Martedì, 28 Agosto 2018 11:28

Italiani i più ostili d'Europa agli immigrati, "e credono ce ne siano il quadruplo"

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L’immigrazione è stato un tema centrale durante la scorsa campagna elettorale ed è rimasto al centro della discussione pubblica anche nei mesi successivi, dopo la nomina del governo Conte.

Sicuramente, si è trattato di una tematica che ha contribuito al successo elettorale della Lega e sulla quale lo stesso Matteo Salvini – come si è visto nelle ultime settimane – ha impostato la propria agenda di governo (e di comunicazione) come ministro dell’Interno. Però, su questo argomento i dati a disposizione dell’opinione pubblica sono spesso frammentari e talvolta presentati in maniera “partigiana”, stiracchiandoli da una parte o dall’altra in base agli interessi dei partiti. Il che contribuisce spesso a proiettare un’immagine distorta della realtà del fenomeno migratorio in Italia, dove le percezioni contano più dei dati concreti.

Ma quanto pesa questa possibile distorsione nel caso italiano, soprattutto se confrontata con gli altri paesi dell’Unione Europea? Per rispondere a questo interrogativo, l’Istituto Cattaneo ha analizzato i dati forniti dall’Eurobarometro in merito alla presenza di immigrati stimati dai cittadini in ciascuno degli Statimembri dell’UE. In particolare, la domanda che è stata rivolta agli intervistati era la seguente: “Per quanto ne sa Lei, qual è la percentuale di immigrati rispetto alla popolazione complessiva in Italia?”. Va precisato che, in questo sondaggio, per “immigrati” si intendono soltanto le persone nate fuori dai confini dell’Unione Europea e che attualmente risiedono legalmente nel nostro paese.

Il quadro europeo: tra scarsa conoscenza ed errata percezione

Il primo dato che emerge dalla nostra analisi (figura 1) è che, nell’intero contesto europeo, all’incirca un terzo dei rispondenti (31,5%) non sa fornire una risposta sulla percentuale di immigrati che vivono nei loro paesi. In alcuni casi (Bulgaria, Portogallo, Malta e Spagna) la percentuale di chi non sa rispondere supera abbondantemente il 50%, mentre l’Italia si attesta al di sotto della media europea. Infatti, gli italiani che non sanno rispondere sono “soltanto” il 27% del campione.

Il quadro che emerge da questi primi dati segnala innanzitutto un’elevata incertezza dei cittadini sull’ampiezza del fenomeno migratorio in Europa.

Se passiamo poi ad osservare le stime sulla percentuale di immigrati fornite dagli intervistatori, confrontandole con i dati reali forniti dall’Eurostat (2017), l’incertezza e l’imprecisione nella valutazione sulla presenza di immigrati vengono ulteriormente confermate. Come mostra la figura 2, i cittadini europei sovrastimano nettamente la percentuale di immigrati presenti nei loro paesi: di fronte al 7,2% di immigrati nonUE presenti “realmente” negli Stati europei, gli intervistati ne stimano il 16,7%. Ma in questo caso il dato che riguarda l’Italia è quello più significativo: gli intervistati italiani sono quelli che mostrano un maggior distacco (in punti percentuali) tra la percentuale di immigrati non-UE realmente presenti in Italia (7%) e quella stimata, o percepita, pari al 25%.

figura1

L’errore di percezione commesso dagli italiani è quello più alto tra tutti i paesi dell’Unione Europea (+17,4 punti percentuali) e si manterrebbe ugualmente elevato anche se considerassimo la percentuale di tutti gli immigrati presenti in Italia – che, secondo i dati delle Nazioni Unite, corrispondono attualmente al 10% della popolazione (cresciuti di oltre 6 punti percentuali rispetto al 2007). Gli altri paesi che mostrano un “errore percettivo” di poco inferiore a quello italiano sono il Portogallo (+14,6 punti percentuali), la Spagna (+14,4 p.p.) e il Regno Unito (+12,8 p.p.). Al contrario, la differenza tra la percentuale di immigrati “reali” e “percepiti” è minima nei paesi nordici (Svezia +0,3; Danimarca +2,2; Finlandia +2,6) e in alcuni paesi dell’Europa centro-orientale (Estonia -1,1; Croazia +0,1).

figura2

Gli errori di percezione sull’immigrazione in Europa segnalano dunque l’esistenza di una scarsa informazione dell’opinione pubblica su questa tematica. Però, l’errata stima sulla presenza di immigrati potrebbe derivare anche da pregiudizi – radicati negli elettori – che ne condizionano ex ante ogni valutazione. Detto diversamente: chi, per principio, ha una posizione sfavorevole verso gli immigrati potrebbe essere indotto a ingigantire la portata del fenomeno oppure a giustificare il proprio atteggiamento in virtù di una percezione distorta della questione. Per analizzare nel dettaglio questa relazione, abbiamo preso in considerazione l’indice NIM elaborato dal Pew Research Center, che misura il grado di sentimento Nazionalista, anti-Immigrati e contrario alle Minoranze religiose in 15 nazioni europee. Questo indice ha un intervallo che va da 0 a 10, dove 0 corrisponde a un atteggiamento di estrema apertura verso le minoranze religiose e l’immigrazione in generale, mentre 10 indica il massimo livello di chiusura e ostilità verso immigrati o cittadini appartenenti ad altre religioni.

