Lunedì, 04 Dicembre 2017 23:10

L'Aquila, i cittadini stranieri hanno assicurato la dimensione demografica. E ci ringiovaniscono. Ecco lo studio di Franco Colonna sulla popolazione residente

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E se gli stranieri fossero una risorsa della nostra città? Oltre i valori dell'accoglienza, dell'integrazione, dell'apertura all'altro che alcuni condividono ed altri no, se i cittadini provenienti da altri paesi rappresentassero una ricchezza economica e sociale che consente all'Aquila di mantenere il posizionamento dimensionale demografico del pre-terremoto garantendo, così, che i servizi - si pensi alla scuola, e non solo - vengano erogati e siano sostenibili, in periferia e nelle frazioni? Se la vitalità stessa delle frazioni fosse assicurata, anche, dai cittadini provenienti da altri paesi?

Piaccia o no, è così: emerge con evidenza dall'analisi dell'andamento della popolazione residente a L'Aquila, sul periodo 2001-2016, redatta dall'ingegner Franco Colonna in occasione del dibattito "La Città ad occhi aperti. Demografia e socialità, un territorio in transizione", organizzato ai primi di novembre da Articolo 1.

L'Aquila ha avuto il picco di residenti nel 2008, 72.515 cittadini iscritti all'anagrafe; a seguito del terremoto del 6 aprile 2009, si è registrato un calo costante che, tuttavia, si è ridotto dopo il 2014 fino all'azzeramento del 2016, con la popolazione che è attestata a 70.085 residenti, su livelli più alti, comunque, che nel 2001.

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Insomma, la tendenza demografica di lungo periodo non ha fatto registrare, a L’Aquila, forti scostamenti negli ultimi 15 anni, sebbene la città sia stata sconvolta da una terribile calamità naturale. Tuttavia, va considerato che pur perdendo - dal 2008 ad oggi - circa 2000 residenti complessivi, L'Aquila, in realtà, ha visto emigrare circa 7 mila persone, e ne sono arrivate circa 5 mila. D'altra parte, il numero di cittadini italiani, nello stesso periodo, è calato costantemente, anno dopo anno, da circa 68.850 a circa 64.880 residenti, 4mila in meno.

A dire che se la dimensione demografica è rimasta più o meno la stessa è merito dei cittadini stranieri che, nello stesso periodo di tempo, hanno scelto L'Aquila per costruirsi una possibilità di vita. Infatti, gli studi dell'ingegner Colonna dimostrano che il numero degli stranieri residenti è cresciuto costantemente negli anni, senza patire gli effetti del sisma, passando dai 1.620 del 2001 (il 2.3% del totale residenti) ai 3.656 del 2008 (5% del totale) e fino ai 5.199 residenti nel 2016 (7,5% del totale). Non solo. Si è registrato un incremento della percentuale di bambini nati all’Aquila da genitori stranieri, a indicare l’aumento della stabilità residenziale delle famiglie (al 2016, si attestano al 13% dei nuovi nati in città).

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In effetti, il saldo naturale dei residenti in città di nazionalità italiana - nascite e decessi, per dirla in breve - escludendo il terribile picco di deceduti nel 2009, è ogni anno fortemente negativo; significa che sono più i cittadini italiani che muoiono di quelli che nascono. Di converso, il saldo naturale dei cittadini stranieri è in costante crescita positiva, sebbene non riesca a compensare il saldo naturale dei residenti italiani. Significa che le famiglie di cittadini migranti mettono al mondo bambini, 'nuovi' aquilani, il presupposto indispensabile per la sopravvivenza di una comunità. Sul punto, torneremo.

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Altro dato interessante: il saldo migratorio totale, tra immigrati ed emigrati per intenderci, italiani e stranieri, negli anni precedenti al sisma è stato positivo, tanto da 'cancellare' il saldo naturale negativo; ciò ha prodotto l'incremento della popolazione residente, dalle 69.863 unità del 2001 alle 72.515 unità del 2008, il picco come abbiamo avuto modo di vedere.

Negli anni successivi al sisma, però, il saldo migratorio si è rilevato negativo, e per la decisione di cittadini italiani d'andare via, un dato che, sommato al saldo naturale altrettanto sconfortante, ha prodotto il decremento della popolazione fino alle 70.085 unità del 2016, temperato, lo ribadiamo, dai cittadini stranieri: e di nuovo, nel 2015 e nel 2016 anche il saldo migratorio dei cittadini provenienti da altre parti del mondo si è rilevato positivo. A dire che sono più i cittadini stranieri che arrivano di quelli che decidono di andar via. Vanno via più volentieri gli italiani, se non fosse chiaro.

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Torniamo così ai bambini e, più in generale, alla composizione dei residenti aquilani per età, migliorata dagli stranieri in termini di popolazione attiva.
Cosa significa? Ve lo spieghiamo: dal 2001 al 2016, la popolazione aquilana - in generale - è invecchiata; si è registrata, infatti, una marcata diminuzione dei residenti in età compresa tra i 15 e i 39 anni e un aumento dei cittadini oltre i 50 anni.

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Di nuovo, a riequilibrare - almeno in parte - un dato drammatico, per una comunità che voglia crescere almeno, sono stati gli stranieri: per fare un esempio, tra il 2001 e il 2016 i bambini italiani tra 0 e 4 anni sono diminuiti di 213 unità, sono aumentati invece i bambini stranieri di 327; la classe d'età dai 30 ai 39 anni, la forza lavoro per intenderci, ha registrato un aumento di cittadini stranieri di 766 unità e una diminuzione di italiani di 2226 unità. Ancor più preoccupante il dato sulla classe 25-29 anni, con gli stranieri che aumentano di 244 unità e gli italiani che diminuiscono di 1455 unità. Dai 60 anni in su, invece, il numero di italiani - dal 2001 al 2016 - è in costante aumento, segno che tra i cittadini italiani molti sono anziani. 

