieci puntate dell'eclettico viaggio di Prefect qui. Buona lettura.

 

Ci sono posti all'Aquila che meriterebbero proprio un po' più di attenzione. Attenzione che dovrebbe essere prestata soprattutto dai tanti miei concittadini adusi ad una perenne lamentazione su quanto poco ci sia da fare in città.

"Che offre L'Aquila oggi?", "Ma veramente dovremmo far crescere i nostri figli in mezzo a questa desolazione?", "Non esiste neanche una città!", "Dove altro puoi andare se non al centro commerciale? Almeno lì incontri qualcuno...". Il siparietto, recitato con un tono lamentoso da coro greco al culmine drammatico della scena madre, normalmente si conclude con uno sguardo supplice, che ti scruta implorando una condivisione di tanta sofferenza. Non so voi, io a questo punto sono tentato dall'assestare all'interlocutore una sola, ma secca, testata sul setto nasale che gli rammenti che, in fondo, ci sono forme più acute di dolore. Ma non mi alletta l'idea del carcere, quindi mi limito a cambiare discorso.

Ora, sorvolando sul vero problema che oggi allontana la gente dalla città, che è la mancanza di lavoro e la cui trattazione esula fortunatamente dai limitati orizzonti di questa guida permettendomi di gigioneggiare in libertà, resto convinto che L'Aquila terremotata dia ancora parecchi punti a certo desolato hinterland nordico scandito da ritmi di vita improponibili e devastato da una vita sociale inesistente, oppure a certe sacche residuali di periferia romana dove sembra in corso l'olimpiade dell'antenna più alta, del caseggiato più lugubre, della cementificazione più selvaggia.

Adesso non mi linciate, mi rendo conto che passare l'esistenza tra il lavoro (per chi ce l’ha) e la piastra di un progetto C.A.S.E. possa non essere il massimo dell'aspirazione nella vita, ma il punto è proprio questo: possibile che sia tanto difficile guardarsi intorno e capire che c'è tanto altro da fare in questa complicata città?

Dicevo che ci sono posti all'Aquila che meriterebbero un po' più di attenzione: beh, oggi ne visitiamo virtualmente uno, e se non l’avete mai sentito nominare avete ufficialmente un problema di incomunicabilità con la città in cui vivete. Prima del terremoto, via Ficara forse non l'avevo mai neanche sentita. Una parallela insipida della statale 80, tra via dei Medici e l'Ospedale. Campi a destra e a sinistra, rifiuti a sfascio. Il posto perfetto per metterci qualcosa dopo il 6 Aprile.

E infatti nei mesi successivi, tra tagli di nastri e folle che osannavano l'omino col maglione blu e l'aria seria onnipresente in caso di emergenza e\o inaugurazione, lungo via Ficara aprono una serie di scuole in sgargianti colorazioni, dal bianco e verde a strisce verticali in perfetto stile pub irlandese al tetto rosso su parete bianca che fa tanto Playmobil.
Poco oltre, lievemente defilato sulla destra, si apre uno spiazzo che la solerte attenzione dell'Amministrazione continua pervicacemente a lasciare a breccia, quando una botta di asfalto in questa città non si è mai negata a nessuno. La medesima cura si riscontra anche nella totale mancanza di illuminazione pubblica, che fa tanto fascino old-style. Ogni tanto le piogge dilavano il fondo aprendo crepacci da Parigi-Dakar che qualche paziente samaritano ripiana con la pala.

Intorno a questo cerchio bianco ritagliato nel verde incolto pian piano è avvenuto uno dei tanti miracoli del dopo-terremoto: un po' convogliando qualche aiuto della prima ora, un po' aguzzando l'ingegno in cerca di soluzioni per l'immediato, un po', soprattutto, grazie al lavoro e alla passione di tanti giovani e non, è nato una specie di piccolo villaggio del volontariato e dell'arte, autodichiaratosi, con splendido gioco di parole, Piazza d'Arti.

Piazza d'Arti sembra, mutatis mutandis, un villaggio dell'antico West, considerazione che va oltre lo stato del fondo stradale: intorno alla piazza comune si affacciano una serie di costruzioni in cui, come altrove all'Aquila, i tratti del "provvisorio" sfumano verso connotazioni più realisticamente "durevoli". Il container del circolo Querencia con la sua forma a ferro di cavallo che cinge una piccola corte esterna, dove d'estate è bello godersi l'ombra, ospita un piccolo bar per i soci, a cui è perdonata senz'altro l'assenza di Martini, e un'allegra biblioteca dove rovistare in libertà tra i titoli o scambiare quattro chiacchiere. Anzi, ora che ci penso, è la prima biblioteca che visito dove non ricorre l'ossessionante mantra del "Silenzio".

Parcheggiato lì fuori, il Bibliobus aspetta la prima occasione propizia per portare i libri in giro per le strade, sovvertendo il vetusto e trito rapporto gerarchico tra il luogo della cultura e la gente. E il perenne sorriso di Nicoletta, che per me è quasi il logo di Piazza d'Arti, scardina definitivamente lo stereotipo del bibliotecario burbero.

Lì accanto la sede degli scout del CNGEI spicca nel suo verde speranza e risuona dell'attività dei ragazzi, e ancora più in là sorge il teatro animato dagli Artisti Aquilani e dall'associazione Teatrabile. E poi il MuSpAC, il museo sperimentale d'arte contemporanea, e ancora in ordine sparso la Comunità XXIV Luglio, l'APTDH, l'AISM, Il Sicomoro, Legambiente, Ricostruire Insieme, il Centro Internazionale Crocevia, Genitori si Diventa, il Centro Sportivo Italiano, i Solisti Aquilani. Ammetto che per non sbagliare ho guardato il sito web di Piazza D'Arti, quindi se ho aggiunto o omesso qualcuno declino qualsiasi responsabilità.

Un andare e venire continuo di gente che, invece di piangersi addosso, fa cose. Con impegno, cocciutaggine, desiderio di rendersi utili a se stessi e agli altri. Ognuno con i suoi problemi e, forse, la sua piastra a cui tornare la sera, ma con la voglia di dare un senso a questi anni di guado. D'estate il piazzale si anima di concerti e feste, e durante tutto l'anno il museo e il teatro ospitano incontri, conferenze, mostre e spettacoli. Presso Querencia non è raro imbattersi in coloratissime feste multietniche, perché qualcuno lo ha capito che questa città domani sarà un arcobaleno. E gli scout lavorano indefessamente con i ragazzi insegnando loro che il mondo non è completamente touch-screen.
Ce ne sono di cose da fare in un posto così. Basta guardarsi intorno, cercare tra le locandine. Le cose accadono, fuori dai MAP. La scelta sta a voi, e al valore che avete intenzione di dare al vostro tempo e a quello dei vostri figli.

Però vi avviso: la prossima volta che incontrate qualcuno in fila alle poste e, per ingannare il tempo, cercate di coinvolgerlo nel lamento dell'aquilano terremotato, state attenti.

Potrei essere io.

E stavolta vado in galera.

Ps.: La settimana scorsa questo pezzo non è uscito perchè avevamo tutti ben altro per la testa che cazzeggiare. Conserverò ogni ricordo e, tanto che ci sto, mi tengo pure le tue iniziali. Ciao Fabbrì!

Ultima modifica il Domenica, 17 Novembre 2013 01:19

Articoli correlati (da tag)

Chiudi