Nella figura 3 l’indice NIM (o, per brevità, Indice di nazionalismo) è messo in relazione con l’errore di percezione tra gli immigrati “reali” e quelli “percepiti” dagli intervistati in tutti i paesi per i quali erano disponibili entrambi i dati. Come si può notare, esiste una relazione positiva tra l’errata percezione del fenomeno migratorio e l’atteggiamento verso l’immigrazione. Cioè: all’aumentare dell’ostilità verso gli immigrati, aumenta anche l’errore nella valutazione sulla presenza di immigrati nel proprio paese. Come in precedenza, l’Italia si conferma – su entrambi i fronti – il paese collocato nella posizione più “estrema”, caratterizzata dal maggior livello di ostilità verso l’immigrazione e le minoranze religiose. Naturalmente, da questa correlazione non è possibile stabilire nessun nesso di tipo causa-effetto. Nel senso che l’atteggiamento fortemente negativo verso l’immigrazione potrebbe essere la causa di una sovrastima degli immigrati presenti nella società così come potrebbe esserne la conseguenza (chi ritiene che gli immigrati siano “troppi” potrebbe essere indotto a maturare un sentimento di ostilità verso gli stessi immigrati).

Ad ogni modo, è chiaro che la questione della “errore percettivo” in riferimento al fenomeno migratorio non deriva soltanto da un problema di poca o scarsa informazione, bensì da diverse “visioni” del mondo che inevitabilmente ne condizionano l’osservazione.

figura3

Focus italiano: tra pregiudizi e disinformazione

A conferma di quanto appena sostenuto, è possibile osservare i dati riportati nella figura 4, riguardanti esclusivamente il caso italiano. Come si può vedere, lo scarto tra la percentuale di immigrati presenti in Italia e quella percepita dagli intervistati è maggiore tra chi si definisce di centrodestra o di destra. In quest’ultimo caso, la percezione è del 32,4%, superiore di oltre sette punti rispetto alla media nazionale. All’opposto, tra chi si definisce di sinistra, centrosinistra o di centro la differenza tra il dato reale e quello stimato si riduce notevolmente. Ad esempio, per gli intervistati di sinistra gli immigrati presenti in Italia sono “solo” il 18,5%, rispetto a una media nazionale che li stima attorno al 25%.

figura4

Dunque, gli orientamenti politici dei cittadini “orientano” anche le loro valutazioni sulla presenza, più o meno diffusa, degli immigrati.

Ma oltre a questo fattore “politico” in grado di spiegare, almeno in parte, la distanza tra realtà e percezione, va tenuto conto anche del livello di informazioni posseduto dai cittadini. Da questo punto di vista, si può ipotizzare che gli intervistati con un maggiore grado di istruzione siano anche quelli più informati sulla società e sulla politica, e quindi capaci di fornire un’indicazione più precisa sul fenomeno dell’immigrazione.

figura5

Questa ipotesi trova conferma nei dati presentati nella figura 5, che riporta il valore medio della stima di immigrati presenti in Italia in base al titolo di studio degli intervistati. Come si può vedere, per chi non è andato oltre la scuola dell’obbligo nel suo percorso di istruzione, l’immigrazione percepita in Italia supera il 28%, mentre tra i laureati la stima si riduce di oltre 10 punti percentuali, attestandosi al 17,9%. L’istruzione e, tramite essa, la predisposizione a una maggiore informazione politica sembrano dunque in grado di limitare l’errore percettivo dei cittadini italiani sulla questione dell’immigrazione.

Un altro fattore in grado di spiegare i diversi livelli nella percezione del fenomeno migratorio in Italia riguarda la sfera professionale dei cittadini. In particolare, sono i lavoratori manuali o a bassa qualifica quelli che considerano maggiormente a rischio la loro occupazione e che, quindi, possono avvertire come una minaccia la presenza o l’arrivo di persone straniere. Al contrario, i lavoratori che svolgono mansioni altamente qualificate non vedono necessariamente messo in pericolo il proprio posto di lavoro dagli immigrati. Pertanto l’occupazione professionale degli intervistati potrebbe avere un effetto sui loro orientamenti nei confronti dell’immigrazione. Dai dati riportati nella figura 6, sembra effettivamente essere questo il caso: i lavoratori appartenenti alle classi medio-alte tendono a sottostimare di circa 5 punti percentuali – rispetto al valore medio nel campione italiano (25%) – la presenza di immigrati in Italia. Invece, tra chi ha una professione riconducibile alla classe operaia (specializzata e non-specializzata) la percentuale di immigrati tende ad essere ulteriormente sovrastimata, superando il 28%.

