Una boccata d’ossigeno.
In giornate segnate da gesti vergognosi, in un vortice di dichiarazioni disumane, l’evento organizzato ieri al Circolo Arci Querencia dal Movimento giovanile della sinistra, la freschezza di ragazze e ragazzi che, in un periodo di profondo smarrimento della sinistra, di preoccupante timidezza e reticenza nell'affrontare i temi della migrazione, hanno avuto la voglia, e il coraggio, di animare un confronto pubblico capace di riportare la vicenda in una cornice di verità, ha rappresentato un momento di politica vera, e seria.
Ce n’era bisogno, ce ne sarà ancora bisogno, sempre di più, in futuro.
Attorno al tavolo Andrea Salomone, coordinatore dei progetti Sprar di L’Aquila e Pizzoli di cui ci siamo diffusamente occupati sul nostro giornale e l’europarlamentare di Liberi e Uguali Massimo Paolucci. Ad introdurre il dibattito William Giordano, del Movimento giovanile della sinistra; con lui, tra gli altri, sono intervenuti Tommaso Cotellessa e Giorgio Bruno, giovanissimi e appassionati. In platea, il coordinatore regionale di Articolo 1 Fabio Ranieri con il capogruppo in Consiglio comunale Giustino Masciocco, Luigi Fabiani, Giorgio Spacca e altri esponenti del movimento; presente anche il segretario cittadino del Partito Democratico Stefano Albano con la responsabile dem per le politiche sociali Emanuela Di Giovambattista, il segretario cittadino di Sinistra Italiana Pierluigi Iannarelli, il segretario provinciale della Cgil Umberto Trasatti. Si è fatto vedere anche il vice presidente della Giunta regionale, Giovanni Lolli e il segretario dell’Anpi provinciale Fulvio Angelini.
“Dobbiamo essere fermissimi sulle nostre idee, ma dobbiamo saper ascoltare e discutere, con la freschezza dei nostri ideali e con la forza dei numeri e del ragionamento”, ha sottolineato Paolucci. Che è partito proprio dalle fredde cifre: “Sul sito dei Ministero degli Interni, il numero degli immigrati giunti in Italia viene aggiornato quotidianamente: ebbene, nel periodo di riferimento 1 gennaio – 19 luglio, nel 2016 erano sbarcate 80.004 persone, nel 2017, invece, 93.359; quest’anno, siamo a 17.838 immigrati sbarcati sulle nostre coste; le scene vergognose cui stiamo assistendo, le parole violente che stiamo ascoltando per poco meno di 18mila persone. L’Italia ha poco meno di 60milioni di residenti: l’1% equivale a 600mila, fate voi i conti”.
D’altra parte, a sfogliare il monitoraggio curato dall’UNHRC, si evince come, nei primi 6 mesi del 2018, i migranti giunti in Europa dal Mediterraneo fossero 43.052: 16mila 282 sono sbarcati in Italia, 16 mila in Spagna sulla rotta ‘marocchina’, 13.120 in Grecia.
Altro che invasione.
Va sfatato un altro ‘mito’, ha aggiunto Paolucci, il presunto abbandono dell’Italia, “lasciata sola ad affrontare la questione migranti” come sentiamo ripetere da mesi: ebbene, “i rifugiati nel mondo sono 17milioni e 200mila – ha tenuto a sottolineare l’europarlamentare – l’Europa ne ha accolti 2milioni e 300mila, l’Italia 147.340: 2.4 migranti ogni mille abitanti; in Svezia siamo a 23.4 ogni 1000, in Germania ad 8.1, in Francia a 4.6: sotto l’Italia, c’è soltanto la Gran Bretagna”.
Per intendersi: l’Uganda nel 2017 ha ospitato 420mila migranti.
Non c’è alcuna invasione di migranti dal continente africano che “preme” sull’Europa: al 2017, fonte l’UNCTAD – ‘Migration for structural transformation’ – oltre la metà delle persone che hanno lasciato il proprio paese d’origine è rimasta nel continente (circa 19.4 milioni). Tra questi, l’80% si è spostato in un Paese della stessa regione; in particolare, ci si sposta verso il Sudafrica, la Costa d’Avorio, la Nigeria, l’Etiopia e, appunto, l’Uganda. Quello africano è uno scenario migratorio a due facce: si tratta del continente più “mobile” del mondo, con numerosi paesi di emigrazione e altrettanti di immigrazione.
L'altra faccia della medaglia è rappresentata dall'emigrazione: ogni anno 250mila italiani lasciano il Paese; stando all’Istat sarebbero 100mila, l’Istituto però conta soltanto coloro che, trasferendosi altrove, si cancellano dall’anagrafe. E ad andarsene sono, per lo più, giovani in età da lavoro; se si aggiunge il continuo calo delle nascite si comprendono appieno le parole di Tito Boeri che, al culmine della stucchevole polemica col ministro Matteo Salvini, ha spiegato come “nel confronto pubblico degli ultimi mesi si sia parlato tanto di immigrazione, ma nessuno sembra preoccuparsi del declino demografico del Paese. Gli italiani - ha chiarito Boeri - sottostimano la quota di popolazione sopra i 65 anni e sovrastimano quella di immigrati e di persone con meno di 14 anni. Questo avviene anche in altri Paesi, ma la deviazione fra percezione e realtà è molto più accentuata da noi che altrove. Non sono solo pregiudizi: si tratta di vera e propria disinformazione”. Bisognerebbe dire agli italiani “la verità”, invece di agitare “continuamente lo spettro delle invasioni via mare quando gli sbarchi sono in via di diminuzione”.