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Osservando i grafici redatti dall'ingegner Colonna, nel periodo 2001-2016 appaiono evidenti i seguenti aspetti: 

  • la bassa influenza degli stranieri sulla popolazione anziana per i prossimi 15 anni, la classe d'eta che non è più produttiva e che, col rispetto che si deve, rappresenta un costo per la società;
  • l'influenza positiva degli stranieri sulla popolazione attiva nella fascia 20-49 anni, la fetta di popolazione che lavora e produce, che ha perso 3.133 italiani e guadagnato 903 stranieri tra il 2008 ed il 2016; 
  • la fascia 19-26 anni richiede un’analisi meno semplice, perché in essa sono compresi gli studenti universitari, per la maggior parte di nazionalità italiana, ed i giovani lavoratori di nazionalità straniera. La diminuzione di italiani nella fascia è notevole, quasi 2.000 unità, mentre l’incremento degli stranieri è pari a 285 unità. Altro dato che dovrebbe preoccupare, e molto, significa che i nostri ragazzi, per lo più istruiti, vanno via per cercare lavoro altrove;
  • compensazione quasi totale nella fascia 0-10 anni - i cittadini di domani - tra la diminuzione degli italiani pari a 711 unità e l’aumento degli stranieri pari a 633 unità, con indubbio beneficio per le scuole e per chi ci lavora. Colonna chiarisce che, senza gli stranieri, oggi sarebbero scomparse 25 classi di Scuola Primaria, Materna e della prima infanzia. 

Evidenze che emergono anche a sfogliare gli indici di natalità e invecchiamento: se si considera il numero di nati ogni mille abitanti, con la media italiana che si attesta a 8.18, la natalità tra gli italiani residenti a L'Aquila si attesta a 7.6 (nel 2001 era a 7.5, nel 2008 a 7.9); tra gli stranieri, invece, schizza a 16 ogni mille abitanti (era a 4.3 nel 2001, a 10.7 nel 2008). Di converso, il numero di residenti oltre i 64 anni ogni 100 in età 0-14 anni tra gli italiani è 205 (150 e 171 rispettivamente nel 2001 e nel 2008) e tra gli stranieri 19. Più chiaro di così.

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Dando un'occhiata alla graduatoria delle nazionalità più numerose, emerge che i rumeni sono i più presenti, con una maggioranza di donne e un'età media e un'età media di 41 anni; seguono i macedoni, in maggioranza uomini, con una età media di 40 anni. In particolare, si rileva che l’immigrazione dai Paesi del Nord-Est europeo (Ucraina, Moldova, Romania, Polonia) e dalle Filippine, dal 2001, è stata prevalentemente femminile - evidentemente impiegate nei servizi domestici e nell’assistenza agli anziani - mentre l’immigrazione da Macedonia, Albania, Kosovo e Paesi Nordafricani è stata prevalentemente di maschi, che hanno trovato lavoro sopratutto nell’edilizia. Negli anni successivi, le Comunità di Romania, Macedonia, Albania e Marocco si sono riunite con i congiunti inizialmente restati nei Paesi di origine o hanno formato nuove famiglie e si è verificato il consistente aumento dei figli. La cosa si è verificata in misura minore per le comunità di Ucraina, Moldova e Polonia; Polonia che, anzi, ha perso un quarto dei residenti tra il 2008 ed il 2016. Nei casi delle comunità Peruviana e Cinese, invece, fin dall’inizio sono immigrate intere famiglie.

Un'ultima annotazione, importante; si parla spesso di città territorio, di frazioni, il centrodestra al governo della città ci ha vinto le elezioni. Ebbene, ad Arischia e Bagno la popolazione è rimasta pressoché costante: l’aumento degli stranieri (9.2% ad Arischia e 8.7% a Bagno) ha compensato la diminuzione degli italiani; Camarda perde leggermente residenti, nonostante l’aumento degli stranieri (8.2%). Che dire di Paganica: la crescita dei residenti continua dopo il sisma per effetto della evidente notevole attrattiva sugli stranieri, divenuti il 15% della popolazione nel 2016. Ancora: Preturo e Roio crescono entrambi, anche dopo il sisma, Preturo per l’aumento sia degli italiani che degli stranieri (14% sul totale), Roio solo per gli stranieri (14.6%). Sassa ha un trend simile a Preturo, col 12.1% di stranieri nel 2016.

Insomma, se le frazioni sono vive e abitate, se si muove economia che significa la possibilità di tenere aperte le attività commerciali, se ci sono famiglie con bambini, e dunque si riescono a tenere le scuole aperte, è anche merito dei cittadini che arrivano da altri paesi.

Piuttosto è preoccupante la situazione del centro storico, sebbene - giusto dirlo - lo spopolamento sia caratteristica comune di molte città italiane; sta di fatto che la costante perdita di residenti negli anni (erano più di 11.000 nel 1981, poco meno di 9.000 nel 2001), a seguito del sisma è ancora più marcata a causa dei molti edifici ad uso abitativo ancora da ricostruire, dell’assenza di alloggi provvisori ed anche dei molti decessi (si consideri che nel centro storico, al 31 dicembre 2008, erano residenti 884 ultra-ottantenni) con nascite pressoché nulle. In più, non pochi residenti si sono definitivamente trasferiti altrove. E di stranieri, ce ne sono davvero pochi; al 2016, i residenti sono scesi a 5.854, 170 gli stranieri. Per questo, è indispensabile mettere in campo una diffusione di servizi capaci di rispondere ai bisogni del centro storico, altrimenti destinato al declino, anche utilizzando il patrimonio pubblico a disposizione.

 

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