figura6

Se passiamo a osservare la stima sulla presenza di immigrati in Italia in base alle zone geografiche di appartenenza degli intervistati, si può notare nella figura 7 una differenza piuttosto netta tra i residenti al nord e quelli al centro-sud. Sia a est che a ovest, gli intervistati del nord Italia stimano un livello di immigrazione di circa il 20%, mentre nelle altre zone la percentuale di immigrati è indicata, in media, attorno al 26%, con uno scarto di 6 punti percentuali tra nord e sud.

figura7

Questo dato è particolarmente significativo perché contrasta completamente con la realtà della diffusione degli immigrati nelle regioni/zone italiane. La tabella 1 metta a confronto la stima sulla presenza degli immigrati secondo gli intervistati dall’Eurobarometro con i dati forniti dall’Istat sulla presenza di immigrati in Italia nel 2017. Come si può notare, la distanza tra il dato reale e quello stimato è maggiore dove la presenza di immigrati è minore (al sud, inferiore al 5% della popolazione). Al contrario, lo scarto tra realtà e percezione è più contenuto nelle regioni del nord, dove la percentuale di immigrati – corrispondente a circa il 10% della popolazione – è tendenzialmente più elevata.

figura8

Sempre per quanto riguarda la geografia della percezione dell’immigrazione in Italia, la figura 8 mostra il valore medio percepito della percentuale di immigrati in riferimento al tipo di comune di residenza degli intervistati. Come emerge chiaramente, la percezione sulla diffusione dell’immigrazione è maggiore nelle grandi città rispetto ai piccoli comuni o alle aree rurali: nelle prima la stima raggiunge quasi il 31%, mentre nei secondi si ferma al 21,9%. Questo dato, tra l’altro, sembra essere in linea con la realtà dell’immigrazione italiana, maggiormente concentrata nelle grandi metropoli e tendenzialmente più diluita nei piccoli paesi lontani dai centri urbani.

figura9

Le conseguenze della percezione sugli atteggiamenti reali dei cittadini

Alla luce di quanto abbiamo osservato fin qui, è possibile domandarsi se gli errori nella percezione del fenomeno migratorio in Italia abbiano delle conseguenze rilevanti sugli atteggiamenti degli italiani nei confronti degli immigrati e del loro impatto sulla società. Per analizzare nel dettaglio questo aspetto, nella figura 9 abbiamo messo a confronto il parere degli intervistati italiani con quello degli altri intervistati europei su tre specifiche questioni:

  • il rapporto tra immigrati e criminalità;
  • l’ipotesi che gli immigrati riducano le possibilità occupazionali degli italiani;
  • il peso o il contributo degli immigrati sulla sostenibilità del welfare nazionale.

Su tutte le tre questioni, l’opinione degli italiani è decisamente più negativa nei confronti dell’immigrazione e dei loro eventuali benefici per l’economia o la società. Rispetto a una media europea del 57%, gli intervistati italiani che ritengono che gli immigrati peggiorino la situazione della criminalità rappresentano il 74% dell’intero campione, con una differenza di 17 punti percentuali. Allo stesso modo, gli italiani che pensano che una maggiore immigrazione comporti una riduzione dell’occupazione per i residenti in Italia corrispondo al 58% sul totale, mentre la media europea si ferma al di sotto del 41% (con uno scarto sempre di 17 punti percentuali).

figura10

Infine, le differenze tra gli atteggiamenti degli italiani e quelli europei sono più sfumate quando si tratta di valutare il contributo – positivo o negativo – dell’immigrazione per il welfare state. In Italia, la percentuale di chi pensa che gli immigrati siano un peso per lo stato sociale è pari al 62%, mentre tra i cittadini europei questa percentuale è inferiore solo di 3 punti percentuali (59%).

Nell’insieme, emergono dunque differenze sostanziali tra gli atteggiamenti degli italiani e quelli degli europei sulla questione dell’immigrazione e delle loro conseguenze socioeconomiche. Almeno in parte, queste differenze sembrano essere anche il prodotto di una errata percezione del fenomeno migratorio: chi ne ingigantisce la portata, è indotto anche a ingigantirne le conseguenze. Però, sarebbe sbagliato pensare che il tema dell’immigrazione sia soltanto una questione di mal-percezione: perché i suoi effetti sugli atteggiamenti dei cittadini sono concreti e reali. Ed è soprattutto con quelli che la politica e i partiti devono fare i conti.

Ultima modifica il Martedì, 28 Agosto 2018 16:18

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