Anche a causa degli effetti dell’invecchiamento, la popolazione italiana in età di lavoro diminuirà di circa il 20% (già nel 2020 si profilava il fabbisogno di 1,3 milioni di stranieri in più, molti dei quali già cittadini Ue); secondo talune valutazioni un po’ datate, l’Italia doveva essere, nel 2060, il Paese mediterraneo con il maggior numero di immigrati residenti (12 milioni). Recentemente, da parte degli osservatori internazionali, sono emerse delle preoccupazioni sulla tenuta degli equilibri del sistema pensionistico proprio in conseguenza dell’assetto ancor più negativo dei trend demografici (maggiore invecchiamento e più accentuata denatalità, nonostante l’apporto delle famiglie straniere) a fronte di un possibile calo della immigrazione.
Nelle previsioni, una delle condizioni per la sostenibilità del sistema - oltre agli altri indicatori di carattere macroeconomico - consisteva in un saldo migratorio di 380mila unità nel 2010; questo apporto veniva dimezzato nei successivi 50 anni. Nelle proiezioni più recenti si temono saldi ancora inferiori con effetti negativi sulla tenuta dei conti nel futuro. Tra l'altro, già oggi, senza il lavoro degli stranieri, interi settori dell’economia (agricoltura, turismo, costruzioni, servizi alla persona, ma anche comparti dell’industria manifatturiera) incontrerebbero delle enormi difficoltà.
Di nuovo, altro che invasione.
Tuttavia, siamo costretti ad ascoltare parole “inaccettabili” ha aggiunto l’europarlamentare Massimo Paolucci: “è finita la pacchia, come se fosse una pacchia per una mamma, un papà, un nonno far salire un figlio o un nipote su un barcone; debbono scendere con le manette, rivolti agli immigranti giunti a Trapani con la Diciotti: una affermazione gravissima” e, tra l’altro, aggiungiamo noi, frutto di una ricostruzione dei fatti avvenuti sulla nave smentita dalle evidenze d’indagine che stanno emergendo proprio in queste ore; “censimento dei rom: piuttosto, andrebbero censiti i campi in Puglia, in Calabria, dove i migranti sono ridotti in condizione di schiavitù. Al giovane disoccupato meridionale voglio dire che i nemici sono altri, è un sistema economico che sta aumentando in modo drammatico le diseguaglianze: l’1% della popolazione detiene il 40% della ricchezza mondiale, in 8 nel mondo possiedono più di 3 miliardi di persone. E’ lì che dobbiamo intervenire”.
Paolucci va anche oltre: “va eliminata la distinzione tra migranti economici e rifugiati; nella zona del Sahara vivono 720 milioni di persone, tra dittature, guerre e siccità. Trenta milioni di migranti si spostano per i cambiamenti climatici: ogni secondo, un pezzo di terreno grande come un campo di calcio cambia di proprietà, succede che grandi multinazionali vanno lì, comprano le terre, cacciano chi c’era e tolgono alle persone la possibilità di sopravvivere. Ecco la doppia morale dell’Occidente: facciamo investimenti in quei paesi, negoziamo che chi investe lì non paga le tasse, gli utili li portiamo in Europa e per le popolazioni locali non resta nulla”.
Altra ‘mito’ che l’europarlamentare di LeU ha inteso sfatare attiene al discusso trattato così detto Dublino III che, come noto, prevede l’obbligo per i migranti di registrarsi nel paese d’arrivo, dove il profugo è costretto a chiedere lo status di rifugiato senza poter proseguire per un altro paese membro, anche se vorrebbe. Ebbene, “l’accordo è stato sottoscritto nel 2003 dal governo Berlusconi – sostenuto dalla destra tutta, da Bossi e Maroni – e non viene modificato perché gli amici di Salvini, i paesi del così detto ‘blocco di Visegrad’ non lo permettono. I due terzi del Parlamento europeo – sinistra Gue, socialisti e democratici, verdi, l’80% dei popolari – avevano votato una riforma di Dublino che prevedeva sanzioni per i paesi che non avessero rispettato l’accordo per la ridistribuzione dei migranti. Riforma bloccata dai paesi dell’Est. Insomma, il governo del cambiamento, fino ad ora, ha ottenuto che l’accordo di Dublino non verrà modificato, anzi l’accoglienza per i paesi membri da obbligatoria è diventata volontaria: si è ottenuto soltanto il rimpatrio degli immigrati cui non sia stato riconosciuto lo status di rifugiato. Una deblacle”.
E dunque, cosa c’è dietro? Come mai il ministro dell’Interno non si batte contro chi non rispetta il principio della redistribuzione dei migranti, anzi ci si allea? “Salvini mantiene un clima di paura, ingigantisce il fenomeno, ma sostanzialmente il suo obiettivo è la crisi dell’Europa che non è mai stata così in difficoltà prima d’ora; si percepisce guardando alle spaccature dentro il Partito Popolare, il suo slittamento a destra, ai problemi della Merkel in Europa. Per alcuni paesi, i migranti stanno diventando il grimaldello con cui far saltare l’Europa”.