Andrà in onda mercoledì sera alle 21:30 la seconda puntata di MAIA, terra Madre su laQtv.
L’argomento sarà ancora l’acqua, questa volta nella sua veste di elemento selvaggio, portatore di energia, di limo fertile, grande scultore dei nostri paesaggi, delle montagne e delle vallate, ma purtroppo mai sufficientemente rispettato da quegli esseri fastidiosi che si autodefiniscono 'Homo sapiens'. "Noi imprigioniamo l’acqua nei bacini, la costringiamo nelle condotte forzate per carpirne la forza, la rinchiudiamo in corridoi di cemento credendo di averla addomesticata e poi, estrema onta, la carichiamo dei nostri rifiuti avvelenando fiumi, laghi e mari", spiega Antonio Moretti. "Poi, inspiegabilmente, la malediciamo quando, sfuggita al nostro controllo, entra nelle nostre case e seppellisce le nostre città e le nostre campagne. Allora chiediamo a gran voce che “qualcuno” provveda a metterla in sicurezza, come se non fossimo tutti ugualmente responsabili del disastro del nostro territorio".
Come il terremoto, anche la furia degli elementi atmosferici colpisce periodicamente il nostro pianeta, con altrettanta violenza e procurando altrettante catastrofi. "Ma, a differenza del terremoto, Maia stessa ci fornisce la soluzione - sottolinea Moretti - indicandoci con chiarezza quali porzioni del territorio occupare e quali, invece, reclama per sé: le golene e gli alvei dei fiumi, habitat importantissimi per moltissimi dei suoi figli 'non sapiens', i torrenti e le conoidi pedemontane, le pendici soggette a frane e valanghe, litorali sabbiosi e coste rocciose, tutti quegli ambienti dove, oramai lo sappiamo, periodicamente avvengono i grandi eventi morfogenetici che scandiscono la vita geologica della nostra casa comune".
Nei secoli passati le popolazioni dell’Appennino non avevano satelliti artificiali, reti globali e conoscevano meno di noi la dinamica dell’atmosfera, ma certamente avevano migliore memoria storica, più prudenza e soprattutto maggiore rispetto per Maia. "Sono stato molto indeciso su cosa fosse opportuno dire e cosa caritatevolmente tacere nei pochi minuti televisivi a mia disposizione. Non entrerò perciò nei meriti dei singoli paesi, perché praticamente ovunque l’urbanizzazione scellerata dell’ultimo secolo ha creato situazioni di grande rischio: ricordiamoci, uno per tutti, del problema del vallone di S.Giuliano all’Aquila, passato in secondo piano dopo il terremoto del 6 aprile 2009, ma tutt'ora incombente su moltissimi cittadini aquilani. Mi limiterò perciò a parlare del fenomeno naturale in se stesso, lasciando al buon senso ed ai consigli di Elio Ursini la scelta di come proteggere le proprie case e le proprie vite".
Alluvioni e nubifragi: sono due fenomeni diversi, che hanno origine ed evoluzione diversa. "Quando parliamo di alluvione generalmente ci riferiamo progressivo aumento del livello e della portata di un corso d’acqua il quale, a causa di intense e prolungate piogge, magari avvenute a molti chilometri di distanza, esce dal proprio alveo ed invade pianure e fondovalli, con grande disagio delle popolazioni, danno economico e, talvolta, anche vittime umane. Al giorno d’oggi tuttavia, le 'pieneì dei fiumi possono essere previste e monitorate con un certo anticipo: anche se nessuno potrà mai impedire ad un fiume di riprendersi il proprio spazio quando questo sia stato sconsideratamente urbanizzato, almeno seguire le indicazioni delle autorità e conoscere il piano di Protezione Civile del proprio comune potrà servire a salvare la vita, soprattutto per quelle persone che vivono in quelle zone indicate nel PAI (Piano per il Rischio Idraulico) come a rischio di inondazione. Il vero pericolo tuttavia sono i nubifragi, violentissimi ed improvvisi fenomeni meteorologici che si possono formare in qualunque punto della terraferma, tanto sulle coste che in montagna, quando si verificano alcune condizioni particolari che cercherò di spiegare.
Nelle ore più calde della giornata, generalmente in primavera ed in estate, il sole scalda notevolmente il suolo e causa, nel contempo, una forte evaporazione dalla superficie del suolo. Si forma così uno strato instabile di aria calda ed umida, molto più leggera dell’atmosfera ancora fredda soprastante, che tende a salire verso l’alto. Quando, in un certo punto, si forma una colonna di aria ascendente questa tende a 'risucchiare' dal suolo tutta l’aria calda ed umida circostante, aumentando rapidamente la propria energia, con forza sempre maggiore via via che in quota incontra degli strati più freddi. Salendo l’aria calda si espande e comincia a precipitare la propria umidità sotto forma di goccioline di pioggia: questo libera il calore latente contenuto nell’aria umida aumentando così ulteriormente la forza e la velocità della corrente ascensionale, che alle nostre latitudini può superare i 200 km/ora e raggiungere la base della stratosfera a circa 10-12 km di quota. Durante la risalita le goccioline si uniscono tra loro formando gocce di pioggia o, se l’aria è sufficientemente fredda, chicchi di grandine di dimensioni sempre maggiori. Pioggia e grandine tuttavia non possono precipitare verso terra perché vengono tenute in sospensione dalla violentissima corrente ascensionale, accrescendosi e concentrandosi sempre di più. Durante questa fase le correnti ascensionali portano verso l’alto anche particelle cariche elettricamente, causando pericolosissime tempeste di fulmini. Contemporaneamente l’aria calda che sale negli strati superiori spingerà l’aria fredda verso il basso, la quale andrà a prendere il posto di quella calda 'risucchiata' verso l’alto, formando una cella convettiva e generando al suolo venti freddi e fortissimi, avviso inequivocabile dell’approssimarsi del temporale".
Maggiore è l’energia termica accumulata dall’aria al suolo, maggiore la differenza di temperatura con gli strati freddi soprastanti, maggiore sarà la durata e la violenza della cella temporalesca, che potrà trasformarsi in “supercella” o dividersi in celle multiple. "Quando l’equilibrio della nuvola temporalesca si rompe (da qui il termine 'nubifragio'), tutta la colonna di pioggia e la grandine mantenuta in sospensione dalle correnti ascensionali precipita improvvisamente al suolo. In Appennino l’esperienza ci insegna che possono cadere fino a 200mm di pioggia e grandine in meno di un’ora.
Naturalmente non solo acqua. Quando una pioggia molto intensa colpisce il suolo, soprattutto se i pendii sono molto ripidi, si distinguono tre fasi principali. Nella prima fase la pioggia viene assorbita nelle fratture del suolo, in maniera diversa a seconda della diversa composizione delle rocce e della vegetazione. Nella seconda fase, quando il suolo è saturo (e nel caso di un nubifragio bastano pochi minuti) la pioggia in eccesso comincia a ruscellare verso valle, con velocità tanto maggiore quanto maggiore è la pendenza e ridotta la copertura vegetale. Nella terza fase, superato un punto critico di velocità, la pioggia inizia a trascinare con se particelle di terra e frammenti di roccia. Si forma così un flusso fangoso di detriti (tecnicamente un debris-flow), piu pesante della semplice acqua; questo flusso aumenta sempre più di velocità e di densità via via che si carica di detriti sempre piu grossi, fino a trasportare con se veri e propri massi, formando fronti improvvisi di fango e roccia che raggiungono il fondovalle con la forza inimmaginabile".
Abbiamo avuto modo di vedere molte volte questo fenomeno in televisione. Ricordiamo le alluvioni della Garfagnana del 1996, poi ripetute negli ultimi anni quasi regolarmente all’inizio dell’estate. "Anche nelle vallate aquilane non sono mancati fenomeni simili, basti pensare all’alluvione che colpi Sassa e Tornimparte nel 1925 facendo 4 vittime, o il violentissimo nubifragio che mise in ginocchio S.Stefano di Sessanio nel luglio del 1873.
Se un fenomeno del genere si verificasse nuovamente in una delle ripide vallate che scendono dalle pendici montane verso il fondovalle dell’Aterno, del Tirino o del Pescara, in in poche decine di minuti queste potrebbero raccogliere centinaia di milioni litri di acqua, che precipiterebbero verso valle con dislivelli di centinaia metri, confluendo prima con violenza inaudita verso la parte più stretta della gola, e da qui si allargherebbero nella pianura sottostante, perdendo velocità e depositando il loro carico di rocce e detriti a forma di ventaglio alluvionale. Così si sono formate le conoidi che scendono dalle nostre montagne, cosi venne seppellita alla fine del 1700 la chiesa di Santa Maria di Cartignano presso Bussi, così si ripeteranno nel futuro gli stessi fenomeni alluvionali, verosimilmente con violenza sempre maggiore via via che il riscaldamento globale del pianeta condurrà ad eventi sempre più estremi. Maia è madre generosa, ma anche severa. Non manchiamole di rispetto, perché da essa dipende la nostra vita, come individui e come specie. Homo sapiens. Dicono...".